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1994 - ASCESA E CADUTA DI SILVIO BERLUSCONI

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

Grandi manovre politico-elettorali seguono l’introduzione del sistema maggioritario e l’indizione di elezioni anticipate per il 16 marzo. Già il 5 gennaio Mario Segni aveva presentato il Patto per l'Italia uscendo dalla Democrazia Cristiana, dentro la quale si acuivano le divergenze tra la destra del partito (Casini, Mastella, D’Onofrio) e la maggioranza legata al segretario Martinazzoli. Alla fine è scissione: i fuoriusciti creano il Ccd (Centro Cristiano Democratico), mentre Martinazzoli scioglie la Dc per dare di nuovo vita al Partito Popolare Italiano di don Sturzo. Anche alla sua sinistra, qualche mese prima, la Dc aveva subito una scissione, con l’uscita di un gruppo guidato da Ermanno Gorrieri che aveva fondato i Cristiano Sociali. A destra, Fini si accorge che il partito neofascista, così com’è, è impresentabile per il nuovo schieramento di destra cui Berlusconi sta lavorando da mesi. Così, il 22 gennaio, l’Msi entra in un contenitore politico più grande, Alleanza Nazionale, con l’idea (fallita) di accogliervi altri spezzoni di destra italiana. Poi, il 26 gennaio, nel celebre discorso della "discesa in campo" andato in onda su tutte le reti Fininvest, Berlusconi annuncia la nascita di un nuovo movimento, Forza Italia (pieno di ex Dc ed ex Psi), il cui programma elettorale ricalca, in parecchi punti, il "Piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli. Se ne accorge perfettamente Giuseppe Dossetti, che dopo anni di silenzio esprime pubblicamente la propria preoccupazione per i propositi di stravolgimento della Costituzione repubblicana provenienti da destra, promuovendo la nascita, in tutta Italia, di comitati a difesa della nostra Carta. Secondo molti autorevoli esponenti della sinistra, il cartello elettorale dei "Progressisti" (formato da Pds, Verdi, Alleanza Democratica, Cristiano Sociali, La Rete, Rifondazione Comunista e alcuni spezzoni del Psi), non avrebbe dovuto avere problemi ad ottenere la vittoria. Ma quella che il segretario del Pds Occhetto aveva definito "gioiosa macchina da guerra" si sgretola di fronte al blocco delle destre reazionarie (Lega, Forza Italia, Alleanza Nazionale, Ccd) guidate da Berlusconi: dalle urne, il Polo delle Libertà e del Buon Governo esce infatti col 42,8% dei consensi; il centro formato dal Ppi e dal Patto Segni col 7,3%; i Progressisti solo con il 33,8%. Alle elezioni europee (giugno) va anche peggio. Occhetto lascia la segreteria del Pds a Massimo D’Alema. Il governo Berlusconi, con 5 ministri fascisti, non ha però vita lunga né facile, nonostante il card. Ruini gli conceda subito un’ampia apertura di credito (dopo aver sostenuto in campagna elettorale il polo di centro). Visto con crescente preoccupazione da molti osservatori internazionali, l’esecutivo, per avere la maggioranza al Senato, è costretto a "cooptare" 5 senatori dagli altri schieramenti. Ma la sua politica suscita la reazione della piazza: il 14 ottobre si svolge lo sciopero generale contro la riforma delle pensioni del ministro del Tesoro Dini. Poi, il 12 novembre, a Roma, più di un milione marcia contro la legge finanziaria. È il più grande corteo del dopoguerra. Anche la Lega, pressata dalla base, è contraria alla riforma. E il 22 dicembre, dopo soli 9 mesi, il governo cade.

Anche nel mondo il ‘94 è un anno di forti trasformazioni. Il primo gennaio, in Chiapas (Messico), gli indios, guidati dal subcomandante Marcos, insorgono, occupando molti centri abitati e denunciando in un proclama la drammatica situazione del loro popolo. Il 20 marzo, a Mogadiscio (Somalia), in un agguato di cui tuttora non si conoscono responsabili e mandanti, vengono uccisi la giornalista del tg3 Ilaria Alpi e il cameraman Miran Hrovatin: si erano imbattuti nel traffico internazionale di rifiuti tossici e radioattivi in partenza ed in transito dall'Italia. Esplode ad aprile la guerra civile tra etnie hutu e tutsi in Rwanda: i massacri, sulla base di liste etniche preparate da tempo, in poco più di tre mesi fanno 800 mila vittime (soprattutto tutsi). L’Onu, presente nel Paese, resta a guardare. L’11 dicembre, inizia l'intervento militare russo in Cecenia. Qualche buona notizia: il 6 maggio, grazie alle indagini di un giornalista argentino, viene scoperto a Bariloche Erich Priebke, fra i nazisti responsabili della strage delle Fosse Ardeatine. Il 10 maggio Nelson Mandela diventa presidente del Sudafrica. Dopo 46 anni di guerra, il 26 ottobre, Israele firma con la Giordania un accordo di pace.

Il Vaticano dedica particolare "attenzione" alla questione delle donne. La Cdf boccia infatti la traduzione inglese del Nuovo Catechismo perché essa adotta un linguaggio troppo "femminista" ed "inclusivo". Il 22 maggio, con la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis il papa dichiara che "la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale, e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli". La Cdf interviene poi per bloccare la nomina della teologa cattolica Teresa Berger (considerata troppo femminista) alla cattedra di Liturgia della Facoltà teologica di Bochum, in Germania. L'episcopato africano aveva chiesto fin dal 1977 di poter organizzare un concilio africano. Ma ottiene (aprile-maggio ‘94) solo un Sinodo, che per di più non si svolge in Africa, ma in Vaticano, affinché il controllo sui vescovi sia più efficace. Dopo l’omicidio mafioso, il 15 settembre ‘93 a Palermo (il giorno del suo 56° compleanno), di don Pino Puglisi, un altro sacerdote impegnato per il riscatto umano e civile del suo popolo viene ammazzato: è don Giuseppe Diana, freddato dalla camorra il 19 marzo nella sacrestia della chiesa di cui era parroco, a Casal di Principe, nell'agro aversano. Si stava preparando a celebrare la messa.

IL VESCOVO DI CASERTA RAFFAELE NOGARO: "GRAZIE, DON PEPPINO".

 

Che gran morte, don Giuseppe! Grande come la vita gloriosa del Padre. Grande come tutta la redenzione dell'uomo.

Grazie, don Giuseppe! Hai ridato la trasparenza di Cristo alla nostra Chiesa. Hai riscattato il popolo di Dio, che attendeva il sangue del martire per confermare la sua fede.

Grazie, don Giuseppe, perché hai pagato da sacerdote del Signore. La tua morte è quella del Crocifisso, che riceve la condanna della malvagità umana, tesa ad impedire il rifornimento della speranza per la storia.

La tua morte un'esultanza di vita come quella di don Puglisi, come quella del tuo amato mons. Romero. È quella vita nuova che porta il fervore della libertà a tutti gli oppressi.

Il tuo gesto è divino. Anche oggi gli uomini di Dio sanno morire perché tutte le genti "abbiano la vita e l'abbiano pienamente". Avevi appena stilato il manifesto della rinascita "Per amore del mio popolo", quando ti incontrai all'istituto "Mattei" di Caserta, dove la tua voce, contro le organizzazioni del crimine, era ferma e paterna, come quella di un profeta.

Nella tua testimonianza avevo visto una Chiesa nuova, una Chiesa non più compromessa col potere, una Chiesa di Cristo. Una Chiesa della libertà e dell'amore.

E per la libertà del tuo popolo e per l'amore della tua gente ti hanno immolato: "Ecco l'agnello di Dio, che toglie il male del mondo". Come Cristo rendi fulgente la risurrezione dell'uomo, perché la celebri con l'offerta integrale della tua vita, con lo spargimento del tuo sangue.

Grazie, don Peppino, per la grazia infinita della vita, che hai donato a me ed ai miei fratelli.

Grazie, don Peppino, non ti dimenticheremo più, sei il sacramento della nostra vittoria. Sei la primavera dell'amore, che si diffonde stupenda, sulla nostra terra.

(da Adista n. 28/94)

 

MONS. BETTAZZI PREOCCUPATO: RUINI NON RAPPRESENTA CHE SE STESSO

 

26617. IVREA-ADISTA. Quando parla di politica, il card. Camillo Ruini parla a titolo personale e non interpreta l'episcopato italiano. Al massimo può rappresentare il giudizio del papa, dato che da questi e non già dai vescovi è stato chiamato a fare il presidente della Cei. Ad affermarlo è il vescovo di Ivrea mons. Luigi Bettazzi, sul settimanale della sua diocesi Risveglio popolare (15/94). Bettazzi fa riferimento in particolare al repentino volgersi verso destra del cardinale vicario una volta appresi i risultati elettorali, confermando così la tesi di chi vede un’indicazione politica precisa di Ruini nell'editoriale del 3 aprile di Paolo Castiglia su Roma sette (l'inserto di Avvenire, voce del Vicariato). Editoriale che invitava a prendere atto della vittoria di Berlusconi, ricordando anche i suoi meriti circa l'aver "messo in prima linea l'importanza della famiglia" e il non aver "taciuto la tradizione cristiana dell'Italia" (...)(da Adista n. 31/94)

 

LE RICHIESTE DEI VESCOVI AFRICANI. INTERVISTA A MONS. SARPONG

 

26633. ROMA-ADISTA. Parlare di "inculturazione" del Vangelo in Africa vuol dire parlare del destino stesso della Chiesa cattolica nel Continente, della sua possibilità o meno di esistere, della sua capacità di rendere rilevante il messaggio cristiano nella vita dei popoli africani. Ma oggi vuol dire anche parlare di un conflitto latente tra i vescovi locali e il Vaticano, che sulla carta accetta il principio dell'inculturazione, ma nella pratica osteggia, frena e a volte blocca esplicitamente gli esperimenti e i tentativi di creare una Chiesa autenticamente africana. Per capire quali sono i problemi in ballo e quali le speranze dei vescovi africani, Adista ha incontrato, durante uno dei rari momenti di pausa del Sinodo africano in svolgimento a Roma dal 10 aprile all’8 maggio, mons. Peter Kwasi Sarpong, vescovo di Kumasi (Ghana), che è considerato uno dei pastori più impegnati ed esperti nel campo dell'inculturazione. Ecco l'inter-vista che ci ha rilasciato.

D: Il tema dell'inculturazione è forse la questione più complessa che i vescovi africani stanno discutendo al Sinodo. Alcuni padri sinodali, in particolare, hanno sollevato il problema del matrimonio tradizionale africano, che è difficile mettere d'accordo con il matrimonio così come lo intende la Chiesa cattolica. Lei cosa ne pensa?

R: Il concetto di inculturazione può essere spiegato con una domanda: in che modo il messaggio e la vita cristiana possono essere incarnati in una particolare cultura, usando gli elementi di quella cultura, in modo tale da dar vita ad una nuova creazione di Dio? Essa coinvolge dunque tutti gli aspetti del messaggio cristiano: il modo in cui la fede viene trasmessa, la morale, la vita della Chiesa, la liturgia. La Chiesa in Africa sta cercando di far uso della saggezza antica e tradizionale dei nostri popoli per esprimere il messaggio cristiano.

Per quanto riguarda la questione del matrimonio, occorre subito dire una cosa: non si tratta di una questione di dottrina, ma di pratica. Nell'Antico Testamento, alcuni dei grandi uomini benedetti da Dio, come Abramo, Salomone o Davide, erano poligami. Le società africane sono società nelle quali moltissimi uomini praticano la poligamia. La Chiesa oggi, ovviamente, non è favorevole a questa pratica. Ci troviamo dunque di fronte ad un problema pastorale: cosa fare se un uomo, che non e ancora battezzato e che ha due o tre mogli, vuole convertirsi al cattolicesimo? Mandare via le mogli "di troppo"? E poi chi baderebbe ai loro bambini? Come si vede, non è un problema semplice. Alcuni di noi vescovi presenti al Sinodo stanno cercando di spiegare la situazione, in modo tale che si possa formulare una risposta pastorale.

D: E per quanto riguarda il "matrimonio a tappe"? Anche questo, secondo le leggi della Chiesa, non è possibile. Ciononostante, si tratta di una prassi molto comune in Africa, su cui molti teologi stanno riflettendo e su cui hanno chiesto una risposta realistica del Sinodo.

R: Anche questo è un problema serio. In Africa, un matrimonio che non è fertile è destinato a sfasciarsi. Pochissimi matrimoni in cui uno dei due coniugi è sterile durano a lungo. In molti Paesi del nostro Continente, perciò, c'è la tradizione di un matrimonio a tappe: un matrimonio diventa veramente tale quando nasce il primo figlio. Dunque, in teoria, l'uomo convive con la donna quando il matrimonio non è ancora "contratto". Anche in questo caso, la legge della Chiesa è decisamente contraria. Ma cosa è meglio: celebrare comunque il matrimonio, sapendo che magari è destinato a fallire, oppure seguire la tradizione del matrimonio a tappe, sapendo che poi sarà un'unione stabile? Alcuni vescovi sono per questa seconda ipotesi. Tra l'altro, celebrare il matrimonio ad ogni costo, sapendo che il consenso di uno dei due coniugi è condizionato alla verifica della fertilità dell'unione, rende comunque invalido e annullabile il matrimonio stesso. (...)

D: Al Sinodo si è parlato molto anche della necessità di rivedere la formazione dei preti, considerata troppo clericale e, in generale, di ripensare la concezione della Chiesa sui ministeri ordinati. Qual è il suo parere?

(...) R: Davvero troppi preti in Africa peccano di clericalismo e guardano dall'alto in basso la gente, i poveri, le donne, i giovani. Molti fanno pesare la propria formazione, magari hanno studiato a Roma, hanno viaggiato all'estero... Questi non sono veramente a contatto con le persone. (...)

D: Veniamo al ruolo delle donne: le sembra sottovalutato all'interno della Chiesa africana?

R: Nella mia diocesi, come in tante altre, le donne giocano un ruolo molto importante: come catechiste, come presidenti di consigli pastorali, ecc... Se lei poi si riferisce al fatto che le donne non possono essere sacerdoti, beh, è un altro problema, di tipo dottrinario. Una cosa le posso dire: se la Chiesa cattolica decidesse di ammettere le donne al sacerdozio, la cosa sarebbe ben accolta dalla mia gente. Molte donne, infatti, nelle religioni tradizionali, sono sacerdotesse.

(da Adista 33/94)

 

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