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QUANDO È LA CHIESA A SFRATTARE

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 90 del 13/12/2008

Un sesto dell’intero patrimonio immobiliare italiano appartiene alle Chiesa cattolica. La stima è del Gruppo Re, una Società per azioni fondata nel 1984 da Francesco Alemani Molteni, che offre consulenza e servizi immobiliari, finanziari e gestionali soprattutto agli organismi della Chiesa italiana. Un patrimonio che per decenni è rimasto quasi inerte ma che da qualche anno a questa parte – dal 2002, da quando cioè il card. Attilio Nicora ha assunto le redini dell’Amministrazione del Patrimonio apostolico della Sede Apostolica (Apsa) – le istituziuoni ecclesiastiche hanno iniziato a far fruttare: aumento dei canoni di affitto, ristrutturazioni, trasformazioni in alberghi e bed & breakfast di vecchi conventi ed istituti religiosi svuotati per il calo delle vocazioni. E anche sfratti, soprattutto a Roma, dove almeno il 20 per cento degli immobili, la maggior parte dei quali nel centro storico della città, appartiene direttamente alla Santa Sede (cioè all’Apsa) e allo Ior (la banca vaticana), ma anche alla diocesi e a circa 2mila fra enti ecclesiastici controllati dalla Conferenza episcopale italiana, istituti e congregazioni religiose, confraternite.

Attualmente sono circa 200 le famiglie sotto sfratto che vivono in case di proprietà ecclesiastica, nessuna per morosità e tutte per fine locazione dal momento che, alla scadenza del contratto, non riescono più a pagare affitti improvvisamente raddoppiati e triplicati. Parecchi potranno stare tranquilli fino al prossimo 30 giugno – solo allora infatti scadrà il blocco degli sfratti ordinato dal governo –, ma diversi di loro sono già alle prese con gli ufficiali giudiziari.
Le gerarchie ecclesiastiche rimangono per lo più in silenzio. Fra i pochi a parlare, mons. Gaetano Bonicelli, arcivescovo emerito di Siena e membro della Commissione della Cei per i Problemi Sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace: dobbiamo fare “un’autocritica perché è inutile parlare di sostegno alle famiglie e poi mancare sull’essenziale". "Nella gestione delle case degli enti ecclesiastici deve essere prioritario l’elemento di assistenza e di servizio pubblico. Meglio ricevere affitti più bassi di quelli di mercato piuttosto che negare una mano a chi non riesce a trovare una sistemazione alternativa”. (altre notizie su Adista n. 39 e 79/07; 7 e 81/08) (l. k.)

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