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FINANZIARIA 2007: DOVE SONO FINITI I PALADINI DELLA FAMIGLIA?

Tratto da: Adista Notizie n° 83 del 01/12/2007

34167. ROMA-ADISTA. A giudicare dal milione di persone scese in piazza e dalla straordinaria e martellante campagna mediatica che ha accompagnato il Family Day dello scorso 12 maggio, il 2007 doveva essere l’anno della famiglia. Gli organizzatori, e con loro i moltissimi esponenti politici che - anche nel centrosinistra - hanno fatto da sponda alla mobilitazione, si erano sforzati in ogni modo di smentire chi li accusava di intraprendere una semplice crociata “anti-Dico”. I problemi relativi alla famiglia sono più ampi e noi chiediamo che  “il nostro Paese si doti finalmente di normative organiche per la famiglia”, aveva detto il portavoce del Family Day, Savino Pezzotta, dal palco di San Giovanni. Politiche che promuovano la famiglia “fin dal suo sorgere e che accompagnino il processo di generatività dal concepimento alla nascita e alla crescita dei bambini, degli adolescenti, dei giovani (consultori, asilo nido, salute, scuola e formazione)”. Una volta bloccata l’iniziativa legislativa sui Dico, però, tutto si è dissolto, palesando in maniera evidente quale fosse il vero obiettivo - e quale il retroterra culturale - della mobilitazione orchestrata dalla Cei. Non una voce si è infatti alzata per criticare il mancato completamento del Piano sugli asili nido nella Finanziaria del 2008, appena licenziata dal Senato. L’anno scorso la Finanziaria aveva varato un Piano Nidi per il triennio 2007-2009 che prevedeva lo stanziamento di 202 milioni di euro annui. Se, come richiesto dal ministro Rosy Bindi, anche quest’anno il governo si fosse impegnato con altrettanta determinazione per reperire le (modeste) risorse per completare il piano, nel giro di due anni si sarebbe potuta incrementare sensibilmente (dall’11% al 17%) la disponibilità complessiva di posti in asili pubblici per numero di bambini. E invece il governo ha stanziato solamente la simbolica cifra di 25 milioni di euro per un anno. La priorità, nell’ambito del welfare, è stata data alle politiche sulla casa, in particolar modo a quella riduzione dell’Ici per la quale si è battuto Francesco Rutelli all’indomani delle elezioni amministrative del 2007, dando vita ad un duro braccio di ferro con il premier Romano Prodi.

L’abolizione dell’Ici era stata del resto il cavallo di battaglia della campagna elettorale di Berlusconi: “Per noi la casa, la prima casa, è sacra come è sacra la famiglia. Per questo aboliremo l'Ici. Avete capito bene, aboliremo l'Ici su tutte le prime case e quindi anche sulla vostra. È una decisione coraggiosa ma profondamente sentita”. Secca era stata la replica del suo sfidante Romano Prodi: “C'e' una differenza di serietà e di credibilità. Siamo addirittura arrivati al botto finale dell'abolizione dell'Ici, cioè la chiusura di tutti i comuni italiani”. Ma non da meno era stato l’allora leader della Margherita, Francesco Rutelli: “La mossa disperata di annunciare un comico taglio dell'Ici, ovvero la bancarotta di tutti i comuni italiani, è la conclusione naturale della vicenda di un governo e di un premier che hanno sfasciato il Paese. Dall'11 aprile tocca a Prodi e al centrosinistra ricostruire e far ripartire l'Italia”. Tuttavia Rutelli ha poi cambiato idea, fino al punto di diventare portabandiera della riduzione dell’Ici nella coalizione di centrosinistra e di cantare vittoria in un’intervista su Repubblica (30/9): “Mi sono battuto in questi mesi perché il governo tenesse il punto sull'Ici. È stata una battaglia difficile, ma è stata utile se vogliamo recuperare i consensi del ceto medio”. Ora gli sgravi (abbattimento dell’imposta pari all’1,33 per mille per valore catastale dell’abitazione) sono stati approvati dalla Finanziaria 2008. La misura - come ha sottolineato Chiara Saraceno, docente di sociologia della famiglia all’Università di Torino,  in un articolo molto critico pubblicato sul sito lavoce.info, è di fatto rivolta “alla grande maggioranza dei proprietari - sono escluse solo le abitazioni di lusso - senza vincoli di reddito né di ampiezza della casa. I vincoli di reddito, senza per altro aver sciolto la confusione tra reddito familiare e individuale, rimangono invece per gli affittuari, tra i quali è noto che si concentrano maggiormente le persone e le famiglie a reddito modesto e povere: coloro cioè che non hanno un reddito sufficiente per acquistare una abitazione e per impegnarsi in un mutuo (che pure gode di detrazioni). Perciò, all’interno di questa che è la più importante manovra redistributiva [della Finanziaria, ndr], vengono di fatto privilegiati i più abbienti”. Mentre del grande Piano Asili con cui l’Italia avrebbe dovuto avvicinarsi a standard di welfare veramente europei non c’è più traccia. Nel silenzio generale dei “difensori della famiglia”, evidentemente paghi del fatto che sia stato impedito l’allargamento di alcuni diritti anche alle coppie di fatto. (emilio carnevali)

 

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