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CEI VERBUM: VADEMECUM ELETTORALE PER MOLTI, MA NON PER TUTTI

Tratto da: Adista Notizie n° 17 del 01/03/2008

34298. ROMA-ADISTA. In vista della imminente tornata elettorale - fallito il pressing del card. Ruini su Berlusconi affinché accettasse l’apparentamento dell’Udc con il Popolo delle Libertà (vedi Adista n. 15/08) le gerarchie ecclesiastiche si preparano a giocare una partita su più tavoli, cercando di aggiornare la propria strategia al nuovo quadro politico. Quadro che sembra ormai articolarsi in quattro blocchi principali: il Popolo della Libertà, appunto, formatosi dall’unione di Forza Italia e Alleanza Nazionale (che ha annunciato il suo scioglimento dopo le elezioni), guidato da Silvio Berlusconi e alleato della Lega Nord; il centro cattolico-moderato, costituito dall’Udc di Pierferdinado Casini, dalla neonata Rosa Bianca di Savino Pezzotta e Bruno Tabacci (accreditata dai sondaggi attorno al 2-2,5%), e dall’Udeur di Clemente Mastella; il Partito Democratico, nel quale la variegata componente cattolica sembra essersi ricompattata e si è data appuntamento il prossimo 27 febbraio a Roma per il convegno "Educare al bene comune", che sarà aperto dal salesiano don Carlo Nanni (molto vicino al segretario di Stato Tarcisio Bertone); e La Sinistra-l’Arcobaleno, che riunisce i vari partiti della sinistra (Prc, Pdci, Verdi, Sd) sotto un unico cartello guidato da Fausto Bertinotti.

Preso atto della situazione, il quotidiano della Cei Avvenire ha dettato con estrema chiarezza le sue indicazioni per tutte le forze politiche che racchiudono una consistente componente cattolica al loro interno. In un editoriale pubblicato il 17 febbraio ed intitolato "Una sfida analoga per i cattolici dei tre poli" (il quarto polo, quello della sinistra, non è evidentemente nemmeno preso in considerazione), Marco Tarquini ha infatti fornito specifiche direttive affinché i politici cattolici possano "essere significativi, attendibili ed utili là dove si è scelto di stare e nel rapporto con la comunità civile". E così il Partito Democratico è stato diffidato dal concludere accordi con i Radicali, che finirebbero per far saltare il già precario equilibrio sulla questione antropologica raggiunto fra la componente laica e quella cattolica. Il Popolo della Libertà è stato invitato a superare il deficit programmatico e culturale causato dal fatto "che il solo connotato ben definito" della formazione sembra essere "il profilo del suo ideatore e capo". Il centro cattolico moderato è stato infine sollecitato a unirsi, superando "l’increscioso frazionamento post Dc" e presentando "candidature adeguate".

Sul primo punto (accordo Pd-Radicali) le indicazioni di Avvenire non hanno trovato ascolto, dal momento che Veltroni – piegando le resistenze interne al suo partito – ha voluto concedere 9 posti sicuri nelle liste del Pd ad altrettanti rappresentanti radicali, più la promessa di un ministero ad Emma Bonino (escluso invece il leader storico Marco Pannella). Il secondo punto appare certamente legato alla sorte politica di Berlusconi; è da segnalare, tuttavia, che l’operazione tentata da Giuliano Ferrara con la sua lista "Aborto? No grazie", per la quale il direttore del Foglio ha tentato invano di ottenere l’apparentamento con il Pdl, non ha riscosso consensi nella gerarchia, preoccupata che una battaglia strategica come quella sull’aborto possa essere associata ad una lista ultraminoritaria. È sulla riaggregazione del centro che le indicazioni della Cei – rafforzate da un colloqui di Casini con mons. Betori e il card. Bagnasco in occasione delle celebrazioni dell’anniversario dei Patti Lateranensi – sembrano aver sortito i maggiori effetti, quantomeno a giudicare dalle dichiarazioni di Casini: "I vescovi mi chiedono unità al centro?", ha dichiarato l’ex presidente della Camera. Mi chiedono "di fare una lista unica dei moderati?"; e "io seguirò il consiglio". Del resto è a quest’area che guarda con maggior favore il card. Ruini, ancora molto influente all’interno dell’episcopato italiano nonostante la dialettica che recentemente lo ha contrapposto al segretario di Stato, il card. Bertone, meno incline – quest’ultimo – ad un interventismo politico diretto, o quantomeno più disponibile al dialogo anche con settori del Partito Democratico.

Se questi sono gli umori della gerarchia, l’orientamento dei cattolici italiani sembra invece essere molto meno segnato dai tradizionali steccati, come ha documentato una inchiesta pubblicata sull’ultimo numero di Famiglia Cristiana. Essa indica chiaramente, ha scritto Beppe del Colle in un editoriale pubblicato sul numero del 24 febbraio, "che considerare il ‘voto cattolico’ come esclusiva appartenenza a singoli partiti è l’eredità di un passato che oggi è praticamente inconcepibile. La Democrazia Cristiana è morta da un pezzo e, del resto, nemmeno quando era il più forte partito italiano raccoglieva il consenso elettorale di tutti i cattolici". E così è possibile che alla domanda "Chi vorrebbe come presidente del Consiglio?", il politico più votato sia Veltroni, che batte tanto Berlusconi, quanto Casini (che riceve solo il 5% delle preferenze). Non solo: alla domanda "Lei ritiene che un cattolico possa votare uno schieramento che comprende anche il Partito Radicale?", il 40% risponde sì contro un 35% di no (25% non sa/non risponde). Una realtà dunque estremamente fluida ed articolata quella dei cattolici in rapporto alla rappresentanza politica. Ma la complessità di questo mondo estremamente articolato non sembra trovare corrispondenza in una gerarchia che anche questa volta sembra intenzionata a far sentire la propria voce. (emilio carnevali)

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