Uniti o divisi, i cattolici ripartano dagli ultimi Intervista a Giovanni Nervo
Tratto da: Adista Documenti n° 30 del 12/04/2008
In questa campagna elettorale si è parlato molto del voto dei cattolici e delle nuove, molteplici scelte che sono loro offerte. Ritiene che il ritorno ad un partito cristiano centrista sarebbe positivo oppure pensa che la ‘sintesi’ di culture voluta dal Pd possa avere successo?
Il ritorno ad un partito cristiano di centro o la “sintesi” di culture voluta dal Pd sono due scelte legittime di cui il cittadino che vota si assume la responsabilità. La prima scelta guarda al passato: è riproducibile? La seconda scelta guarda al futuro: è da sperimentare. Forse è più vicina alla Lettera a Diogneto: il cristiano anima del mondo. Ma il vero problema è la formazione, sia che i cattolici decidano di ricostituire un partito cristiano, sia che scelgano di disseminarsi in tutte le formazioni politiche. Non basta che il partito si chiami cristiano per essere cristiano. Anzi S. Ignazio di Antiochia dice che è meglio essere cristiani senza dirlo che dirlo senza esserlo. I cattolici, che hanno dato un contributo determinante alla Costituzione e alla costruzione della democrazia in Italia, avevano avuto una profonda formazione nell’Azione Cattolica, nell’Università Cattolica e poi, per iniziativa di Fanfani, nella scuola di partito della Camilluccia, così come il Partito Comunista Italiano l’aveva nella scuola di partito delle Frattocchie. La politica ha perso quota quando è venuta meno la formazione. Ciò vale anche per le amministrazioni locali. Nessuno darebbe la patente di guida a uno che non ha fatto la scuola guida. Per guidare un comune, una provincia, una regione, un assessorato ai vari livelli si presume invece che uno abbia la competenza necessaria soltanto perché ha avuto il consenso del voto.
Cosa significa, oggi, l’autonomia di un politico cattolico? In altri termini: come può un cattolico impegnato nella sfera pubblica riuscire a smarcarsi dalla volontà della Cei di dettare linee e contenuti – e non solo valori – che sembra sempre più evidente?
L’autonomia dell’uomo politico cattolico non è autonomia dalla coscienza. Ha il dovere di formarsi una coscienza retta: in questo ha l’aiuto del magistero della Chiesa. Poi nelle scelte politiche concrete ha il diritto e il dovere di agire secondo coscienza in piena autonomia di responsabilità.
Il tema dell’immigrazione è stato finora relativamente assente da questa campagna elettorale e, quando è comparso, lo è stato solo all’insegna dei toni più retrivi e allarmistici. Quali dovrebbero essere i contenuti di una politica ‘evangelicamente ispirata’ su questo capitolo?
Il relativo silenzio in questa campagna elettorale da parte delle varie forze politiche, ad eccezione delle posizioni emarginanti e talvolta razziste della Lega, è segno di miopia e di paura di assumere le proprie responsabilità di fronte a un fenomeno che cambierà radicalmente la nostra società. Si tratta di creare le condizioni perché i bambini che nascono oggi possano vivere positivamente in una società che troveranno multietnica, multiculturale, multireligiosa.Una politica “evangelicamente ispirata” dovrebbe essere una politica responsabile, che si impegna a governare il complesso fenomeno dell’immigrazione nel rispetto dei diritti fondamentali degli immigrati e degli italiani che li accolgono per il comune benessere.
Sembra che da parte di quasi tutti i partiti si sia rinunciato, in misura maggiore o minore, a mettere la lotta alla povertà al centro dei programmi, all’idea che la politica debba cercare non solo di essere solidale, ma anche di ridistribuire più equamente le ricchezze. Come mai? Dove sono i cattolici?
Purtroppo anche i cattolici spesso sono latitanti. Il compianto Ermanno Gorrieri, nel suo ultimo libro Parti uguali fra disuguali, affermava che il problema più grave in Italia non è la povertà, ma la disuguaglianza. Ne è prova il dato diffuso qualche settimana fa: il 10% delle famiglie possiede il 45% della ricchezza nazionale. Ma per promuovere uguaglianza bisogna partire dagli ultimi. Sono le proposte presentate nel Rapporto 2007 sulla povertà e l’esclusione sociale dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Zancan, Rassegnarsi alla povertà?
Quali dovrebbero essere, secondo lei, le priorità della politica in questa fase? Tenuto conto dell’attuale situazione italiana, europea e mondiale, mi sembra che le priorità dovrebbero essere: a) la famiglia, ma non solo per affermarne i valori dichiarati dalla Costituzione, bensì per creare le condizioni affinché quei valori siano attuati, con la politica della casa, del lavoro, dei servizi per i minori e gli anziani, delle pensioni. Si dovrebbe tendere a creare condizioni per cui sia più vantaggioso sposarsi che convivere, avere molti figli che averne uno solo; b) i giovani, migliorando la scuola, superando il precariato nel lavoro, fornendo centri positivi di aggregazione; c) un piano per la lotta contro la povertà; d) il superamento completo della legge Bossi-Fini sulla immigrazione per favorire un positivo inserimento degli immigrati nel nostro Paese. (a. s.)
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