L’IMPORTANZA DI ASCOLTARE LA VOCE DEL POPOLO DI DIO Lettera dei preti salvadoregni al card. Re
Tratto da: Adista Documenti n° 14 del 16/02/2008
Eminenza reverendissima,
Noi firmatari, preti diocesani e religiosi di diverse diocesi della Provincia ecclesiastica di El Salvador, ci rivolgiamo a Sua Eminenza per esprimerle con totale semplicità e sincerità la nostra opinione intorno al profilo del futuro arcivescovo di San Salvador, dopo la recente rinuncia dell’attuale arcivescovo mons. Fernando Sáenz Lacalle, avendo egli compiuto, il 16 novembre, i 75 anni d’età, in base al canone 401 dell’attuale Diritto Canonico.
Consideriamo estremamente importante che coloro a cui spetta l’ultima parola nella scelta di un nuovo vescovo o arcivescovo ascoltino serenamente il sentire e il pensare di buona parte del popolo di Dio, preti e laici, affinché la sede vacante sia assunta dalla persona più idonea alla carica, poiché i compiti che attualmente spettano a un vescovo o ad un arcivescovo sono molto delicati e dal loro impegno dipende in gran misura la vita di una Chiesa particolare; nel nostro caso, il signor arcivescovo assume compiti che non sono solo arcidiocesani, in quanto la sua figura è importante per tutto il Paese, giacché presiede come arcivescovo l’insieme dei vescovi e la sua voce viene diffusa da tutti i mezzi di comunicazione in tutto il Paese. Questa particolare accentuazione sul ruolo del nostro arcivescovo ci spinge ad unire le nostre voci per suggerire molto rispettosamente a Sua Eminenza ciò che secondo noi sarebbe importante prendere in considerazione al momento di adottare una decisione attorno alla persona del prete o vescovo chiamato a svolgere un compito tanto importante.
In primo luogo, vorremmo suggerire che il nuovo arcivescovo sia un prete o un vescovo salvadoregno di nascita, come è avvenuto a partire dal primo vescovo di San Salvador nel 1843, con l’eccezione di mons. Fernando Sáenz Lacalle che ha recentemente rinunciato. Questa condizione lo renderebbe molto più vicino ai fedeli che è chiamato a guidare e più in grado di assimilare i processi nazionali che si svolgono quotidianamente e ai quali bisogna dare una risposta pronta e appropriata, la quale, in molti casi, non è solo frutto di una riflessione, ma anche di un modo di essere e di vivere in accordo all’identità di ogni popolo.
In secondo luogo, che appartenga al clero diocesano, poiché la cura di anime in un territorio particolare è propria dell’identità sacerdotale e i preti diocesani sono i primi che, incardinati o impegnati in una Chiesa particolare, si consacrano totalmente al servizio della stessa, per provvedere ad una porzione del gregge del Signore e costituiscono, inoltre, insieme al loro ordinario, un solo collegio presbiterale e una sola famiglia, sotto la cui responsabilità ricade tutto il lavoro volto ad assicurare la costruzione del Regno di Dio in una determinata diocesi (PDV, Pastores dabo vobis 31; CD, Christus Dominus 28).
In terzo luogo, che abbia una profonda esperienza di lavoro pastorale parrocchiale al servizio della pastorale d’in-sieme nella diocesi o in istanze pastorali nazionali. È principalmente nella parrocchia che noi preti diocesani impariamo a provvedere alle pecore che ci sono state affidate; è lì che tutto quanto è stato appreso in seminario acquista la sua ricchezza e la sua solidità ed è sempre lì che il prete, insieme al gregge, vive un processo di maturazione in ogni aspetto, per poter diventare il pastore abnegato, prudente, pronto al sacrificio e totalmente dedito a vegliare sui fedeli che gli sono stati affidati. Il vescovo deve aver sperimentato nella propria vita sacerdotale questa indispensabile esperienza di vita parrocchiale che lo preparerà per essere poi il timoniere di una diocesi o arcidiocesi.
In quarto luogo, il vescovo o arcivescovo deve possedere una particolare sensibilità nei confronti di coloro che maggiormente soffrono la povertà e l’esclusione nelle nostre società sempre più polarizzate tra poveri e ricchi. Questa sensibilità dovrà averla mostrata nei suoi anni di ministero sacerdotale parrocchiale, durante i quali avrà avuto l’opportunità di valutare e vivere molto da vicino tra i suoi fedeli l’estrema povertà che porta con sé miseria, malattia ed ogni tipo di privazione, dall’abitazione alla salute all’e-ducazione, di fronte a cui dovrà aver agito come il buon pastore, caricando sulle sue spalle le pecore più fragili ed abbandonate, annunciando coraggiosamente il mandato che Gesù ci ha lasciato nei Santi Vangeli e seguendo le luci che emanano in abbondanza dalla dottrina sociale della Chiesa (Patrologia Graeca 66-69).
In quinto luogo, il vescovo o arcivescovo deve essere un esempio di santità per tutti coloro che lo circondano e per coloro che lo hanno scelto come pastore e guida. Deve essere santo perché deve servire la Chiesa come maestro, santificatore e guida (PG 13). Questa santità lo porterà a porre l’accento su una spiritualità di comunione, che lo dovrà aiutare a vivere in sintonia con i suoi sacerdoti e tutto il popolo di Dio a lui affidato. E ad esercitare in ogni momento la misericordia, che gli farà porre particolare attenzione a quei collaboratori che si trovino in un qualunque pericolo o che abbiano sbagliato in qualcosa (CD 16; Aparecida 156, 162).
Eminenza, confidiamo nel Signore che questa lettera, sottoscritta da un buon numero di preti di diverse diocesi del Paese, sia un’occasione provvidenziale per poter esprimere le nostre inquietudini di fronte ad una prossima elezione di un nuovo arcivescovo a San Salvador. Quello che noi sinceramente perseguiamo è il bene della nostra Chiesa e la migliore cura pastorale dei nostri fedeli, poiché il ruolo di un vescovo e particolarmente di un arcivescovo è di vitale importanza. La situazione che attraversa il nostro Paese non è facile e dunque c’è urgente necessità di pastori con sufficiente maturità cristiana ed umana per dare impulso a processi di riconciliazione, di re-incontro tra gruppi ancora contrapposti, di riunificazione del clero e dei fedeli laici e soprattutto per far avanzare le nostre comunità urbane e rurali verso un lavoro pastorale unificato e ben strutturato che ci renda possibile rispondere alle enormi sfide che la realtà ci sta ponendo di fronte.
Eminenza, la ringraziamo di tutto cuore per la sua attenzione a questa espressione di ecclesialità che abbiamo voluto trasmettere in questa lettera, ribadendo la nostra volontà di cercare solo di creare condizioni più favorevoli per costruire il Regno di Dio tra noi, insieme ai nostri legittimi pastori.
Che Dio Padre Onnipotente, presente tra noi nel Bambino del presepe di Betlemme, le conceda salute, saggezza e tanta speranza per orientare il lavoro della Sacra Congregazione per i vescovi, sotto la sua responsabilità.
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