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1996 - VINCE L'ULIVO. MA RUINI PRENDE IN MANO LA "POLITICA CATTOLICA"

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

Il presidente del Consiglio Dini conferma (11 gennaio) le dimissioni del suo governo "tecnico". Il presidente della Repubblica avvia così le consultazioni. Il Pds propone di proseguire la legislatura per "fare le riforme". Cioè, per cambiare la Costituzione. Si parla anche di presidenzialismo (malgrado l’opposizione del mondo cattolico democratico e dello stesso Scalfaro, che definirà il presidenzialismo "una minaccia per la democrazia italiana") e Forza Italia si dichiara favorevole ad un governo di larghe intese. Ma sia dentro il Polo (An) che nel centrosinistra (l'Ulivo di Prodi e il Ppi) c’è chi spinge per elezioni anticipate. Naufraga così (16 febbraio) l’incarico "perlustrativo" affidato da Scalfaro ad Antonio Maccanico per verificare la possibilità di un nuovo governo tecnico. Il presidente della Repubblica scioglie perciò le Camere e fissa le elezioni per il 21 aprile. Ricominciano così le grandi manovre elettorali. L’ex premier Dini, che ha fondato "Rinnovamento italiano", annuncia che correrà con l'Ulivo. Prodi cerca l’accordo anche con Rifondazione Comunista. Si chiamerà "desistenza": per non danneggiarsi reciprocamente nella contesa contro la destra, nei collegi uninominali - in presenza di un candidato dell’Ulivo - Rifondazione si impegna a non presentare suoi candidati; e viceversa. Bossi, al contrario, annuncia che non farà alleanze con nessuno. Acuisce perciò il verbalismo secessionista della Lega, insedia a Mantova il "Parlamento del Nord", diserta (2 giugno) le celebrazioni in Parlamento per il 50.mo della Repubblica, radunando i suoi a Pontida con l’intenzione di fondare lo Stato "padano", insediare un Comitato di Liberazione della Padania, creare un "governo provvisorio". Molto fumo, ma - al solito - nessuna sostanza: come il 15 settembre, quando, alle sorgenti del Po, Bossi legge nientemeno che la "dichiarazione d'indipendenza della Padania". Alle politiche del ‘94 concorrono circa 130 partiti, segno di una crisi che il maggioritario, invece che sanare, inasprisce. Alla fine, Berlusconi, che ha condotto una campagna elettorale in chiave anticomunista, esce sconfitto. Passa di misura la coalizione dell'Ulivo formata da Pds, Ppi, Rinnovamento, Unione Democratica (fondata da Maccanico) e Verdi. La borsa non pare spaventata quanto Berlusconi: il giorno dopo i risultati elettorali, sale del 4,9%. Malgrado la sua sbandierata "equidistanza" dai due poli, la Cei di Ruini non nasconde invece il proprio disappunto per la vittoria dell’Ulivo e degli ex comunisti. Prodi, che ha la maggioranza piena al Senato, non ha però alla Camera i voti necessari e ha bisogno del sostegno di Rifondazione Comunista. Non più "desistenza" quindi, ma alleanza. Rifondazione accetta (pur scegliendo di non entrare nell’esecutivo), ma alcuni dirigenti lasciano il partito. Non sarà però il governo che molti attendevano: l’esecutivo assumerà subito una linea pragmatica e "contabilista": dopo una durissima Finanziaria da 60mila miliardi, viene annunciata anche una "eurotassa". Provvedimenti necessari a mettere a posto i conti per "entrare in Europa". Ma non c’è solo il dibattito politico-istituzionale: il 20 maggio viene arrestato il boss mafioso Giovanni Brusca, accusato di essere il mandante dell’attentato del ‘92 a Falcone. Il 9 settembre, al processo a Perugia per l’omicidio Pecorelli, Tommaso Buscetta afferma che il delitto fu organizzato su richiesta dei cugini Salvo "nell’interesse di Giulio Andreotti".

Per tutto l’anno l’Europa è scossa dall'emergenza "mucca pazza". Dall'Inghilterra arriva la notizia (marzo) di persone morte a causa della sindrome di Jakob-Creutzfeldt, contratta da carne bovina infetta. È il panico: crollano le vendite di carne e vengono bloccate le importazioni. Nel mondo, è soprattutto il Medio Oriente ad essere in fibrillazione. Il 20 gennaio in Palestina, prime elezioni legislative e presidenziali. Netto successo di Arafat. Poco dopo, il 3 marzo, Israele e Olp firmano l'accordo di Sharm el Sheik, che prevede il riconoscimento dello Stato di Israele e del diritto a uno Stato palestinese indipendente. Ma sono solo impegni generici. Ad aprile, il parlamento palestinese abroga gli articoli dello Statuto che negavano ad Israele il diritto ad esistere e ne invocavano la distruzione. Ma, in maggio, ennesima doccia fredda sulle speranze di pace: alle elezioni israeliane vince la destra di Netanyahu (in marzo, anche la Spagna, dopo 13 anni, era tornata a destra, con la vittoria del Partito Popolare di Aznar). Il 17 aprile in Brasile 19 Senza Terra vengono trucidati nella strage di Eldorado dos Carajás, in Pará. Il 5 luglio in un laboratorio di Edimburgo nasce la pecora Dolly, il primo mammifero clonato. Il 26 settembre, dopo un lungo assedio, i talebani conquistano Kabul.

Mentre ai vertici della Chiesa italiana il card. Ruini, che il 7 marzo viene confermato dal papa per altri 5 anni alla guida della Cei, consolida la sua egemonia (intensificando il suo pressing sui religiosi paolini), la Chiesa di base trova una nuova voce. Nasce infatti il movimento internazionale "Noi Siamo Chiesa" a seguito di una raccolta di firme, iniziata nel ‘95 in calce ad un appello in cui si chiedeva una profonda riforma della Chiesa cattolica. Iniziata in Austria, la raccolta si era successivamente estesa a Germania, Italia, Spagna, Usa, Olanda, Belgio, Francia, Inghilterra, Portogallo e Canada, raggiungendo lo straordinario risultato di 2.500.000 adesioni. A fine anno, muore uno dei protagonisti della Resistenza, della Costituente, della rinascita democratica del Paese, del movimento cattolico democratico: è Giuseppe Dossetti, che si spegne il 16 dicembre.

 

SACERDOTI VICENTINI AL VESCOVO: MONSIGNORE SARÀ LEI

 

27807. VICENZA-ADISTA. "A quanti sono assetati di carriera e di onori proveremmo grave imbarazzo a predicare l’umiltà se anche noi come Chiesa dessimo la sottile impressione di aver ceduto alla stessa mentalità". L’umiltà è uno dei motivi per cui alcuni presbiteri della Chiesa vicentina hanno rinunciato alla pioggia di nomine di neo monsignori (ben l7) che il vescovo, Pietro Nonis, ha dispensato loro come dono di fine anno.

Sia pure "senza indebite enfatizzazioni" e "nel pieno rispetto di chi pensa e agisce diversamente", in una lettera a mons. Nonis, in cui chiedono l’abolizione della prassi delle onorificenze ecclesiastiche, hanno espresso tutto il loro "disagio" di fronte al contrasto tra questa scelta del "premio" e "alcuni basilari riferimenti biblici, ecclesiologici e di relazione all’interno della comunità cristiana". "Ci sembra - hanno ricordato al vescovo - che il Cristo desideri da noi il senso dei nostri limiti e la consapevolezza di non fare alcunché di eccezionale compiendo i doveri richiestici". E che "almeno nella comunità/Chiesa dovremmo creare un clima in cui ogni fratello, laico o presbitero, venga accolto per quello che è e per quello che può dare, senza discriminazioni e senza classifiche di meriti". "A una Chiesa che si definisce ‘tutta ministeriale’ - hanno spiegato nella lettera - non giova mantenere in auge premi e promozioni, precedenze e onori che danno lustro alle persone piuttosto che mettere nelle condizioni di ‘servire di più’ e di promuovere i diversi carismi nel Popolo di Dio".

Il primo a rinunciare alla nomina è stato il parroco di Trissino, don Bruno Marangon, subito seguito da alcuni insegnanti di teologia del Seminario diocesano: don Diego Baldan, don Luciano Bordignon e don Adriano Tessarollo, delegato vescovile per la formazione permanente del clero, il direttore del settimanale diocesano La voce dei Berici, don Lucio Mozzo, e l’assistente diocesano dell’Azione cattolica, don Antonio Doppio. A loro si sono uniti una trentina di sacerdoti vicentini, ma la lista - si avverte nel post scriptum - poteva essere raddoppiata se ci fosse stato il tempo di interpellarne altri. Hanno sottoscritto la lettera perché condividevano i motivi della rinuncia e soprattutto per chiedere al vescovo di abolire la prassi delle onorificenze ecclesiastiche.

(da Adista n. 5/96)

 

"NOI SIAMO CHIESA": APPELLO DAL POPOLO DI DIO

 

In Austria, Belgio, Francia e Germania donne e uomini cattolici hanno già espresso il loro disagio e la loro sofferenza perché le speranze aperte nella Chiesa dal Vaticano II sono andate in gran parte deluse a causa del tentativo di imprigionarne lo spirito rinnovatore. Proprio per attuare il Concilio, per essere più fedeli al Vangelo e per favorire la riconciliazione ecumenica con le altre Chiese, anche noi, sulla scia aperta dalle nostre sorelle e dai nostri fratelli, lanciamo questo appello chiedendo di appoggiarlo con una firma che diventi segno del-l'impegno personale per il rinnovamento della Chiesa, in obbedienza al messaggio liberante di Gesù:

1. "Ciò che riguarda tutti, da tutti deve essere discusso"

Questo antico principio ecclesiale è disatteso. Perciò noi chiediamo:

- l'istituzione di strutture di comunicazione e di dialogo permanenti, a livello diocesano, nazionale ed internazionale, dove le varie componenti del popolo di Dio, senza preclusioni, possano discutere, con libertà e in ascolto della Parola del Signore, tutti i problemi che riguardano la Chiesa;

- il reale coinvolgimento di ogni Chiesa locale (diocesi) nella scelta del proprio vescovo.

2. "Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli"

Alla luce di questo annuncio chiediamo:

- il superamento della separazione strutturale tra "chierici" e "laici" per una corresponsabilità nella Chiesa:

- un aperto confronto sulla Sacra Scrittura per raggiungere la piena partecipazione delle donne ai ministeri ecclesiali.

3. "Voi siete un popolo santo"

In questa prospettiva:

- si riconosca alle comunità il diritto a celebrare l'eucarestia e ad animare la propria fede in una pluralità non delimitata da regole e Canoni storicamente condizionati;

- si valorizzi il celibato per il Regno di Dio lasciando ai preti la libertà di scelta, dato che il vincolo tra ministero sacerdotale e celibato, imposto dall'attuale legge ecclesiastica, non ha fondamento, né biblico né dogmatico.

4. "Siate misericordiosi come lo è il padre vostro"

In coerenza con questo invito, che privilegia accoglienza e rispetto piuttosto che emarginazione e giudizio, ci sembra giusto:

- rivedere la prassi e la norma che escludono i divorziati risposati dall'eucarestia; restituire al servizio della Comunità i preti sposati.

5. "Maschi e femmine Dio li creò. E vide che era cosa buona"

Questo giudizio sulla creazione fonda una valutazione positiva della sessualità come dono di Dio ad ogni persona e il primato dell'amore sulla "legge naturale". Da ciò, tra l'altro, scaturisce:

- la rivendicazione della libertà di coscienza nel campo della regolazione delle nascite:

- il superamento di ogni discriminazione nei confronti delle persone omosessuali.

6. "Avevo fame e mi avete dato da mangiare".

La fedeltà al Vangelo richiede un coerente impegno della Chiesa cattolica, ad ogni livello, per lavorare in fraternità ecumenica con tutte le Chiese - per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato, dando in questi campi un contributo concreto come Chiesa umile, povera e pellegrina, a fianco di chi lotta per un mondo umano e solidale.

(da Adista n. 6/96)

 

GIUSEPPE DOSSETTI: PER GIUSTIZIA E PER AMORE - di Raniero La Valle

 

Don Giuseppe Dossetti riposerà nel piccolo cimitero di Casaglia di Marzabotto, insieme alla intera comunità martire - un centinaio di persone - che vi fu trucidata dai nazisti il 28 settembre 1945. Nessuno vi era stato più sepolto, dopo le vittime della strage. Ma Dossetti aveva piantato lì il suo monastero, nella solitudine di Monte Sole, accanto al piccolo cimitero rimasto muto dopo la mitraglia e le bombe, e alla chiesa rimasta diroccata e deserta, per custodire una memoria di un evento il cui significato ha segnato tutta la sua vita.

Nel commentare quell'eccidio Dossetti ha scritto che non si era trattato di un semplice crimine di guerra o di una rappresaglia; si era trattato di un delitto rituale e castale, intendendo per castale una concezione che afferma una radicale diseguaglianza tra gli uomini, una differenza non solo razziale, biologica, ma addirittura metafisica, tra gli eletti e i fuori-casta, gli scarti, i discriminati e gli esclusi, tale che l'uccidere può perfino essere praticato come un dovere. Questa idea della diseguaglianza era alla base della dottrina nazista e ricapitolava, nella sua aberrazione, ogni altra diseguaglianza; ma fu anche ciò contro cui si levò la resistenza e si attivò la grande reazione morale che, col dopoguerra, assunse come normativi i valori della pace, dell'eguaglianza e della libertà, dando luogo alla grande costruzione del nuovo diritto internazionale e del costituzionalismo. Perciò Dossetti diceva che la Costituzione italiana, nei suoi principi fondamentali e nell'ispirazione del suo ordinamento, non poteva essere separata dall'evento che le aveva dato origine, né poteva essere sacrificata sull'altare di nuovi calcoli politici. È questa motivazione profonda che ha spinto recentemente Dossetti a rivendicare i valori della Costituzione e a prenderne le difese, fondando i Comitati per la Costituzione, anche quando la sua vita era ormai interamente assorbita nella dimensione religiosa e nella solitudine monastica.

Ma a ben vedere era stata questa stessa percezione di una sfida radicale tra le ragioni della giustizia e dell'amore e la condizione di una umanità percossa e sofferente, che l'aveva spinto a schierarsi nella Resistenza e poi nell'agone politico, per dedicarsi infine, quando questa strada gli parve preclusa, a un totale impegno ecclesiale e spirituale. Nella complessità della sua esperienza Dossetti lascia la testimonianza di una coerenza e di una unità di ispirazione esemplari. Ben pochi potranno attardarsi ancora nell'accusa a Dossetti di integralismo. Quello che invece Dossetti ha mostrato è la possibilità cristiana della politica, immune da interessi di parte, da ragion di Stato, da obbedienze di potere; una possibilità che pertanto può apparire - e di fatto è stata nella lunga stagione democristiana - perdente, ma che nel profondo costruisce alternative e tempi realmente diversi, e forse è l'unica vittoriosa.

(da Adista n. 91/96)

 

 

 

 

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