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PER LE DONNE TORNANO LE DIMISSIONI IN BIANCO

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 90 del 13/12/2008

Si è dovuto attendere l’autunno, con le proteste dell’Onda, per assistere ad un, seppur parziale, risveglio. Infatti, non aveva destato particolare turbamento l’approvazione, in agosto, della legge 133, ossia la manovra finanziaria estiva di Tremonti e Brunetta. Ma anche il risveglio autunnale non ha interessato che una parte del provvedimento: quella riguardante i tagli alla scuola e all’università. E così, mentre da un lato montavano le proteste di studenti insegnanti e genitori, passava invece quasi completamente sotto silenzio un altro ‘taglio’ stabilito nello stesso provvedimento.
Tra le pieghe di una legge che avrebbe dovuto contenere disposizioni di particolare necessità e urgenza -  unicamente a queste condizioni infatti possono essere emanati decreti-legge - si scopre una spiacevole sorpresa: l’abrogazione, prevista dall’articolo 39, della legge 188 del 2007.
Approvata dal governo Prodi, la legge 188 è stata pensata per ostacolare la prassi delle dimissioni forzate ottenute con la firma, al momento dell’assunzione, di una lettera di dimissioni in bianco. Stabilendo infatti che la lettera di dimissioni potesse essere presentata unicamente su appositi moduli forniti dal Ministero del Lavoro, con validità di 15 giorni dalla data di emissione, si rendeva di fatto impossibile questa pratica.
Se si considera che un’indagine dell’Istat effettuata tra il 2002 e il 2003 rivelava che il 7,6% delle donne che hanno interrotto un’attività lavorativa affermavano di essere “state messe in condizione di lasciare il lavoro attraverso proprie dimissioni”, si comprende la portata di un fenomeno che il governo Berlusconi sembra non avere alcuna intenzione di arginare. (I. C.)

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