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"AVVENIRE" CONTRO MARTINI: LA SUA TEOLOGIA DISORIENTA I ‘SEMPLICI’

Tratto da: Adista Notizie n° 83 del 01/12/2007

34166. ROMA-ADISTA. Se in passato, nel riferire delle prese di posizione del card. Carlo Maria Martini, Avvenire ha optato per il silenzio censorio (ad esempio in occasione del Sinodo europeo dei vescovi del 1999, quando il card. Martini pose la questione della necessità di un confronto collegiale dei vescovi su alcuni temi nodali della Chiesa a quarant’anni dal Vaticano II, v. Adista n. 73/99) o per la sostanziale adulterazione dei contenuti (ad esempio in occasione del "Dialogo sulla vita" pubblicato dall’Espresso, v. Adista n. 33/06), questa volta il quotidiano della Cei ha scelto la via della critica esplicita e frontale.

Venerdì 16 novembre il Corriere della Sera pubblica come anticipazione uno stralcio dell’articolo scritto dall’ex arcivescovo di Milano per il bimestrale Kos, rivista del San Raffaele di Milano diretta da don Verzè, ed intitolato "C’è una voce in ognuno di noi che ci spinge a dubitare di Dio". Nel suo intervento Martini scrive che bisogna "accettare di dire a riguardo di Dio alcune cose che possono apparire contraddittorie. Dio è Colui che ci cerca e insieme Colui che si fa cercare. È colui che si rivela e insieme colui che si nasconde. È colui per il quale valgono le parole del salmo ‘il tuo volto, Signore, io cerco’, e tante altre parole della Bibbia, come quelle della sposa del Cantico di Cantici: ‘Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l'amato del mio cuore; l'ho cercato, ma non l'ho trovato’". Per questo motivo non può essere estranea all’esperienza della fede la condizione di "ateismo o meglio dell’ignoranza su Dio": "C'è in noi un ateo potenziale che grida e sussurra ogni giorno le sue difficoltà a credere". "Su questo principio - racconta il cardinale riferendosi all’esperienza da lui stesso promossa a Milano nel 1987 - si fondava l'iniziativa della ‘Cattedra dei non credenti’ che voleva di per sé ‘porre i non credenti in cattedra’ e ‘ascoltare quanto essi hanno da dirci della loro non conoscenza di Dio’". Ma Martini cita anche il teologo Hans Küng: "Che Dio esista, può essere ammesso, in definitiva, solo in base a una fiducia che affonda le sue radici nella realtà stessa", infatti – e qui torniamo alle parole del cardinale – "quando si parla di ‘credere in Dio’ come fa il catechismo della Chiesa cattolica, si ammette espressamente che c'è nella conoscenza di Dio un qualche atto di fiducia e di abbandono. Noi sappiamo bene che non si può costringere nessuno ad avere fiducia. Io posso donare la mia fiducia a un altro, ma soltanto se questi mi sa infondere fiducia. E senza fiducia non si vive". "L'adesione a Dio comporta un'atmosfera generale di fiducia nella giustezza e nella verità della vita, e quindi nella giustezza e nella verità del suo fondamento".

Il 20/11, pochi giorni dopo l’uscita dell’anticipazione sul Corriere, Avvenire (nella cui tabella di gerenza spicca il motto: "Per amare quelli che non credono") pubblica un articolo intitolato "Le tenebre di Dio e la beatitudine dei semplici", firmato dal direttore di Communio (rivista di area ciellina fondata nel 1972 da Joseph Ratzinger ed altri teologi, in contrapposizione alla rivista di teologia Concilium) Elio Guerriero: "Nella tradizione occidentale - scrive Guerriero - questo accostamento a Dio silente e sofferto ha dei precedenti nella teologia negativa o apofàtica. I suoi maggiori sostenitori sono stati Maestro Eckart e Angelo Silesio". "Il cardinal Martini, tuttavia, sembra andare un passo oltre in direzione di una crescente indistinzione tra fede e non fede". Nel pensiero dell’ex arcivescovo di Milano, Guerriero intravede infatti "un salto logico e un distacco dalla tradizione", perché la fede ricevuta in dono "diventa un impegno e una missione ai quali il credente non può rinunciare per se stesso ma anche per i lontani che, magari, saranno avvicinati a Dio dalla sua testimonianza e dalla sua sofferenza". Nel finale del suo articolo il direttore di Communio lancia un’implicita frecciata all’ex arcivescovo di Milano, quando, riferendosi al ruolo di guida dei pastori di fronte ai "semplici" scrive: "Gesù affidò i poveri di spirito, i miti e i puri di cuore delle beatitudini agli apostoli e ai vescovi, con il compito di proteggerli perché possano restare fedeli nella loro confessione preziosa per i credenti e i non credenti".

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