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UN BANCHIERE ALL’OSSERVATORE ROMANO: PER LA CRUNA DELL’AGO PASSANO ANCHE I RICCHI

Tratto da: Adista Notizie n° 21 del 15/03/2008

34332. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Gli "spiriti animali" del catto-capitalismo approdano all’Osservatore Romano diretto da Giovanni Maria Vian. A condurli sulle pagine del quotidiano della Santa Sede - nell’attesa della nuova enciclica di Benedetto XVI, che, secondo le parole del card. Tarcisio Bertone, sarà incentrata su "problemi sociali internazionali, con particolare riguardo ai Paesi in via di sviluppo" - è un nuovo editorialista: Ettore Gotti Tedeschi, classe 1945, sposato e padre di cinque figli, professore di economia all’Università Cattolica di Milano, presidente del Banco Santander Central Hispano e consigliere di amministrazione della Cassa depositi e prestiti e del gruppo San Paolo Imi (leader incontrastato delle ‘banche armate’ recentemente – pare – ravvedutosi, avendo il Gruppo Intesa-San Paolo, di cui fa parte, annunciato, nell’estate 2007, di sospendere la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio di armi).

Autore dei libri Denaro e Paradiso. L’economia globale e il mondo cattolico (scritto insieme a Rino Cammilleri, con prefazione del card. Giovanni Battista Re; Piemme, 2004) e Spiriti animali. La concorrenza giusta (scritto con Alberto Mingardi; Università Bocconi, 2007); ammiratore del fondatore dell’Opus Dei José Maria Escrivá de Balaguer e di quello di Comunione e Liberazione don Luigi Giussani; vicino a studiosi come Michael Novak, il fervente sostenitore della conciliazione tra l’etica cattolica e lo spirito del capitalismo, e Samuel Huntington, il controverso teorico dello "scontro di civiltà", Gotti Tedeschi rivendica con forza la superiorità di un’economia ispirata alla morale cattolica, da lui individuata in quel capitalismo che egli sostiene nato "in casa cattolica ad esaltazione della dignità dell’uomo", teorizzato dai francescani nell’Italia del XIII e successivamente guastato dal protestantesimo, responsabile della sua deriva verso l’affarismo, il laissez-faire, la legge del più forte. Quanto la morale cattolica possa realmente permeare l’economia di mercato esaltata dal banchiere non è però molto chiaro, dal momento che, come ammette Gotti Tedeschi nel libro scritto insieme a Cammilleri, "la morale cattolica in economia può essere vissuta e praticata individualmente, non come regola collettiva", precisando che "questo non deve sorprendere: la ricerca della salvezza è individuale, così come l’acquisizione dei meriti" e che "ogni uomo, giocandosi appieno nell’ambito pubblico dell’economia, è chiamato a rispondere individualmente alla chiamata della santità".

Come egli stesso racconta in un’intervista rilasciata al Giornale (1/4/07), Gotti Tedeschi si è convertito negli anni ‘60, dopo aver conosciuto Giovanni Cantoni, fondatore del movimento del cattolicesimo integralista "Alleanza cattolica"; va a messa tutte le mattine (sceglie persino gli alberghi "in funzione della chiesa più vicina") e dice, a difesa della piena compatibilità tra Dio e Mammona, di dedicare il 100% del suo tempo a Dio e il 100% al denaro, che, sottolinea, "può fare un’infinità di bene": del resto, spiega, "il ricco Epulone non finì all’inferno per colpa dei soldi, ma per aver lasciato al povero Lazzaro solo le briciole che cadevano dalla sua mensa imbandita" e persino "Cristo ha avuto bisogno dei ricchi, dalle donne benestanti che lo mantenevano a Zaccheo, che rinunciò alla metà dei suoi beni, fino all’apostolo Matteo, che era un gabelliere".

Salda è la fede di Gotti Tedeschi nel valore della libera concorrenza e nello sviluppo: agli antipodi rispetto a chi, nel Nord come nel Sud del mondo, sostiene la necessità di un modello fondato sulla decrescita, il banchiere scrive sull’Osservatore del 27 febbraio (in un articolo intitolato "Prezzo del petrolio e sviluppo economico"), che questa posizione "presuppone che l’uomo starebbe consumando e sprecando le risorse del pianeta, che non gli appartiene. L’uomo andrebbe pertanto sfiduciato. In realtà – afferma – una conclusione più opportuna è esattamente quella opposta: si devono cioè accelerare il progresso scientifico e la ricerca, e soprattutto si deve confidare nel genio dell’uomo anziché metterlo in dubbio". Su questa strada, di fronte alla necessità di "sostituire progressivamente il petrolio", la cui domanda cresce più dell’offerta, anche il nucleare è ben accetto: "Se non si trovassero soluzioni credibili", infatti, "l’impatto dei prezzi del petrolio potrebbe provocare una specie di blocco della nostra civiltà, del progresso e del benessere che – assicura – si stanno globalizzando, e persino una limitazione delle nostre libertà individuali". Ed ecco su quali esempi si sofferma il banchiere, evidentemente meno preoccupato della mancanza d’acqua, o del riscaldamento del pianeta, o dell’aumento dei prezzi degli alimenti, che di possibili limiti al trasporto riservato ai soli ricchi: "I costi dei voli aerei raddoppierebbero, le compagnie andrebbero in crisi e rischierebbero di essere nazionalizzate; i costi dei trasporti individuali aumenterebbero vertiginosamente, limitando gli spostamenti, mettendo in crisi l’industria dell’auto e magari suscitando in qualche legislatore l’insana idea di vietare il trasporto individuale".

Sui rimedi per sconfiggere la recessione economica in corso, Gotti Tedeschi si era invece soffermato nel suo articolo "È l’uomo il capitale da valorizzare", pubblicato sull’Osservatore del 13 febbraio, sottolineando, "innanzi tutto", che "non bisogna chiamare risanamento economico le manovre che utilizzano, direttamente o indirettamente, lo strumento fiscale di crescita delle tasse". La via indicata da Gotti Tedeschi è sempre la stessa: meno Stato e più mercato, lotta alla spesa pubblica, all’assistenzialismo, alle tasse e alla tassazione del risparmio, ai neoprotezionismi. E pazienza se questa via, scrupolosamente seguita negli ultimi decenni, abbia esattamente portato alla crisi di oggi: per i ferventi sostenitori della libera concorrenza la spiegazione è ovvia, c’è ancora troppo Stato e troppo poco mercato. Del resto, sottolinea il banchiere, "i problemi da risolvere sono complessi perché nel globale è evidente che i capitali vanno dove sono remunerati di più (e sono remunerati di più dove si crea più ricchezza), il lavoro va dove si crea (e questo si crea dove vanno gli investimenti), i consumi vanno dove i prodotti, secondo la qualità, costano meno (e questi costano meno dove si ha alta tecnologia o bassi costi)". Ed è proprio sulla mancanza di tecnologia e sulla presenza di alti costi che l’Italia e altri Paesi europei mostrano la propria debolezza ai fini della competizione nel mondo globale. Ma abbassare i costi, si sa (e si fa), significa in primo luogo abbassare il costo del lavoro, con buona pace di quel capitale umano che Gotti Tedeschi invita - non si sa chi - a valorizzare. (c. f.)

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