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1981 - REFERENDUM SULL'ABORTO: CATTOLICI DIVISI, VINCE LA 194

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

Dopo il fermento ecclesiale degli anni ‘70, nel 1981 la base cattolica conosce una stagione di nuovo protagonismo. A partire dal referendum sull’aborto, voluto dal Movimento per la Vita e sostenuto dalla destra politica ed ecclesiastica, ma bocciato dal 67,9% degli italiani. Nonostante i gruppi dirigenti dell’associazionismo cattolico si stringano intorno alla Cei e al Vaticano (anche se non mancano – seppure in misura minore rispetto al referendum sul divorzio - le voci di dissenso), la gerarchia subisce così uno smacco peggiore di quello patito nel ‘74. Inizia inoltre nel 1981 la grande mobilitazione contro l’installazione dei missili Cruise a Comiso (Rg) da parte della Nato (avallata dal governo italiano il 7 agosto). La scelta della cittadina iblea come base strategica nel Mediterraneo del progetto di militarizzazione nucleare dell'Europa fa nascere circa 400 "Comitati per la pace" che si coordinano su base nazionale. Comiso diviene così la capitale del pacifismo europeo, luogo di studio e di lotta, preghiera e confronto tra diverse opzioni religiose, culturali e politiche. Le iniziative, culminate il 7 novembre in una serie di cortei in tutta Italia, vedono la partecipazione di forze politiche della sinistra, associazionismo religioso cattolico (in testa Azione Cattolica, Fuci, Acli, Pax Christi, Agesci) e di altre chiese cristiane, sindacati, parrocchie, comunità di base, movimenti ambientalisti, nonviolenti, obiettori di coscienza. Un protagonismo ecclesiale che non ferma però il progetto restauratore di Wojtyla (reduce, il 13 maggio, dal-l’attentato di Alì Mehemet Agca, terrorista di destra turco con coperture e complicità mai chiarite) che, in ottobre, decide il 'commissariamento' della Compagnia di Gesù e il 22 novembre, nell'esortazione apostolica postsinodale Familiaris consortio, ribadisce che i divorziati cristiani risposati non possono fare la comunione. Qualcuno, nella gerarchia, ha intanto compreso il processo di involuzione della Chiesa postconciliare. È il cardinale padre Michele Pellegrino che ne parla, in marzo, in una celebre intervista al "Regno".

Lo scenario italiano, frattanto, è ancora attraversato dalla lotta armata. Le Br sono protagoniste di azioni eclatanti, come il rapimento del democristiano Ciro Cirillo, del generale della Nato Dozier e di Roberto Peci (ucciso per ritorsione nei confronti del fratello Patrizio, primo "pentito" della storia brigatista), ma subiscono un duro colpo con l’arresto di diversi esponenti di spicco, tra i quali Mario Moretti. Arresti che non faranno però luce sugli aspetti più oscuri della lotta armata, della strategia della tensione, né - tanto meno - del sequestro Moro. Come nessuna luce, lo si capisce già allora, verrà fatta sulla madre di tutte le stragi, quella di piazza Fontana: il 20 marzo, infatti, la Corte di Assise d'Appello di Catanzaro assolve (per insufficienza di prove) dal reato di strage tutti gli imputati. Pochi giorni prima era scoppiato un altro caso destinato a rimanere tra i misteri del dopoguerra. Il 17 marzo, nella villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi (Ar), la Guardia di Finanza – nell’ambito delle indagini su Michele Sindona - trova una lista contenente i nomi di 962 persone affiliate alla loggia massonica segreta P2 di cui Gelli è "maestro venerabile". Nella lista ci sono alti ufficiali delle Forze Armate e dei Carabinieri, questori, prefetti, imprenditori, presidenti di banca, deputati, magistrati, giornalisti, professionisti. Ma anche 3 ministri in carica, 2 ex ministri e un segretario di partito. Le liste vengono trasmesse dai magistrati al presidente del Consiglio Forlani che le rende però pubbliche solo il 20 maggio (lo stesso giorno in cui viene arrestato per esportazione illecita di capitali Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano). Una reticenza che lo costringerà alle dimissioni. Il 24 luglio, il nuovo esecutivo retto da Giovanni Spadolini (primo presidente del Consiglio "laico") decide lo scioglimento della P2. Il 9 dicembre viene insediata una Commissione bicamerale d'inchiesta sulla loggia presieduta da Tina Anselmi.

Fuori dai confini italiani, a gennaio, il repubblicano Ronald Reagan si insedia alla Casa Bianca e dà avvio ad una politica reazionaria ed anticomunista, specie nei confronti dei Paesi latinoamericani. Il 3 febbraio in Spagna fallisce un tentativo di colpo di Stato. Quello stesso mese, in Polonia, inizia una difficile crisi, segnata da scioperi ed agitazioni che portano alle dimissioni del primo ministro Pinkowski, cui succede il generale Wojciech Jaruzelski che, a dicembre, proclemerà lo stato di guerra e la legge marziale. In Irlanda del Nord, il 5 maggio muore il leader dell’Ira Bobby Sands, in seguito ad uno sciopero della fame iniziato nelle carceri inglesi due mesi prima. (valerio gigante)

 

CRISTIANI PER IL SOCIALISMO: PERCHÈ VOTARE NO

 

10579) Roma-adista

È una scelta di coscienza

L'aborto è per la donna la conseguenza estrema, sofferta e umiliante di una sessualità dominata dal potere dell'uomo; la conseguenza di una sessualità finalizzata alla procreazione secondo quanto impone la cultura patriarcale, di cui nei secoli la chiesa si è fatta portavoce e veicolo. Infatti la predicazione di ruoli "naturali" per l'uomo e per la donna è stata più funzionale alla società strutturata per proteggere la supremazia maschile che al messaggio di liberazione evangelico. In questo contesto ancora troppo autoritario e violento verso le donne, la scelta di accettare o rifiutare la maternità è una scelta di coscienza che solo la donna può fare. La vita non è solo un fatto biologico, ma esige una scelta di amore. Non si può amare se non nella libertà. La donna che vuole trasmettere la vita non deve sentirsi costretta ad accettare la maternità come un prezzo da pagare alla sua sessualità e al suo essere sociale. Proprio perché lottiamo per costruire un mondo in cui la maternità e la paternità siano pienamente responsabili, libere, controllabili; un mondo in cui la sessualità sia pienezza di incontro e non finalizzata necessariamente alla riproduzione, comprendiamo il dramma di chi rifiuta di trasmettere la vita in questa società.

Secondo lo spirito del Vangelo siamo convinti che nessuno possa legittimamente sostituirsi alla coscienza della donna che decide di abortire e rivendichiamo pubblicamente e con chiarezza la legittimità della nostra posizione. Gesù non ha assunto atteggiamenti di condanna se non verso gli scribi e i farisei; ha invece annunciato che il Regno non si costruisce con enunciazioni astratte, ma assumendo la responsabilità del male e lottando anche con i "pubblicani" per uscirne. Inoltre, anche secondo la teologia cattolica, un principio morale fondamentale afferma: all'impossibile nessuno è tenuto. Una donna che per ragioni sue (fisiche, psicologiche, esistenziali), in coscienza, non intende portare avanti una gravidanza perché "non può", merita, secondo la teologia classica, il rispetto di tutti. Dio, certo, giudicherà questa donna, come giudicherà tutti, ma di questa sua prerogativa non possono appropriarsi né gli uomini, né il clero, né il Movimento per la Vita. Se le autorità della chiesa cattolica si sono dichiarate per il "sì" alla richiesta di snaturare la legge 194, diversi settori della teologia cattolica e molti pastori delle chiese evangeliche hanno difeso la legge che tutela la maternità e regolamenta l'aborto. (...)

 

La legge 194 tende a limitare gli aborti

(...) Con la legge 194, la società, riconoscendo di non essere ancora in grado di fornire tutti i mezzi concretamente adeguati per permettere tale scelta, si assume il compito di assistere la donna qualunque siano le sue decisioni. Comunque la legge 194 è tutta orientata alla eliminazione del fenomeno dell'abor-to, come dimostrano chiaramente le disposizioni relative ai consultori, all'informazione sui contraccettivi, alla promozione di una maternità consapevole. L'efficacia di questa legge è ancora limitata a causa del boicottaggio attuato dalle stesse forze che hanno promosso il referendum cattolico e che continuano ad opporsi ad una capillare opera di educazione sessuale per non togliere alla chiesa cattolica importanti spazi e strumenti di controllo sociale. (...) L'aborto si sconfigge riconoscendone la realtà e rimuovendone le radici sociali ed esistenziali.

 

Non è vero che la scelta è tra la vita e la morte

Non servono a conseguire questo obiettivo proclamazioni di principi astratti che, eludendo i problemi reali, rassicurano la "buona coscienza"; al contrario, occorre che tutti con umiltà accettiamo di portare il peso delle contraddizioni e dei drammi che la donna che abortisce pone ad una società, in cui è sempre più difficile vivere e moltiplicare la vita, stabilire quale vita abbia più diritto di affermarsi, quale qualità della vita sia più importante. La vita è, infatti, un valore da difendere complessivamente; chi, come il Movimento per la Vita, pretende di difenderla sin dall'inizio e non protesta e agisce con eguale impegno contro le condizioni di sviluppo che riducono alla fame due terzi dell'umanità; contro la corsa agli armamenti, che assorbe quantità sempre maggiori di risorse per produrre strumenti di violenza, di oppressione, di morte; contro la mancanza di asili, di scuole, di lavoro; contro l'inquinamento e tutte quelle condizioni non solo materiali necessarie perché la vita si sviluppi, rischia di essere, in termini evangelici, un fariseo. (...)

 

La coscienza del medico vale di più di quella della donna?

(...) Se dagli elettori venisse approvato il referendum proposto dal Movimento per la Vita, il problema dell'aborto sarebbe ricondotto nel privato della dipendenza dai sensi di colpa e dal confessionale; in modo analogo l'aborto ritornerebbe nel privato di una malintesa libertà, se fosse accolta la proposta dei radicali. L'esigenza di migliorare la legge 194 è largamente condivisa: il movimento delle donne e diverse forze politiche (...) hanno individuato gli aspetti da perfezionare o da correggere e predisposto anche emendamenti legislativi. Al contrario coloro che hanno promosso i referendum abrogativi intendono strumentalizzare i limiti presenti in questa legge e i problemi che in essa sono affrontati. (...)

(da Adista nn. 2048-2053 del 20 aprile 1981)

 

TUROLDO RICORDA MONS. ROMERO: "NESSUNO È ANDATO A TERMINARE QUELLA MESSA"

 

10468) Sotto il Monte (Bg)-adista

"Amico, qui ti devi fermare. E medita. E rileggi. E cerca; anzi, cerchiamo di capire: perché siamo tutti coinvolti. È intervenuto Dio, ed è intervenuto direttamente, intenzionalmente. Qui non è stato un incidente sul lavoro, come non è stato un incidente sul lavoro la condanna a morte di Cristo. Qui c'è tutto un progetto che continua. È Dio che vuol farsi capire.

Non lo ha colto (parlo naturalmente del vescovo Oscar Romero) per una strada; si potrebbe dire: non fosse passato per quella strada! Non lo ha colto in un salotto; uno potrebbe dire: non fosse andato in quel salotto! Dio non lo ha colto mentre teneva una conferenza: poteva non accettare, oppure trattare un tema asettico.

Invece l'ha colto mentre celebrava. E non poteva non celebrare. E celebrava in un ospedale. E stava con il calice in mano. E aveva appena detto che in quel calice c'era del vino in attesa di farsi sangue. Non sapeva neppure di essere un profeta così incombente. Perché, a finire la consacrazione questa volta, più che le sue parole, sono state le pallottole di altri cristiani, di poveri killers, come nel Getzemani o nel Litostrato. Sempre così: poveri soldati che non sanno quello che fanno. Mentre lo sanno i capi, i capi, sì lo sanno! E per essi sono di difficile applicazione le stesse parole di Cristo: "Padre, perdona perché non sanno...". No, i capi lo sanno, lo sapevano, e lo sapranno: la storia lo conferma.

Invece non so se tutta la cristianità lo sappia, cioè abbia capito che qui è intervenuto Dio stesso. Perché non si è mosso nessuno: eccetto, naturalmente, i poveri. È stata stroncata una messa, e nessuno è andato a terminarla. Pure in mezzo a tanti viaggi! E non occorreva neppure fare discorsi: bastava appunto andare. Dire solo: un fratello nell'episcopato è stato ucciso mentre celebrava, perciò noi andiamo a terminare la messa. Bastava solo questo. Forse il mondo avrebbe cambiato faccia. O almeno certo i poveri non si sarebbero sentiti così soli. Perché poi, non si trattava neppure di un assassinio sacrilego, infatti non era ucciso un vescovo perché vescovo, ma è stato ucciso un vescovo perché "si è fatto popolo". S. Teresa dice che i poveri non hanno voce: Romero era diventato la voce dei poveri. (...)

E così, per me, dopo Papa Giovanni, dopo il concilio, la morte di Romero è il più purpureo e squillante segno dei tempi: Dio è intervenuto a tempo giusto, sull'uomo giusto, nel momento più santo, quando si consumava sul mondo la passione di suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore, Amen. Ed è certo un segno ancora più grande dei precedenti. Ma come ricordiamo che non si è avuto il coraggio, a concilio aperto, di proclamare santo il confessore di Cristo Giovanni, mentre il popolo continua a venerarlo e a crederlo santo in virtù di nessuna organizzazione; così oggi non si ha il coraggio di proclamare santo il vescovo Romero ucciso con il calice in mano, in quanto, si dice a Roma, non è morto per la fede. Quasi che morire per la giustizia non sia un morire per le opere della fede: quasi che, infatti, senza le opere della giustizia e della pace e dell'amore possa dirsi viva una fede! Cioè, non ci siamo accorti che, proprio questo è il segno che una chiesa è vera e vive: se c'è qualcuno che dà il sangue per il povero, per il popolo di Dio. E, dunque, non è questa la fede? Romero, santo vescovo della chiesa di Dio, prega per noi: perché si capisca".

(da Adista nn. 2018-2019-2020 del 16 marzo 1981)

 

 

 

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