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1989 - CROLLA IL SISTEMA SOVIETICO, MONTA IL REGIME VATICANO

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

Il muro crolla, e con esso un’idea del mondo che aveva caratterizzato 50 anni di storia. Il 9 novembre viene infatti abbattuta la barriera di cemento che divideva la città di Berlino dal 1961. L’evento, che segna a livello simbolico la fine del socialismo reale, è accompagnato da rapidi cambiamenti in molti Paesi del blocco sovietico. Così, se il 15 gennaio, a Praga, durante la commemorazione della morte di Jan Palach, tra le centinaia di manifestanti arrestati c’è anche Vaclav Havel, il 29 dicembre, lo stesso Havel viene eletto presidente della Repubblica Cecoslovacca. Storia simile in Polonia, dove dopo diversi anni di clandestinità il 17 aprile Solidarnosc viene riconosciuto ufficialmente e in agosto forma una coalizione di governo con altri due partiti. In Romania, dove la fine del regime lascia una scia di sangue, il 25 dicembre il dittatore Nicolae Ceausescu e la moglie Elena vengono giustiziati. Anche la Cina viene attraversata dal vento del cambiamento: a metà aprile iniziano le proteste studentesche in Piazza Tienanmen a Pechino contro l'autoritarismo della leadership comunista cinese. All’inizio di giugno il governo cinese decide di porre fine alla massiccia mobilitazione. E le vittime dei carri armati si contano a centinaia. Anche il resto del mondo è attraversato da importanti eventi. Il 7 gennaio muore Hirohito, imperatore del Giappone dal 1926, considerato dai suoi sudditi una divinità in terra. Il 3 febbraio finisce in Paraguay la dittatura di Alfredo Stroessner, al potere dal '54. Il 14 settembre, il presidente sudafricano Frederik de Klerk si pronuncia per l'abolizione dell'apartheid. A Taif (Arabia Saudita) il 30 settembre viene siglato un accordo che mette fine alla guerra civile libeanese, iniziata nel '75. In dicembre, 27mila soldati Usa invadono Panama per arrestare Antonio Noriega, ex dittatore del Paese, in passato protetto e sostenuto proprio dal governo di Washington.

In Italia, tramonta l’astro di De Mita all’interno della Dc. Al XVIII Congresso, in febbraio, la destra del partito (specie la corrente ciellina), lo estromette dalla segreteria, eleggendo al suo posto Arnaldo Forlani. Sfiduciato dal suo partito, anche il governo da lui guidato ha i giorni contati. La crisi la apre Craxi, a maggio, al XLV congresso del Psi: il leader socialista sferra un duro attacco alla Dc, ma soprattutto al presidente del Consiglio, costretto a rassegnare le dimissioni il 19 maggio. A subentrargli, in luglio, è Andreotti, che forma il suo sesto governo (ma a De Mita non va neppure un ministero).

A livello ecclesiastico, l’89 è un annus terribilis per la Chiesa conciliare. A provocare l’escalation della repressione, già alla fine dell''88, è un testo di Bernhard Haring fortemente critico verso il pontificato di Giovanni Paolo II, in particolare per l’appoggio da lui dato al teologo Carlo Caffarra in materia di morale sessuale. Ma è ancor di più, a gennaio ‘89, il fatto che 163 influenti teologi di area germanofona firmino la cosiddetta "Dichiarazione di Colonia" in cui criticano l’autoritarismo wojtyliano e il modo "scandaloso" con cui Roma ignora le prerogative delle Chiese locali. La reazione è immediata: la Congregazione per la Dottrina della Fede (16 febbraio) riafferma il "no" alla contraccezione. Subito dopo, il Vaticano pone il veto alla pubblicazione degli atti di un congresso di moralisti cattolici, svoltosi nell'aprile '88, che conteneva anche una relazione di padre Haering critica verso l'antropologia e la teologia dell'Humanae vitae. In marzo, per intervento diretto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, la Pontificia Università Lateranense blocca la nomina di don Luigi Sartori – presidente dell’Associazione Teologi Italiani - alla cattedra di Ecumenismo dell'ateneo. Ancora in marzo, padre Eugenio Melandri viene costretto a lasciare, dopo 10 anni - su pressione del prefetto di Propaganda fide, card. Josef Tonko - la direzione del mensile dei saveriani "Missione Oggi". Non piace al vaticano la linea progressista della testata, la denuncia della gestione dei fondi italiani destinati alla cooperazione. Sempre lo stesso mese, il gesuita Paul Valadier, direttore di Estudes, tra i 157 teologi francofoni firmatari di una lettera di solidarietà ai 163 teologi della "Dichiarazione di Colonia", viene rimosso dall'incarico. La Segreteria di Stato (7 agosto) riafferma che la Joc (Gioventù Operaia Cristiana) - considerata da Roma troppo di ‘sinistra’ – non è riconosciuta come legittima interlocutrice dalla Santa Sede, mentre lo è il più moderato Cijoc, separatosi dalla Joc nell''86 con il benestare degli ambienti conservatori della Curia. A novembre il card. Ratzinger, alla vigilia dell'assemblea annuale dell'episcopato statunitense, ordina di cancellare dall'odg l’esame di un voluminoso testo preparato dai vescovi sulle "Responsabilità ecclesiali del teologo", perché troppo liberal. L’onda lunga di Colonia colpisce anche don Vittorio Cristelli, direttore del settimanale diocesano Vita trentina, rimosso in giugno per aver pubblicato un documento di 63 teologi italiani in sostegno ai loro colleghi di area germanofona. In Brasile, la Congregazione per l'Educazione Cattolica decreta la chiusura del seminario regionale del Nordeste 2 e l'Istituto teologico di Recife, entrambi fondati da mons. Helder Câmara. Intanto, la Congregazione per i Religiosi aveva commissariato la Clar (Conferenza Latinoamericana dei Religiosi), ritenuta troppo vicina alla Teologia della Liberazione. (valerio gigante)

 

DOPO COLONIA, ANCHE I TEOLOGI ITALIANI PRENDONO LA PAROLA

 

20814. BOLOGNA-ADISTA. (…)

"Questa lettera vorrebbe essere un invito ad una riflessione pacata tra fratelli nella fede, i quali vogliono vivere con coerenza la loro vocazione cristiana. Recentemente l’opinione pubblica è stata messa a rumore da alcune prese di posizione nelle quali si esprime disagio per determinati atteggiamenti dell’autorità centrale della Chiesa nell’ambito dell’insegnamen-to, in quello della disciplina e in quello istituzionale. Alcuni infatti, e non sono pochi, hanno l’impressione che la Chiesa cattolica sia percorsa da forti spinte regressive. In questo clima ci sembra doveroso proporre alcune considerazioni brevi ed essenziali. Esse si propongono di abbandonare il piano della polemica che, spesso, si fissa sugli aspetti più appariscenti. Il vero rischio invece è che molti non scorgano cosa sia veramente in gioco. (...).

1. In primo luogo si tratta di sapere se l’evento del Concilio Vaticano II debba costituire un effettivo punto di riferimento dottrinale nell’affrontare i problemi della missione e dell’evan-gelizzazione. Da parte di alcuni si tende di fatto a sminuire l’importanza di questo evento qualificandolo come pastorale e non dotato quindi della stessa autorità dottrinale degli altri concili ecumenici. A nostro avviso, così, non si intende proprio il significato di quella svolta pastorale che il Concilio ha voluto introdurre nell’equilibrio globale della comprensione della fede ecclesiale. La stessa dottrina, in questa qualificazione pastorale, assume un peso e un volto che sono più adeguati alla natura della verità cristiana. La connotazione pastorale infatti è intrinseca alla dimensione dottrinale del cristianesimo. È essa infatti che rende possibile l’interpretazione fedele della verità dentro l’esistenza storica della comunità ecclesiale. E la verità cristiana è verità che Dio ci ha consegnato per la nostra salvezza. (...)

2. (...) Ci sembra che (...) si tenda a dimenticare come, non solo a livello individuale, ma nella sua strutturazione istituzionale, nei suoi rapporti con gli stati, nello stile della sua predicazione, la Chiesa non debba farsi condizionare dalla logica mondana, ma dallo stile del Cristo, mite ed umile di cuore, povero, venuto per salvare la pecora perduta. La mentalità di privilegio (...) non può essere l’ispiratrice del cammino della Chiesa che vuole essere sacramento di unione con Dio e di unità tra i popoli. Sia nell’annuncio al mondo che nel cammino che deve portare alla riunione delle Chiese, è condizione fondamentale di obbedienza al Signore la conversione delle nostre comunità e della Chiesa tutta a questo stile del Cristo a cui richiamava il Vaticano II. (...).

3. Un punto qualificante dell’ecclesiologia conciliare, anche se delicatissimo, è la concezione della Chiesa come comunione di Chiese. Questo comporterà non senza traumi, ma inevitabilmente, un mutamento di quell’equilibrio istituzionale che nella Chiesa latina è venuto solidificandosi soprattutto nel secondo millennio della sua storia. Si inserisce qui la discussione attuale sullo statuto delle Conferenze episcopali e sulle nomine dei vescovi. Siamo consapevoli che non esistono soluzioni facili perché l’unità della fede e della 'grande disciplina' divenga dono operante della variopinta ricchezza della pluralità della comunione. Però riteniamo che la Chiesa non possa rinunciare 'a priori', per timore dei problemi che ne seguiranno per la sua unità, alla varietà dei modi di intendere e di vivere la fede che lo Spirito suscita nelle diverse comunità e nella stessa guida pastorale dei vescovi. La storia della Chiesa del resto conosce periodi forse ancora più caldi di quello attuale. (...).

4. Uno degli elementi che nella concezione conciliare della Chiesa è entrato in una fase di 'riaggiustamento' è senz'altro la comprensione del 'magistero'. Non si può ignorare questo fatto. Del resto la storia della teologia ci insegna come lo stesso termine di 'magistero' abbia subito forti variazioni semantiche. Non si può inoltre negare che nella Chiesa delle origini esistesse una funzione dell’insegnamento che non è riducibile alla funzione di guida delle comunità. A noi non sembra che qualificare come 'pastorale' il magistero implichi un attentato alla sua dignità o necessità, che anzi ne esalta il compito di presidenza nella comunione della fede. (...) Anche qui non abbiamo indicazioni facili per la soluzione delle questioni attuali. Ma è certamente necessario approfondire il delicato problema della estensione del magistero nel campo etico, in rapporto al cuore del messaggio evangelico. Come è bene non dimenticare il richiamo del Vaticano II al rispetto della ‘Gerarchia delle verità’, per non appiattire tutto su di un unico e medesimo livello. Lo stesso Vaticano II inoltre attribuisce la crescita nella comprensione del messaggio cristiano non al solo 'carisma certo della verità' che si esprime nella predicazione dei vescovi, ma, ancora prima, allo studio e all’esperienza dei credenti (Dei Verbum 8). E questo non per stabilire priorità ma per sottolineare il comune convergere di tutti i differenti carismi e servizi nella conoscenza della verità, ognuno seconda il dono ricevuto. In questo contesto, nel riconoscimento del 'carisma certo della verità' secondo i criteri che man mano la tradizione ecclesiale ha approfondito, non pensiamo che i teologi assolverebbero al loro compito semplicemente divulgando l’insegnamento del magistero e approfondendo le ragioni che ne giustificano le prese di posizione. Essi si pongono infatti al servizio della Chiesa anche quando raccolgono e propongono le domande nuove dell’intelligenza che scaturiscono dalle situazioni nuove che la fede attraversa, o quando percorrono assieme ai loro fratelli nella fede sentieri inesplorati sui quali pure si dovrà realizzare la fedeltà al Signore. Sempre in questo contesto diventa inoltre urgente il messaggio del Concilio agli 'uomini di pensiero e di scienza', proprio perché i mutamenti introdotti dalle possibilità nuove della scienza provochino sempre più l’approfondimento della fede, senza spirito di intolleranza dentro e fuori della Chiesa. (...)".

Attilio Agnoletto; Giuseppe Alberigo; Dario Antiseri; Giuseppe Barbaccia; Giuseppe Barbaglio; Maria Cristina Bartolomei; Giuseppe Battelli: Fabio Bassi; Edoardo Benvenuto; Enzo Bianchi; Bruna Bocchini; Giampiero Bof; Franco Bolgiani; Gianantonio Borgonovo; Franco Giulio Brambilla; Remo Cacitti; Pier Giorgio Camaiani; Giacomo Canobio; Giovanni Cereti; Enrico Chiavacci; Settimio Cipriani; Tullio Citrini; Pasquale Colella; Franco Conigliaro: Eugenio Costa; Carlo D'Adda; Mario Degli Innocenti; Luigi Della Torre; Roberto Dell’Oro; Severino Dianich; Achille Erba; Rinaldo Fabris; Giovanni Ferretti; Roberto Filippini; Alberto Gallas; Paolo Giannoni; Rosino Gibellini; Reginald Grégoire; Giorgio Guala; Maurilio Guasco; Giorgio Jossa; Siro Lombardini; Italo Mancini; Luciano Martini; Alberto Melloni; Andrea Milano; Carlo Molari; Dalmazio Mongillo; Mauro Nicolosi; Flavio Payer; Giannino Piana; Paolo Prodi; Armido Rizzi; Giuseppe Ruggieri; Giuliano Sansonetti; Luigi Sartori; Cosimo Scordato; Mario Serentoh; Massimo Toschi; Davide Maria Turoldo; Maria Vingiani; Francesco Zanchini; Giuseppe Zarone

(da Adista n. 39/89)

 

 

580 FIRME PER DON CRISTELLI: "LA CHIESA CALPESTA LA DIGNITÀ DELLA PERSONA"

 

20971. TRENTO-ADISTA. La destituzione di don Vittorio Cristelli dalla direzione di "Vita Trentina" ha messo in moto una raccolta di firme per protestare contro le autorità diocesane e per sollecitare il ritorno di don Cristelli alla guida del settimanale diocesano. C'è già un documento dove 580 firmatari esprimono la loro gratitudine per il coraggio con cui d. Cristelli ha sempre presentato le problematiche senza lasciarsi scalfire da interessi di parte. "Da quanto ci risulta - precisano i 580 - in questo cambio non si sono tenuti in debito conto la comunione ecclesiale ed un corretto rapporto laicale. L'autentico e sincero rapporto fra autorità e fedeli, fra pastore e sacerdote, che dovrebbe improntare la vita della Chiesa, richiederebbe, a nostro avviso, un maggior rispetto della persona. Ma dove è finita la dignità della persona? Un uomo che per anni è stato testimone coraggioso del Vangelo viene improvvisamente isolato". "Riteniamo molto grave - denunciano i 580 - che tale decisione sia stata assunta senza prendere in esame e senza considerare le esigenze della gente trentina che si sente tradita nelle sue aspettative, in quanto il settimanale ha sempre costituito un punto di riferimento costante per un autentico cammino cristiano nella vita quotidiana: una vita quotidiana che si misura, però, con problemi mondiali". "Nel suo sforzo di dare voce a tutti - così conclude il documento dei 580 - don Cristelli ha sempre cercato di seguire la strada della fedeltà ai valori fondamentali del Cristianesimo: l'uomo, il più povero, la pace, la giustizia. Ciò ha scosso le coscienze e ha creato autentica formazione".

(da Adista n. 52/89)

 

 

 

 

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