Un cammino esistenziale verso la verità
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 9 del 24/01/2009
Dopo cento anni dalla nascita, il congresso internazionale “Persona e impersonale: la questione antropologica in Simone Weil nel centenario della nascita” (Teramo, 10 – 12 dicembre) ha posto fine ad uno dei punti più controversi sulla vita della filosofa.
Nel corso del convegno, la testimonianza del prof. Eric O. Springsted della Princeton University ha dissipato ogni ragionevole dubbio: Simone Weil fu battezzata.
Un tema che continuava ad essere ancora dibattuto solo in Italia, dove le biografie più aggiornate e documentate, salvo rare eccezioni, hanno sempre posto in dubbio questa circostanza.
“Per più di venti anni dopo la morte si è pensato che Simone Weil fosse ‘la santa dei pagani’ – così ha iniziato la relazione Springsted –. Visitata dal Cristo, pensatrice profondamente cristiana, la Weil non era stata battezzata ed aveva rifiutato categoricamente il battesimo. O, almeno, così, a torto o a ragione, si pensava a quei tempi”.
In almeno due lettere Simone Weil aveva espresso le ragioni di questo suo forte rifiuto. “Si trattava della paura di appartenere a un gruppo, Chiesa inclusa – continua Springsted –, perché, secondo lei, l’istinto di aggregazione ha la capacità di cancellare il pensiero e l’immaginazione morale”.
Nel 1960, cominciarono a diffondersi voci che sostenevano che lei fosse stata battezzata in extremis da una persona laica. E così fu.
Durante il convegno Eric O. Springsted, presidente dell’associazione Simone Weil degli Usa e pastore battista, ha riportato una conversazione avuta con Simone Deitz, la compagna di Weil a New York e Londra. La Deitz racconta di essere stataproprio lei ad impartire all’amica il battesimo, qualche giorno prima che morisse.
Racconta Springsted: “Deitz chiese a Weil: – E ora sei pronta ad accettare il battesimo? Weil rispose: – Con grande desiderio, sì –. Deitz prese l’acqua dal rubinetto e pronunciò la formula: – Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo –”.
Non è lecito dunque dubitare ancora di questo evento come non è lecito dubitare degli eventi della storia di cui abbiamo testimonianze orali di persone direttamente coinvolte.
“Il fatto è che quello che noi non sappiamo – ha concluso Springsted -e che non ci è dato di sapere, è cosa pensasse la Weil stessa. Riguardo al sacramento e a come fu compiuto, come una grazia di Dio, è da considerarsi valido, a meno che lei non mentisse nella sua professione di fede in Cristo. Il che non è pensabile. Noi non abbiamo alcuna ragione di pensare che lei commise successivamente un’apostasia. Ma mentre il battesimo è valido, questo non elimina le sue precedenti obiezioni, specialmente quelle filosofiche più forti, nelle quali asseriva che la richiesta della Chiesa di un’adesione intellettuale al dogma, come criterio per ricevere il battesimo, fosse illegittima. Non c’è nessuna ragione di pensare che lei abbandonò quelle obiezioni”.
Il tema del difficile rapporto con la Chiesa cattolica, in bilico tra le critiche mai sopite e quella che la Weil considerava, a torto o a ragione la sua “vocazione della soglia”, è stato ripreso anche dal gesuita Piersandro Vanzan.
“Simone cerca – sottolinea Vanzan – benché a tentoni, tutti i significati nelle grandi tradizioni che esprimono a modo loro il mistero dell’universo (racconti, miti, favole, grandi gesta degli eroi, arte, poesia, musica...). Sceglie di ancorarsi col cuore e la mente all’essenza unitaria delle grandi religioni, lasciando da parte i dogmi, le istituzioni, i gruppi ecclesiali, le proclamazioni. Sente il bisogno di attingere al divino per quella via negativa che resta segreta anche all’anima di chi cerca Dio. Perciò le sue opere e la vita stessa sono un’inquietante provocazione, non solo in quanto critica radicale e vigorosa alla cultura moderna, ma anche come sfida feconda di possibili sviluppi anche per la Chiesa”.
“Nei testi weiliani – secondo Vanzan – ci sono frasi e paragrafi interi che“mozzano il fiato”: per la sua umanità lacerata e appassionata (una tradizionale caratteristica giudaica) e per la incisività della sua visione filosofica e sociale. Ma sopratutto colpisce – e forse è la radice di tutto – la sua esperienza mistica”.
“Se sono state date valide spiegazioni circa il battesimo ricevuto dalla Weil – ha sottolineato anche il vescovo di Teramo, presente alla tre giorni – credo che il punto fondamentale da evidenziare sia proprio il cammino esistenziale verso la Verità come esperienza radicale, sino a quando dal ricercare si è scoperta “ricercata” dalla Verità. Le soste ad Assisi e a Solesmes, come gli incontri con il domenicano P. Perrin e il filosofo Thibon, non sono state approdo in un porto al riparo dai flutti, ma ulteriore ragionedi confronto e ricerca, pur sentendosi già “toccata dalla Verità”. La gioia di vivere e la precarietà dell’essere umano sono da lei gustate con “tormento ed estasi” sino in fondo. L’esperienza religiosa, sino ad una forma mistica che molti le riconoscono, al di là delle scelte definitive compiute, ce la consegna ancora oggi come una persona capace di non aver paura della Verità, anzi affamata e assetata di Verità. E basterebbe questo per presentarla ai nostri contemporanei come persona con cui ci si deve confrontare, per riscoprire valori e stili di vita non certo di moda ai nostri giorni”.
Quella di Simone Weil è una figura che sfugge ad ogni catalogazione, una pietra d’inciampo per le ideologie, i massimalismi contrapposti, le cadute della cultura postmoderna.
Comunista e anticomunista, agnostica e mistica, pacifista e battagliera, intellettuale e operaia, Simone esercita un deciso fascino sulle culture occidentali e orientali a testimonianza della sua “vocazione” interculturale e interreligiosa: “...tradirei la verità... se abbandonassi la posizione in cui mi trovo sin dalla nascita, cioè il punto di intersezione tra il cristianesimo e tutto ciò che è al di fuori di esso”.
Insegnante di liceo, militante sindacale, attivista politica di sinistra, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti di Francisco Franco, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine impegnata a Londra a lavorare per la Resistenza, la vita di Simone Weil appare segnata dal profondo rigore morale e dall’estrema coerenza tra pensiero e azione. Una coerenza che portò avanti sino alla fine, quando morì, ad appena 34 anni, nel sanatorio di Ashford.
Per il Ministro per i Beni culturali Sandro Bondi, “sembra che l’uomo abbia perso la sua umanità in un mondo dove vi è sproporzione tra il corpo dell’uomo, il suo spirito e le cose che costituiscono gli elementi della vita umanitaria. Noi viviamo in mondo dove nulla è a misura dell’uomo, e all’interno di questa società, l’uomo sperimenta l’impotenza e l’angoscia. La società è diventata una macchina per comprimere il cuore e per fabbricare l’incoscienza, la stupidità, la corruzione, la disonestà e soprattutto la vertigine del caos. Di fronte a tutte le forme di oppressione, di fronte a questo stato doloroso, Simone Weil fa appello ad un obbligo eterno: quello verso l’essere umano in quanto tale”.
È in particolare proprio sul “rapporto tra persona e impersonale”, una tematica ancora inadeguatamente esplorata nel pensiero della filosofa, che si è incentrato il convegno promosso dal Centro ricerche personaliste di Teramo. Un nodo problematico, essendo la Weil notoriamente critica del concetto e dell’uso del termine persona e nello stesso tempo fortemente attenta ai temi della cura e delle obbligazioni nei riguardi di ogni realtà esistente.
Il convegno ha avuto proprio lo stile weiliano, frutto di unità, sinergie e diversità nelle risposte e analisi plurali: organizzato in collaborazione con il comune, la provincia, l’università, la diocesi e la Società filosofica italiana di Teramo.
Il convegno, ha dato il via, in Italia, alle celebrazioni per il centenario della nascita della filosofa (1909-1943). E dopo una rivisitazione della vita e dell’itinerario di pensiero della filosofa, ha esplorato l’aspetto antropologico, teologico ed infine, quello scientifico-epistemologico delle riflessioni della Simone Weil, mettendo a confronto i risultati delle ricerche degli esperti più accreditati, presenti all’incontro.
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!