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8 MARZO IN TEMPI DI GUERRA

Tratto da: Adista Documenti n° 82 del 24/11/2007

L'8 marzo, festa della donna, è la ricorrenza dell'incendio che colpì, ai primi del Novecento, le operaie americane rinchiuse dal padrone nella loro fabbrica. In Italia è una data celebrata dagli anni ‘50 in poi ed ha assunto sia un valore di rivendicazione di parità-emancipazione, sia, dagli anni Settanta in poi, di conquista di "spazi" di libertà femminile. 8 marzo a tema, quindi, a seconda delle priorità individuate (famosi negli anni ‘70 gli 8 marzo per l'autodeterminazione). Quest'anno s'impone con forza, dopo le strepitose manifestazioni per la pace che, nella giornata del 15 febbraio, hanno colmato in 110 milioni di persone le piazze del mondo, il tema del "no alla guerra". Tema non nuovo per il movimento della donna che su questo ha riflettuto partendo dalla prima guerra del Golfo fino al recente intervento italiano nel Kossovo. La domanda è sempre la stessa: esiste un diverso sentire delle donne rispetto alla guerra? Molte di noi pensano di sì; è un pensiero che parte da lontano: dall'avere a che fare con la possibilità di dare la vita e del conoscerne "corporalmente" il valore. Ma anche dall'essere "dissidenti" rispetto ad un ordine simbolico neutro-maschile. Guerra significa l'abolizione dei diritti fondamentali. E senza democrazia la presenza pubblica femminile regredisce. In guerra tutto viene subordinato all'obiettivo della vittoria: è l'esasperazione del fine che giustifica i mezzi. La crescita politica delle donne è avvenuta invece in un contesto in cui abbiamo sostenuto che il "metodo è contenuto". La guerra è incompatibile col rispetto dei diritti umani e in quello che ne è il presupposto estetico costitutivo: l'uguale valore di ogni persona. Le donne che quotidianamente vivono la dialettica tra uguaglianza e differenza hanno imparato la pratica del conflitto nonviolento, di idee. Il preambolo della Carta delle Nazioni Unite enuncia tre valori universali: il valore della pace, la tutela internazionale dei diritti fondamentali, l'ugua-glianza degli uomini e dei popoli. Questo porta - dovrebbe portare - ad istituire il tabù della guerra. Fuori la guerra dalla storia: le donne - ma anche sempre più uomini - sono interessate a misurarsi con la negazione di questo nuovo senso comune "tra uccidere e morire c'è una terza via: vivere". (da Adista n. 19/2003)

 

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