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I POLITICI CATTOLICI NON HANNO GIUSTIFICAZIONI. LA "NOTA" DELLA CEI SUI DICO

Tratto da: Adista Notizie n° 89 del 22/12/2007

33826. ROMA-ADISTA. Finalmente è arrivata. L'attesa Nota a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto è stata resa pubblica il 28 marzo, alla fine del Consiglio Permanente della Cei, il primo presieduto da mons. Angelo Bagnasco. Fedele alla sua fama di 'pugno di ferro in un guanto di velluto', Bagnasco può avere ammorbidito la cornice del provvedimento, ma nei contenuti è rimasto fedele alla linea impostata dal suo predecessore, il card. Camillo Ruini, che la parola "impegnativa" su Dico e coppie di fatto l’aveva promessa come ultimo 'regalo' prima della fine del suo mandato alla guida della Cei. "Una parola impegnativa" per i politici cattolici. I contenuti della Nota erano, d'altra parte, ampiamente annunciati. "Riteniamo", scrivono i vescovi, "la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo". Per motivi, quindi, non solo religiosi e sociali, ma addirittura costituzionali - alla luce degli articoli 29 e 31 della Carta - per i vescovi era necessario un intervento. Ma va sottolineato come, malgrado le parole spese da Bagnasco sulla "responsabilità collegiale nelle scelte" della Cei, la Nota l'abbia discussa e approvata solo il Consiglio Permanente, organo direttivo della Cei dove siedono una trentina di vescovi su 248, e non l'Assemblea generale (la prossima si terrà a maggio), come aveva auspicato l'arcivescovo di Pisa mons. Alessandro Plotti (v. Adista n. 15/07). Forse è per questo che la Nota precisa subito che, a norma dello Statuto Cei, "è compito del Consiglio Episcopale Permanente approvare dichiarazioni o documenti concernenti problemi di speciale rilievo per la Chiesa o per la Società". Il testo mette le mani avanti anche di fronte ad un'altra polemica: quella di volere entrare a gamba tesa sulla instabile scena politica italiana. "Non abbiamo interessi politici da affermare", precisa la Nota. "Siamo convinti, insieme con moltissimi altri, anche non credenti, del valore rappresentato dalla famiglia per la crescita delle persone e della società intera". Ma non manca la stilettata nei confronti dei politici cattolici che hanno promosso il ddl sui Dico: "Quale che sia l'intenzione di chi propone questa scelta, l'effetto sarebbe inevitabilmente deleterio". Nella seconda parte del documento si indica ai cattolici, e in particolare a quelli "che operano in ambito politico", l'atteggiamento da tenere nei confronti dei progetti di "legalizzazione", delle unioni di fatto. Anche qui, la Cei non deve dire nulla di nuovo: le basta rifarsi interamente agli scritti di papa Benedetto XVI, (abbondantemente citati) in particolare - oltre alla recentissima Esortazione Sacramentum Caritatis - a due testi preparati da Ratzinger quando era alla guida della Congregazione della Dottrina della Fede. Si tratta di una "parola impegnativa", che chiama i politici cattolici in primo luogo a "presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana" e, nel caso di progetti di "legalizzazione" delle unioni omosessuali, "a votare contro il progetto di legge". Ma la stoccata più dura è diretta nei confronti di chi rivendica l'autonomia della coscienza del laico cristiano: con le parole della controversa Nota dottrinale sull'"impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica", scritta da Ratzinger nel 2002, si afferma che "il fedele cristiano (…) 'non può appellarsi al principio del pluralismo e dell'autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società'". Chiuso così ogni spazio di mediazione, la Nota della Cei chiude con una parola di comprensione per "la fatica e le tensioni sperimentate dai cattolici impegnati in politica in un contesto culturale come quello attuale, nel quale la visione autenticamente umana della persona è contestata in modo radicale". (da Adista n. 25/07) 

 

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