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PROFEZIA E PRUDENZA: ECCO IL NUOVO GENERALE DEI GESUITI

Tratto da: Adista Documenti n° 12 del 09/02/2008

DOC-1954. ROMA-ADISTA. "Aperto, ma equilibrato; profetico, ma obbediente; audace, ma con discernimento": questo il ritratto che del neoeletto generale dei gesuiti, p. Adolfo Nicolás, traccia un altro gesuita, e suo amico: Juan Masiá Clavel, professore di Etica all’Università Sophia di Tokyo e consigliere dell’Associazione di Bioetica del Giappone (due anni fa destituito dalla cattedra di Bioetica dell’Università di Comillas). Ma l’apprezzamento - persino l’entusiasmo, sicuramente il sollievo e la speranza - per il nuovo papa nero è ampiamente condiviso. Con lui - dichiara per esempio a El Correo Pedro Miguel Lamet, gesuita e biografo di p. Pedro Arrupe - potrebbe aver finalmente termine "questa lunga ibernazione che ha sofferto la Compagnia": "La nostra lotta per la giustizia sociale tornerà a farsi notare; il silenzio è finito".

Al di là dei punti in comune - da tutti evidenziati - con p. Arrupe, p. Nicolás appare a molti proprio la persona adatta a governare la Compagnia negli attuali e burrascosi tempi della Chiesa: "Lo vedo del tutto in grado – afferma sempre su El Correo Eloy Bueno, professore della Facoltà di Teologia di Burgos – di far fronte alle tre grandi sfide che si pongono alla Chiesa: la sintonia con il carattere umanista del pensiero moderno, i poveri, il dialogo interreligioso". E, cioè, il pensiero moderno per cui egli già mostrò sensibilità all’epoca della sua tesi di dottorato (dal titolo "Teologia del Progresso"); "i poveri, gli emarginati, gli esclusi" su cui p. Nicolás ha posto l’accento nella sua prima omelia da generale, definendoli le "nuove nazioni" a cui rivolgere un’attenzione prioritaria (v. Adista n. 9/07); il dialogo interreligioso con cui ha avuto necessariamente e permanentemente a che fare in Asia.

Ma il nuovo superiore generale appare a molti la figura "giusta" anche per quel mix di prudenza e di audacia, di obbedienza e di profezia, di cui parla Juan Masiá, e che emerge assai bene dall’intervista rilasciata da p. Nicolás all’Uca News (Union of Catholic Asian News, la più grande agenzia di stampa della Chiesa asiatica) nel settembre del 2006 (intervista rilanciata dalla stessa agenzia all’indomani della sua elezione): "L'obbedienza cieca – dichiarava allora p. Nicolás, all’epoca presidente della Conferenza dei gesuiti dell’Estremo Oriente e dell’Oceania - talvolta è ciò che le persone considerano vera obbedienza: qualsiasi cosa dica il superiore, giusta o sbagliata, bisogna obbedire. Credo invece che l'obbedienza cieca, se fosse eretta a norma, sarebbe un disastro, per la Compagnia e per chiunque".

Con ogni probabilità, non sarà un cammino facile per il nuovo papa nero. Addirittura di Via Crucis parla Juan Masiá, pensando a ciò che "lo aspetta a Roma", ed evitando per questo – nel momento stesso in cui si rallegra per la Chiesa del Vaticano II, per la Compagnia, per le future vocazioni ("che sono sicuro aumenteranno in tempi di speranza") - di felicitarsi con lui. Se un po’ ovunque il nuovo generale è stato descritto come un "Arrupe due", viene da augurarsi che a p. Nicolás sia riservato un diverso trattamento da parte di Roma (sulla Via Crucis vissuta da p. Arrupe, v. documento successivo). Agli ultimi anni del grande predecessore, alla sua esperienza di abbandono, di fallimento, di solitudine, fa riferimento del resto lo stesso p. Nicolás, in una breve testimonianza sui suoi "otto incontri con p. Pedro Arrupe", fatta circolare proprio dalla Provincia italiana della Compagnia: "Lo visitai a Roma (…) nel 1984. (…) Il suo calore era presente nonostante l’incapacità di parlare, la frustrazione di essere in catene, la pena del momento. L’ultima volta fu molto breve, di nuovo a Roma (…), nel 1987. Non potemmo parlare con lui. La sua luce stava venendo meno, anche se occorsero altri quattro anni perché si spegnesse del tutto. Potemmo solo testimoniare la sua passione nel silenzio, nella preghiera, nel ringraziamento. Stavamo assistendo alla fine di una vita di totale coerenza, di grande amore, di una dedizione che non aveva mai conosciuto condizioni e riserve. Fu dopo quest’ultima visita che ascoltai la storia. Un vecchio uomo giapponese che era stato istruito e battezzato da un più giovane p. Arrupe, stava condividendo i suoi ricordi: ‘Chiesi di essere battezzato, non perché egli fosse un buon catechista, non perché comprendessi ciò che aveva detto (infatti non capivo quasi nulla), non perché egli cercasse di tirarmi dentro. Ma per la bontà della sua persona. Se il cristianesimo, dissi a me stesso, può generare tali qualità in una persona, farà bene anche a me!’".

Di seguito, in una nostra traduzione rispettivamente dallo spagnolo e dall’inglese, il testo di Juan Masiá, tratto dal sito di Atrio, e l’intervista a p. Nicolás riportata da Uca News. (claudia fanti)

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