DEGRADO MORALE E CULTURA MAFIOSA: FRUTTI AMARI DA “RADICI CATTOLICHE”
Tratto da: Adista Documenti n° 72 del 18/10/2008
DOC-2049. ROMA-ADISTA. “Questo non è un libro che nasce da una pacata riflessione sulla realtà maturata nel silenzio protetto di una biblioteca o di uno studiolo domestico; nasce da un’esperienza di vita particolare: un lungo e coatto corpo a corpo con i mali di questo Paese. Quando qualcuno talvolta mi chiede che tipo di vita io faccia, sono solito rispondere che frequento assassini e complici di assassini. E in effetti in questi ultimi anni è stato molto di più il tempo che ho trascorso con loro che quello trascorso con le persone normali”. Così Roberto Scarpinato, procuratore aggiunto presso la Procura antimafia di Palermo, ha presentato nel corso di un dibattito pubblico al teatro Quirino di Roma, lo scorso 23 settembre, il suo libro Il ritorno del principe. La testimonianza di un magistrato in prima linea (scritto con il giornalista Saverio Lodato, Chiarelettere, pp. 347, euro 15,60). L’esperienza rievocata da Scarpinato è però ben lontana dai cliché televisivi delle fiction sulla mafia, quella dei casolari diroccati, dei contadini semianalfabeti che mangiano ricotta, cicoria e miele. “Ho dovuto prendere atto – ha spiegato Scarpinato - che non sempre gli assassini hanno i volti trucidi segnati dalle stimmate popolari. Spesso, troppo spesso, sono persone che possiamo incontrare nei migliori salotti”. “Lentamente la linea di confine tra i due mondi, quella delle persone normali e quella degli assassini, ha cominciato a sfumare, fino quasi a dissolversi”. Il libro è un’analisi dettagliata della mafia che si vede e di quella che non si vede, che opera nell’ombra e che non ha bisogno di sporcarsi le mani di sangue. È la mafia di quella “borghesia mafiosa” che controlla le leve della politica e dell’economia e che è tanto più potente quanto più affonda le proprie radici nella mentalità e nella cultura profonda del nostro Paese.
Educata dal Principe di Machiavelli a considerare qualsiasi mezzo lecito in politica, le classe dirigente italiana “è una fra le più predatrici e violente dell’intero Occidente europeo” e ha dato vita a una “criminalità plurisecolare” manifestatasi essenzialmente su “tre versanti: lo stragismo e il delitto per fini politici, la corruzione sistemica e la mafia”.
Tutto ciò, inoltre, non sembra incompatibile con la tradizione cattolica così radicata nel nostro Paese. Anzi: spesso i peggiori criminali e i più corrotti uomini politici si considerano cristiani a tutti gli effetti e non perdono occasione per ostentare le proprie professioni di fede. Come può il Principe essere un buon cristiano? È su questo aspetto che si è soffermato, durante la presentazione del libro, il teologo valdese Paolo Ricca, nell’intervento che qui di seguito riportiamo (il testo non è stato rivisto dall’autore). (emilio carnevali)
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