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1991 - WOJTYLA CONDANNA LA GUERRA, RUINI "AGGIUSTA" LA LINEA

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

Già dai primi giorni dell'anno soffiano venti di guerra. Quella del Golfo, che scoppia il 17 gennaio. Ma anche quella che sta per devastare la Jugoslavia. Il 25 dicembre '90, nel suo messaggio urbi et orbi, Giovanni Paolo II dichiara la guerra "avventura senza ritorno". Il suo appello a "percorrere le strade dell'intesa e della pace" sorprende e scandalizza, ma infiamma i cuori dei cattolici, raccogliendo consensi anche a sinistra. Ma Bush lancia a Saddam l'ultimatum: o via dal Kuwait entro il 16 gennaio, o guerra. Saddam rifiuta e incita i suoi alla "guerra santa". In Italia - in un clima da 1940 - si fa a gara ad accumulare prodotti alimentari di ogni genere, svuotando i supermercati. Il 15, Wall Street registra un impressionante rialzo. I mercati vogliono il conflitto. L'ora X scatta il 17 gennaio: alle 0.30, con i bombardamenti angloamericani su Baghdad, inizia l'operazione Desert Storm. Saddam reagisce e lancia missili contro Israele, per coinvolgerlo nella guerra e scatenare la reazione dei Paesi Arabi. In Italia, il popolo della pace si mobilita, cattolici in testa, e la sezione italiana di Pax Christi - presieduta da mons. Tonino Bello - invita alla disobbedienza civile. Ma il 21 gennaio la Cei pubblica una dichiarazione a "tinte pastello" che "aggiusta" la linea papale. Camillo Ruini distingue tra piano etico e piano politico della guerra. Con il risultato di assolvere il governo per aver deciso di sostenere la missione. In Parlamento, il voto sulla partecipazione italiana alla guerra provoca la spaccatura del Pci. Il partito si astiene, ma un gruppo, capeggiato da Ingrao, vota 'no'. Il 26 gennaio, si svolgono grandi manifestazione per la pace con cattolici, comunisti e verdi. Il 27, nel corso dell'Angelus, il papa fa un ennesimo appello alla pace, quasi ignorato dai media. Certi della sconfitta, gli irakeni iniziano a incendiare i pozzi petroliferi in Kuwait. Gli oleodotti sabotati riversano sul golfo Persico un fiume di petrolio: è una catastrofe ecologica. A fine febbraio, inizia la più grande battaglia terrestre dalla Seconda Guerra Mondiale: più di un milione di uomini entra in Kuwait. La guerra finisce l'11 aprile, con le truppe della coalizione che si fermano a 40km da Baghdad: Saddam resta indisturbato al potere.

Finita una guerra, ne inizia un'altra: la prima scintilla, il 27 giugno, quando la Slovenia dichiara unilateralmente la propria indipendenza dalla Jugoslavia. La risposta dell'Esercito jugoslavo non si fa attendere: inizia il primo conflitto in Europa DAL 1945. Durerà 10 giorni: la Slovenia - etnicamente compatta e sostenuta da Vaticano (primo Stato a riconoscerne l'indipendenza), Austria e Germania - la spunta. Anche la Croazia il 27 giugno, dichiarava unilateralmente la propria indipendenza. Le truppe jugoslave intervengono a fianco della minoranza serba del Paese. Inizia un'altra (lunga) guerra civile. Simbolo dell'assurdità del conflitto è l'assedio alla città di Vukovar (25 agosto-18 novembre), territorio in cui serbi e croati avevano sempre convissuto pacificamente: la città viene bombardata e quasi completamente rasa al suolo dai serbi.

Mentre dalle coste adriatiche sbarcano migliaia di profughi e (29 agosto) la mafia uccide a Palermo Libero Grassi, imprenditore che aveva rifiutato di pagare il pizzo, l'Italia passa dal VI al VII (e ultimo) governo Andreotti (12 aprile). A sinistra, prosegue il travaglio del Pci. Il 31 gennaio ‘91 si apre a Rimini il XX e ultimo congresso del partito. A maggioranza, viene decisa la nascita del Pds. Un gruppo di delegati del "No", guidato da Cossutta, Garavini, Libertini e Salvato, decide di non aderire e di continuare l'esperienza del Pci con il Movimento per la Rifondazione Comunista. Il 9 giugno, durante l'VIII (e ultimo) Congresso di Democrazia Proletaria, il partito decide di confluire in Rifondazione. Fa così anche l'area dell'ex Pdud di Magri e Castellina. A gennaio, intanto, Leoluca Orlando aveva dato vita alla Rete. Un momento di unità la sinistra lo ritrova contro il "picconatore" Cossiga, contro cui viene chiesta la procedura di impeachment per attentato alla Costituzione.

Se il Pci muore, in Russia il Pcus non gode migliore salute. Il 25 giugno, viene sciolto il Patto di Varsavia. Il 19 agosto a Mosca, tentativo di colpo di Stato: il segretario del Pcus Mikhail Gorbaciov viene sequestrato. La crisi è risolta in tre giorni, ma gli eventi travolgono Gorbaciov, suo malgrado costretto a ritirarsi dall'attività politica e a lasciare il campo al nuovo uomo forte russo, Boris Eltsin, che fa mettere al bando il Pcus (23 agosto). Molte repubbliche sovietiche dichiarano quell'anno la propria indipendenza dall'Urss, che il 26 dicembre viene ufficialmente sciolta dal Soviet Supremo. Ad Haiti, un colpo di stato mette fine al processo democratico avviato da Jean Bertrand Aristide.

Uno sguardo alle questioni di Chiesa: l'11 gennaio, la Corte Costituzionale ribadisce che non è obbligatorio rimanere a scuola durante l'ora di religione. Il 7 marzo Ruini diventa presidente della Cei, subentrando al card. Poletti, che gli lascia anche il posto di vicario per la diocesi di Roma. Neanche la guerra ferma la repressione vaticana: viene destituito il vescovo messicano di Oaxaca, mons. Bartolomé Carrasco Briseno; commissariate la Clar (la Conferenza dei religiosi latinoamericani) e Vozes, la più antica editrice cattolica brasiliana; interdetto dall'insegnamento il teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann. A maggio, esce l'enciclica del papa Centesimus annus. In dicembre, riunite per il loro XVIII Congresso, le Acli concludono la loro "lunga marcia" di riconciliazione con la gerarchia ecclesiastica ottenendo udienza dal papa.

 

OBIEZIONE DI COSCIENZA ALLA GUERRA NEL GOLFO

 

Le ragioni con cui gli Stati hanno formalmente giustificato l’uso della violenza bellica nel Golfo sono in palese contraddizione con la lettera e io spirito della Carta dell’Onu. La Risoluzione 678 del Consiglio di Sicurezza non può essere invocata a legittimazione di azioni di guerra perché viziata da eccesso e abuso dl potere.

L’art. 42 della Carta stabilisce che a decidere e intraprendere misure di "dimostrazione e blocco" e altre a titolo di ordine pubblico internazionale debba essere il Consiglio di Sicurezza in quanto tale, nell’esercizio cioè di autorità sopranazionale. Con la Risoluzione citata, il Consiglio ha delegato tale potere ai singoli Stati, venendo così meno alle sue responsabilità istituzionali.

Le azioni del Consiglio di Sicurezza devono essere realizzate in conformità alla lettera dell’intero capitolo VII e allo spirito dell’intera Carta delle Nazioni Unite, quindi in termini di autorità sopranazionali e Onu e non di coordinamento multinazionale, per evitare che uno o più Stati esercitino supremazia sugli altri (...): l’Onu, in quanto tale non può fare la guerra e gli Stati non possono farsi scudo dell'Onu per fare la guerra

Oltre a questa parte del diritto internazionale, i governi hanno violato anche il nuovo Diritto internazionale dei diritti umani, quello che antepone i diritti innati, inalienabili e inviolabili delle persone e dei popoli ai diritti degli Stati. L’unico leader mondiale che si è assunto la responsabilità di ricordare al mondo lo spirito di pace, e non di guerra, dell’Onu è Giovanni Paolo II: a lui va la riconoscenza della società civile internazionale.

L’obiezione di coscienza all’uso della violenza bellica e alle spese militari (...) deve suonare non soltanto esplicita delegittimazione ma anche, contestualmente, volontà della società civile di porre sotto controllo democratico il comportamento delle istituzioni statali in materia di politica estera e internazionale. Vuole altresì significare l’inizio di una efficace partecipazione politica popolare dal quartiere all'Onu, nell’esercizio di diritti umani internazionalmente riconosciuti. (...).

Associazioni, movimenti e chiese, insieme con enti territoriali locali e regionali, università a scuole, devono cooperare fra loro per costruire strutture di società civile in grado di fermare e imbrigliare una volta per tutte il comportamento di élite politiche, rivelatesi colpevolmente incapaci di rispondere alle sfide dell’interdipendenza planetaria nel rispetto dei valori umani.

 

Antonio Papisca; mons. Tonino Belio; don Albino Bizzotto; Marco Mascia; Tonino Drago; Giuseppe Lumia; don Gianni Novelli; Aluisi Tosolini; Diego Cipriani

(da Adista n. 7/92)

 

DON ENZO MAZZI: CON LA "CENTESIMUS ANNUS": TORNA L'ABBRACCIO TRA RELIGIONE IMPERO

 

23582. ROMA-ADISTA "Se il gatto e la volpe si prendono di nuovo a braccetto, che ne sarà del povero Pinocchio?". Laddove il gatto e la volpe sono, per don Enzo Mazzi, la religione e l'impero, la Chiesa trionfante di papa Wojtyla e il capitalismo vincente in versione americana.

In un editoriale del settimanale Avvenimenti (5 giugno 1991), Mazzi constata che "il campo sembra lasciato libero al coro dei consensi verso la resurrezione della 'dottrina sociale della Chiesa'". La nuova enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II rappresenta un arco di trionfo ai cento anni di dottrina sociale, eretto sul crollo del comunismo". Ma la cosa preoccupante, secondo il sacerdote della Comunità dell'Isolotto, è che questo arco di trionfo "si intreccia pericolosamente con inquietanti segnali di restringimento della democrazia a livello mondiale". In occasione del centenario della dottrina sociale della Chiesa, le citazioni della Rerum novarum si sprecano. Più nascosta e meno ricordata è, invece, per don Mazzi, un'altra enciclica di Leone XIII, la Quoad apostolici muneris, nella quale si parla della necessaria unione tra le ragioni della religione e dell'impero", della "peste del socialismo", delle società operaie ed artigiane "poste sotto la tutela della religione" che devono "avvezzare i loro soci a tenersi contenti della loro sorte...".

Oggi, si legge nell'editoriale del settimanale, "La 'peste del socialismo' è stata debellata, il conflitto capitale-lavoro è stato .addomesticato e le 'società artigiane e operaie' sembrano proprio sulla via di 'avvezzare i loro soci a tenersi contenti della loro sorte'. Ma la questione sociale resta esplosiva". "Chi terrà buone - si chiede Mazzi - le sterminate masse degli esclusi: quelle del Terzo mondo e quelle interne al mondo dell'opulen-za? Che succederà via via che i nodi verranno al pettine e i miliardi di dannati si accorgeranno che la scalata al paradiso terrestre è un bluff perché il loro turno non arriva mai e la loro inesorabile sorte è quella di sprofondare sempre più?". (...).

Il nuovo abbraccio tra "il gatto" e "la volpe" domineranno "il corpo e l'anima" del "povero Pinocchio". "Non gli rimarrà - conclude Mazzi - più nemmeno lo spazio della protesta. A fustigare il potere, i suoi eccessi e le sue perversità, ci penserà la dottrina sociale della Chiesa. Gli ruberanno perfino gli ideali, i valori, la riserva etica. Non mi sembra proprio il tempo per tacere".

(da Adista n. 46/91)

 

"ALFAZETA": CON RUINI A CAPO DELLA CEI, LA SCELTA DEGLI ULTIMI È SOLO UN RICORDO

24047. PARMA-ADISTA. "Una distanza sempre più netta si apre tra la gente e la chiesa-istituzione": è questa, nella sostanza, la cifra della Chiesa italiana nell'era del card. Camillo Ruini secondo la rivista Alfazeta. Francesco Torraca, in un articolo sul n. 8, mette in rilievo i vari aspetti di una situazione ecclesiale che "si pone ormai sempre più come punto di riferimento politico o morale che religioso".

L'esempio forse più eclatante della nuova gestione ai vertici della Chiesa italiana è stata, afferma Torraca, "l'investitura cardinalizia" di Ruini, con lo strascico di feste scintillanti "tra big, industriali e uomini politici di primo piano", che ha suscitato polemiche nella periferia e tra i fedeli. Siamo soltanto agli inizi "di quello che appare un governo pastorale potentissimo e poco disposto alla comunione, anche con gli altri vescovi", ma alcuni dati di fatto mostrano linee e direzioni già ben definite. (...).

D'altra parte, che le cose stessero cambiando era apparso già con la nomina del card. Ugo Poletti a presidente della Cei. Il suo fu un periodo intermedio, "una lenta preparazione per la nuova operazione". Ora, spiega Torraca, "la vicenda concordataria, il problema dell'ora di religione nella scuola, l'otto per mille danno a Ruini la possibilità di mettersi in luce come abile politico e capace organizzatore". Alla sua rapida ascesa (da ausiliare di Reggio Emilia a segretario della Cei, a presidente della stessa Cei e vicario del papa a Roma) è corrisposta un'altrettan-to rapida emarginazione nella direzione Cei di personaggi come il card. Pappalardo, mons. Bettazzi o il card. Martini. "Per altri vescovi 'pazzarelli' - aggiunge Torraca - come mons. Tonino Bello presidente di Pax Christi - i quali non si arrendono al silenzio - si costruisce la figura dell'atipico da lasciar parlare".

Insomma, si comincia a respirare un'aria pesante anche in seno alla stessa Cei. E non finisce qui: anche il 'commissariamento' della Caritas nazionale - per cui sarà eletto come presidente un vescovo di nomina Cei - rientra nella politica di Ruini. È la tendenza del "non disturbare il manovratore'", come la definisce Torraca, della quale è un sintomo la parentesi della guerra del Golfo. A fronte degli appelli del papa alla pace, l'episcopato non l'ha sostenuta in modo ineccepibile, giungendo anzi a giustificare il conflitto (...). Allo stesso modo, nota con preoccupazione Torraca, sta vacillando la scelta preferenziale per gli ultimi: il mondo missionario viene messo a tacere a livello di Santa Sede perché denuncia le ingiustizie, e la Chiesa "non può parlare troppo di politica perché non le compete". (...).

(da Adista n. 81/91)

 

 

 

 

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