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COLPISCONO STRANIERI E ROM PER GARANTIRE LA SICUREZZA “DEI RICCHI E DEI POTENTI”: 11 PRETI ATTACCANO IL GOVERNO

Tratto da: Adista Notizie n° 57 del 26/07/2008

34543. ZUGLIANO (VI)-ADISTA. “Siamo fortemente preoccupati di quanto sta avvenendo nel nostro Paese, tanto più nel contesto di un dibattito sulla sicurezza caratterizzato da toni e contenuti che ricordano periodi cupi della storia d'Italia e d'Europa: la decisione di prendere le impronte digitali ai bambini Rom ha suscitato giusta indignazione e ha rivelato ‑ se ancora ce ne fosse stato bisogno ‑ la vera faccia di una politica asservita soltanto agli interessi dei ricchi e dei potenti”. È netta la posizione che 11 preti – don Pierluigi Di Piazza, don Federico Schiavon, don Franco Saccavini, don Giacomo Tolot, don Piergiorgio Rigolo, Andrea Bellavite, don Alberto De Nadai, don Luigi Fontanot, don Mario Vatta, don Albino Bizzotto, p. Alessandro Paradisi – hanno assunto il 4 luglio scorso nella lettera aperta Accoglienza, sicurezza e legalità per tutti: no alle discriminazioni e al razzismo. I firmatari esprimono “preoccupazione e disagio” rispetto al clima politico e culturale che si è creato in questi ultimi mesi intorno al dibattito sull’immigrazione e sui rom, denunciando la costruzione di un “clima di paura”, di cui si è resa “complice una strategia mediatica disattenta alle esigenze dei più poveri”: il governo Berlusconi ha proposto soluzioni “fondate sulla garanzia delle armi e dell’esercito, sulla penalizzazione di alcune categorie di persone e sulla crescita del controllo con la conseguente limitazione del diritto alla riservatezza della sfera personale”. In questo modo – spiegano gli 11 preti – “si alimenta un giudizio negativo nei confronti di tutti gli immigrati irregolari ed un’ombra su tutti gli stranieri, si avallano pregiudizi inaccettabili verso tutti i nomadi e così via”. La lettera rintraccia nell’accoglienza degli stranieri, nella condivisione con i poveri e nella incessante pratica della giustizia i valori evangelici fondanti la vita di ogni cristiano. È inaccettabile che certi provvedimenti “siano varati evocando l’identità e le radici cristiane in modo ideologico, capzioso ed evidentemente strumentale”.

A questo proposito, i firmatari esortano la Chiesa tutta a condannare ogni atto di discriminazione e razzismo, non senza esprimere parole di solidarietà nei confronti di Famiglia Cristiana, all’arcivescovo di Milano, il card. Tettamanzi (v. notizie precedenti), e alla Fondazione “Migrantes”. Ma si vedono costretti ad esprimere anche vivo rammarico nei confronti delle gerarchie: “Non riusciamo a comprendere le parole di compiacimento dei responsabili della Conferenza Episcopale Italiana sul nuovo clima politico esistente nel nostro Paese” (v. Adista n. 47/08), poiché “il dibattito in corso è inquietante per i suoi tratti disumani nei confronti dei diversi, degli stranieri e dei nomadi e per la sistematica identificazione tra i problemi e le persone, tra la soluzione delle questioni ed il rifiuto, la ghettizzazione o l’espulsione”. Un atteggiamento, questo, che tanto più preoccupa in quanto raccoglie consenso “anche in chi si dichiara cristiano e frequenta la chiesa”.

L’aberrazione di fondo – si legge nel testo – sta nel considerare la questione della sicurezza esclusivamente nei termini della “nostra sicurezza”, quando invece è “una condizione che riguarda il diritto di tutte le persone, per il solo fatto che vivono sulla faccia del Pianeta”. “Del male e del bene – chiarisce – possiamo essere tutti protagonisti e responsabili”. L’insicurezza è “strutturale, riguarda i milioni di persone impoverite e affamate, oppresse e sfruttate, vittime della guerra e di violenze tremende, condizioni di cui in un modo o nell’altro siamo complici; mentre pretendiamo sicurezza per noi contribuiamo all’insicurezza di gran parte dell’umanità”.

Gli 11 preti invitano i lettori ad attuare concrete forme di testimonianza del dissenso. Alla Chiesa chiedono di accogliere i suggerimenti del card. Tettamanzi (v. Adista n. 51/08): “Nel momento in cui la Chiesa contesta giustamente il reato di clandestinità dovrebbe contemporaneamente ampliare di molto la disponibilità all’accoglienza nelle tante strutture di sua proprietà; esse potrebbero essere gestite in collaborazione fra volontariato e istituzioni pubbliche, diventando così un’alternativa concreta e sostenibile alla detenzione nei Cpt”. Dal mondo politico, infine, esigono “un’assunzione di responsabilità più seria e adeguata”, “per non favorire, come la legge attuale, la clandestinità” e “per non considerare gli immigrati una forza lavoro necessaria e poi una presenza indesiderata”. (giampaolo petrucci)

 

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