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1971 - PAURA DEL CONCILIO

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

Continua e si amplifica la strategia delle bombe e degli attentati e si moltiplicano, a livello politico, i tentativi di svolta a destra: se in Calabria non si spegne la rivolta capeggiata dai fascisti di Ciccio Franco, a Milano, il 13 marzo, si svolge (con l’adesione di Msi e Pdium e la partecipazione di diversi esponenti dei partiti moderati) la prima manifestazione del movimento conservatore e anticomunista di "Maggioranza Silenziosa", che incassa la solidarietà di un gruppo di 77 deputati democristiani capitanati da Bartolo Ciccardini. Appena 4 giorni dopo un gruppo di 90 deputati Dc, coordinato proprio da Ciccardini, presenta all’assemblea del gruppo parlamentare Dc alla Camera un documento in cui si chiede l'interruzione della collaborazione con il Psi, la repubblica presidenziale e la legge elettorale maggioritaria (negli anni ‘90 Ciccardini sarà stretto collaboratore di Mario Segni). Intanto, il 14 marzo, a Roma si era svolta una manifestazione degli "Amici delle Forze Armate" promossa da Gino Ragno (Ordine Nuovo), con l’adesione di Msi, Pdium, Randolfo Pacciardi (Pri) ed i deputati Dc Ciccardini e Agostino Greggi. Il 18 marzo il ministro degli interni Franco Restivo rende noto il tentativo di colpo di stato del 7 dicembre 1970. La Procura di Roma spicca un mandato di cattura per Junio Valerio Borghese, che fugge in Spagna (dove morirà, in circostanze mai del tutto chiarite, nel ‘74). In giugno, a Milano, Edgardo Sogno presenta ufficialmente i Comitati di Resistenza Democratica, nati per mobilitare l'opinione pubblica contro l'ingresso dei comunisti nel governo e favorire un svolta autoritaria. Sempre in giugno, il comitato per l'abrogazione della legge del divorzio guidato da Gabrio Lombardi, consegna alla Corte di Cassazione 1.370.314 firme, (ne bastavano 500mila) per chiedere il referendum. Il 24 giugno inizia a Roma un convegno sul tema "guerra non ortodossa e difesa". Vi partecipano parlamentari ed esponenti della destra politica e militare. Il 5 agosto il pretore Raffaele Guariniello perquisisce gli uffici dei servizi generali della Fiat e sequestra più di 150mila schede, in cui sono contenute informazioni private e politiche dei dipendenti. Il "servizio segreto" privato della Fiat è diretto da Luigi Cavallo, già fondatore del "sindacato giallo" Sida.

A sinistra, il Psi sperimenta la politica degli "equilibri più avanzati", stringendo contatti a sinistra con il Pci (ma l’ala "autonomista" del partito osteggia apertamente questa linea). Il 28 aprile la rivista del Manifesto diventa quotidiano: lo dirige Luigi Pintor. In autunno, Livio Labor fonda l’Mpl - Movimento Politico dei Lavoratori - un partito non confessionale ma che si proponeva di divenire il riferimento della sinistra cattolica.

Intanto, dentro la Chiesa cattolica, avanza la spirale del ‘contro-Concilio’: dopo l’esilio all’Università di Parigi di Giulio Girardi, tocca ad un altro salesiano Gerardo Lutte, pagare con l’espulsione dalla Congregazione il suo impegno a fianco dei poveri e dei baraccati di Prato Rotondo (Roma). Padre Agostino Zerbinati parroco al quartiere Oregina di Genova e insegnante di religione, è sospeso dall’insegnamento poiché si rifiuta di compilare per la Curia un rapporto sulle opinioni politiche di studenti ed insegnanti. In aprile, a Vittorio Veneto (Tv), 20 preti sostengono in un comunicato la necessità che la Chiesa appoggi le lotte dei lavoratori, in particolare della vicina Zoppas di Conegliano. Una lettera aperta firmata da 2.000 operai cattolici al vescovo denuncia inoltre l’iniquità del trasferimento ad altre sedi di 3 preti considerati ‘estremisti’ dalla gerarchia. Il 3 maggio inizia il processo contro 5 preti e 4 laici per aver occupato la loro parrocchia dopo la rimozione di don Enzo Mazzi: l’accusa è di turbamento di funzione religiosa e offesa alla religione. A luglio la sentenza: tutti assolti. Ancora a maggio, una risoluzione della presidenza della Cei afferma che le posizioni delle Acli non godono più del "consenso" dei vescovi. Nel suo discorso all'VIII Assemblea Generale della Cei (19 giugno) Paolo VI fa una severa "deplorazione" nei confronti della dirigenza Acli, cui segue la revoca da parte della Cei degli assistenti ecclesiastici. Quello stesso mese, la Congregazione dei dehoniani, proprietaria della rivista "il Regno", licenzia in tronco il direttore (un laico: Gabriele Gherardi) e i redattori - religiosi della stessa Congregazione - per le posizioni assunte dalla rivista, giudicate troppo progressiste. Ma c’è anche una Chiesa che continua a percorrere la strada del Concilio: a Roma, in ottobre, I Convegno nazionale delle CdB (sul Concordato e le strutture clericali di potere). L’8 dicembre, l’arcivescovo di Torino, padre Michele Pellegrino (non voleva farsi chiamare cardinale né eminenza, non metteva la porpora e aveva una croce pettorale fatta di legno) pubblica la lettera pastorale "Camminare insieme", profetico programma di impegno ecclesiale e sociale a fianco degli ultimi. (valerio gigante)

 

DON ENZO MAZZI: FAR ESPLODERE LE CONTRADDIZIONI DEL SISTEMA ECCLESIASTICO

1965) Firenze-adista. Abbiamo incontrato don Enzo Mazzi durante l'assemblea che la comunità dell'Isolotto ha tenuto dopo la prima udienza del processo che vede incriminati nove membri e sostenitori della comunità stessa. Nelle parole di questo prete-elettricista traspaiono le idee che abbiamo udito esprimere nel corso dell'assemblea dai rappresentanti di tre generazioni e di ogni categoria professionale. Molto decisa ci è parsa la volontà, in "quelli dell'Isolotto", di essere presenti nei "punti caldi" della contestazione all'attuale assetto oppressivo in campo religioso e sociale. Durante la riunione è stato convenuto di recarsi personalmente ad appoggiare le comunità cristiane di Ponte Nuovo (Ravenna) e Oregina (Genova) le quali intendono protestare contro l’autoritarismo della Chiesa ufficiale rifiutando la cresima che i rispettivi vescovi conferiranno prossimamente nelle due parrocchie.

 

D: A due anni di distanza dalla sua fase calda e di notizia, l'esperienza religiosa e sociale dell'Isolotto è ancora viva, sentita con la stessa unitaria partecipazione del popolo? E continuano ancora con la stessa intensità la simpatia e l'appoggio manifestati all'Isolotto dalle forze più vive ecclesiali e politiche?

R: La nostra fedeltà e vitalità, sul piano ecclesiale e sociale, va ricercata a Ponte Nuovo di Ravenna, a Conversano di Bari, a Oregina di Genova, al Vingone di Firenze, a Pratorotondo di Roma, presso le popolazioni dalla Valle del Belice, i pastori di Orgosolo, gli operai di molte fabbriche fiorentine, i minatori dell'Amiata, i comitati fiorentini di quartiere, i doposcuola e nelle altre innumerevoli esperienze di base che in tutte le parti d'Italia sono sorte in questi ultimi anni. Infatti, insieme ad esse stiamo conducendo giorno per giorno la lotta per il cambiamento della società, lotta non priva di contraddizioni, ma densa di promesse e di speranza: quella notevole parte del popolo dell'Isolotto, che ha resistito ai ricatti e alle repressioni, vi partecipa in massa. Non possiamo negare che all’Isolotto attualmente vi è una certa divisione. Non si tratta però della divisione storica operata dalla Chiesa nella società italiana (praticanti e non praticanti, credenti e atei, cattolici e marxisti, fedeli e peccatori...), ma della divisione più generale che sta alla radice anche della divisione operata dalla Chiesa e cioè la divisione tra coloro che cedono al ricatto del potere e coloro che invece vi resistono e lottano per liberarsene, senza alcuna distinzione di religione o di fede.

D: Come qualifica il processo iniziato contro i 9 dell'Isolotto?

R: È chiaramente un processo repressivo contro il movimento di base. Come i processi contro la classe operaia, gli studenti, gli anarchici, ecc. anche questo mette in luce il carattere classista della magistratura e la sua incapacità strutturale a cercare realmente la verità e la giustizia. È un processo dove il popolo lotta per poter parlare e la magistratura è costretta a difendersi. È un processo che smaschera il connubio tra il potere ecclesiastico quello economico politico.

 

D: Come pensa il ruolo e la figura del prete nella società e nella vita di oggi?

R. Gli unici che possono dire quale ruolo può avere il prete nella storia attuale sono coloro attraverso i quali anche oggi, secondo una legge costante della Storia della Salvezza, si manifesta la volontà di Dio e cioè gli ultimi, i poveri e gli oppressi che portano avanti la linea della liberazione, resistendo ai ricatti economici e politici e alla violenza repressiva degli oppressori. La esperienze di un prete di Saigon, passato dall'Isolotto, può essere molto significativa. Egli, ormai convinto che la linea della salvezza passava attraverso la lotta di liberazione del popolo vietnamita, chiese, insieme a qualche altro confratello, di arruolarsi nel F.L.N. Gli fu risposto che il suo posto di guerrigliero era nell'ambiente cattolico: egli doveva restare all'interno della chiesa vietnamita che era il principale responsabile della guerra e della occupazione americana; egli doveva portare la lotta di liberazione all'interno della chiesa, aiutando le masse cattoliche a prendere coscienza e a liberarsi; egli doveva ricercare esperienze cristiane di base che, con la propria testimonianza evangelica, facessero esplodere le contraddizioni esistenti nella istituzione.

(da Adista n. 20 del 10 maggio 1971)

 

HO VISTO UN "REGNO": SE NE VA UN ALTRO PEZZO DI CONCILIO

 

2063) Bologna-adista. Una dopo l'altra le voci dell'opposi-zione o "contestazione" cattolica in Italia tacciono. Dopo Questitalia, la rivista veneziana di Vladimiro Dorigo, nata nei 1958 con la crisi del centrismo democristiano e il tramonto dell'epoca pacelliana, ora è la volta del "Regno", il quindicinale del centro dehoniano di Bologna, che chiude i battenti dopo il licenziamento dell'intero corpo redazionale; mentre La Rocca, periodico edito dalla Pro Civitate Christiana di Assisi, starebbe spegnendosi in silenzio.

Nell'ultimo numero del Regno la redazione uscente racconta, in tono duramente polemico, i retroscena dell'opera-zione e lancia accuse non lievi contro membri dell’episcopato italiano e del vertice vaticano ritenuti responsabili della morte della rivista, che era il periodico cattolico più letto e più ricercato dagli esperti. Dal racconto è possibile dedurre che due ultimi elementi hanno provocato la drastica decisione: una campagna contro il "referendum" abrogativo della legge sul divorzio (i redattori non contestavano la indissolubilità dei matrimonio, ma l'opportunità di rischiare un ritorno agli "storici steccati"); e una campagna contro il progetto di Lex Fundamentalis Ecclesiae che ritenevano in contrasto con lo spirito e la lettera del Concilio. Ma già molto prima i rapporti con l'autorità ecclesiastica s'erano fatti così tesi da far prevedere lo scontro al quale si è giunti.

Pubblicato a cura dei religiosi del Sacro Cuore di Gesù, detti dehoniani dal nome del loro fondatore, Il Regno nacque nel 1955 come rivista di problemi missionari. Fu soprattutto negli anni in cui Lercaro governava la diocesi bolognese che cominciò a ospitare articoli ispirati a un accentuato progressismo.

Succeduto Poma a Lercaro sulla cattedra arcivescovile di Bologna, si discute a lungo sul problema dell'imprimatur che la curia non ritiene di poter più concedere e ci si accorda su un compromesso: la rivista, redatta da laici e da ecclesiastici, non sarà più sottoposta a censura dagli organi curiali, ma solo a una "consulenza" da parte della congregazione dei padri dehoniani. Senonché nel luglio dell'anno scorso cessa anche questa "consulenza" e il Regno prende a uscire, senza alcuna revisione interna.

Intanto, il superiore generale dei dehoniani, padre Giacomo Marcato, vede accumularsi sul suo tavolo di lavoro lettere estremamente critiche, e alcune di esse sono firmate dalle più alte autorità ecclesiastiche italiane. Il cardinale Poma scrive: "Il Regno ha esposto al pubblico dileggio la commissione episcopale per la dottrina della fede".

Alla fine, il 26 marzo scorso, Carlo Colombo, "il teologo del Papa", presidente della commissione episcopale per la dottrina della fede, fa presente, in un colloquio con i superiori dehoniani e con il corpo redazionale della rivista, che la pubblicazione deve mutare rotta. Da qui il licenziamento prima di due redattori e poi, dopo lo sciopero solidaristico dei colleghi, di tutto il corpo redazionale. Il 27 giugno padre Marcato scrive ai redattori: "Non è più tempo di dialogo ma di decisioni".

Quello che suscita amarezza in molti cattolici sinceramente amanti delle libertà democratiche, tra le quali è quella di espressione e di stampa, è che siffatte decisioni limitative giungono sotto un pontificato che era stato magnificato per la libertà concessa alla cultura e all'indomani di documenti come quello sulle comunicazioni sociali, dove si legge, tra l'altro: "La libertà di manifestare il proprio sentimento e il proprio pensiero è certamente richiesta se si vuole formare una equilibrata opinione pubblica".

(da Adista n. 32 del 14 luglio 1971)

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