I LEADER RELIGIOSI AL CAPEZZALE DEL PIANETA: SIMPOSIO IN GROENLANDIA SULLO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCI
Tratto da: Adista Documenti n° 66 del 29/09/2007
DOC-1896. ILULISSAT-ADISTA. È una storia che la Groenlandia ha già vissuto: il crollo di una civiltà – quella vichinga fondata da Eric il Rosso attorno all’anno 1000 – a seguito di cambiamenti climatici e dell’uso sconsiderato delle risorse naturali. L’imponente cattedrale di Gardar, costruita attorno al 1100, ricorda ancora oggi la ricchezza raggiunta da una popolazione che, nel giro di meno di cinque secoli, sarebbe completamente scomparsa. E proprio la cattedrale di Gardar è stata una delle tappe del settimo dei simposi su "Religione, scienza e ambiente" organizzati dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo. Leader di tutte le religioni mondiali – cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, indù e sikh – si sono riuniti per riflettere sui cambiamenti climatici che minacciano il nostro pianeta e su quello che le fedi possono fare per combatterli: perché, come ha detto Bartolomeo, se ormai la stragrande maggioranza degli scienziati riconosce che il riscaldamento globale è frutto delle attività dell’uomo, la sfida ecologica non è più solo una questione ambientale, "ma diventa un problema profondamente morale e spirituale". Per il settimo simposio – il primo risale al 1995 – il tema scelto è stato "L’Artico: Specchio della vita". Perché, spiega ancora il patriarca nel suo discorso inaugurale, "gli scienziati ci dicono che l’Artico ci offre un’immagine limpida e netta dello stato del pianeta nel suo complesso": le conseguenze dei cambiamenti climatici sono, paradossalmente, percepibili con molta più chiarezza ed evidenza in terre pressoché incontaminate come le Groenlandia. Lo scioglimento dei ghiacci polari rimane una delle grande incognite per gli scienziati che cercano di prevedere l’evoluzione del clima sul nostro pianeta. Secondo un modello lineare, per sciogliere l’immensa quantità di acqua intrappolata nei ghiacciai del Mare Artico e della Groenlandia ci vorrebbero secoli, anche se la temperatura globale crescesse secondo i peggiori scenari. Ma gli ultimi dati suggeriscono un modello non lineare: l’acqua sciolta in superficie penetrerebbe fino al letto di roccia su cui poggiano i ghiacciai, creando così una specie di piano di scivolo che accelererebbe di molto la discesa dei ghiacciai in mare, e quindi il loro scioglimento. L’effetto dei miliardi di litri di acqua dolce versati negli oceani sarebbe catastrofico: non solo per l’innalzamento del livello dei mari, ma perché l’abbassamento del tasso di salinità negli oceani potrebbe cambiare il funzionamento delle correnti oceaniche, ‘spegnendo’ – ad esempio – la corrente del Golfo che mitiga il clima di buona parte dell’Europa occidentale. Lo scioglimento dei ghiacciai groenlandesi è uno di quelli che gli scienziati chiamano ‘punti di non ritorno’: variazioni di per sé poco significative (un grado o due in più) ma che in un sistema complesso e profondamente interdipendente come il clima della terra sarebbero in grado di innescare reazioni a catena difficilmente prevedibili. E l’accelerazione dello scioglimento è già nei dati: dal ‘79 a oggi, l’area ricoperta dai ghiacci polari si è già ridotta del 18%, preludio a una loro possibile sparizione, nei mesi estivi, intorno al 2100. Ma il riscaldamento delle temperature, con il conseguente scioglimento dei ghiacci che ricoprono buona parte dell’isola, mette a rischio già oggi la vita stessa delle popolazioni inuit che da secoli vivono a nord del Circolo Polare Artico. Patricia Cochrane, presidente dell’Inuit Circumpolar Council, ha raccontato come anche per i cacciatori più esperti sia sempre più difficile muoversi su un ghiaccio sottile e inaffidabile: "Viviamo i cambiamenti climatici tutti i giorni. La mia amica Mary, cacciatrice esperta, è caduta, il ghiaccio ha ceduto sotto di lei, ed è successo così per moltissimi di noi". Uno dei momenti salienti dell’incontro è stata la preghiera silenziosa che i leader religiosi hanno recitato all’imboccatura del fiordo di Ilulissat, patrimonio mondiale dell’Unesco, dove il ghiacciaio di Sermeq Kujalleq, si riversa in mare: secondo le ultime stime, perde 35 chilometri cubi di ghiaccio all’anno. Il patriarca Bartolomeo – che da oltre un decennio si è messo alla guida della riflessione cristiana sull’etica ambientale e il suo rapporto con le fedi – ha ricordato il monaco e teologo Massimo il Confessore, che già nel VI secolo affermava: "È stato giustamente osservato che dovremmo muover guerra non contro il mondo naturale, che è stato creato da Dio, ma contro quei movimenti e quelle energie disordinati, innaturali e ostili verso il mondo naturale che sono dentro di noi". Anche la Chiesa cattolica, finalmente, ha voluto essere presente con una rappresentanza di alto livello, guidata dall’arcivescovo emerito di Washington, card. Theodore McCarrick. Lo stesso Benedetto XVI ha inviato un messaggio ai partecipanti del simposio: "La vostra dedizione e il vostro impegno personale per la protezione dell’ambiente dimostrano il pressante bisogno che la scienza e la religione lavorino insieme per salvaguardare i doni della natura e promuoverne la gestione responsabile". "Le nazioni altamente industrializzate", ha aggiunto, "condividano le ‘tecnologie pulite’ e assicurino che i loro mercati non sostengano la domanda di beni la cui produzione contribuisca alla proliferazione dell’inquinamento". Di seguito, il discorso inaugurale pronunciato da Bartolomeo lo scorso 7 settembre ad Ilulissat. (alessandro speciale)
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