CHIESA ORTODOSSA: È “RATZINGERIANO” IL SUCCESSORE DI ALESSIO II
Tratto da: Adista Notizie n° 16 del 14/02/2009
34839. MOSCA-ADISTA. Aksios (degno) hanno gridato i vescovi e i fedeli presenti. E così il primo febbraio, in una solenne cerimonia durante la quale è stata ripetuta l’antica parola della tradizione bizantina per esprimere il consenso del popolo alla scelta del proprio vescovo, Kirill, metropolita di Smolensk e Kaliningrad, e presidente del Dipartimento per gli Affari ecclesiastici esterni del patriarcato moscovita, è il nuovo patriarca di Mosca e di tutte le Russie.
Kirill era stato eletto il 27 gennaio, secondo le procedure precisate dal Concilio episcopale che, alla presenza di 198 su 202 aventi diritto (metropoliti, vescovi diocesani, responsabili di alcuni settori del patriarcato), si era riunito il 25 e 26 gennaio per fissare alcuni dettagli e, soprattutto, per scegliere i candidati ufficiali alla successione di Aleksij II, deceduto il 5 dicembre. La terna era composta da tre metropoliti: lo stesso Kirill (che ottenne 97 voti), il 59enne Klement di Kaluga e Borovsk, responsabile degli affari interni del patriarcato (32 voti) e il 73enne Filaret di Minsk, Bielorussia (16 voti). Con tale “rosa” il 27 si è aperto il Concilio locale, cioè di tutto il patriarcato, composto da 702 delegati: ex officio, alcuni alti responsabili del patriarcato; tutti i vescovi; tre rappresentanti di ciascuna diocesi (di solito un prete, un altro prete o un monaco o monaca, un laico, uomo o donna). I delegati provenivano non solo dalla Russia, ma anche dall’estero – ben 64 Paesi hanno inviato i loro rappresentanti – dove vi sono diverse Chiese ortodosse legate a Mosca. Il Concilio locale – massima autorità della Chiesa russa – aveva il potere di scegliere altri candidati, ma non lo ha fatto; inoltre, proprio all’inizio dei lavori, Filaret ha rinunciato alla sua candidatura. Per essere eletto patriarca di Mosca si deve raggiungere il 50% più uno dei partecipanti al Concilio: la sera del 27 gennaio Kirill ha ottenuto 508 voti, Klement 169. Un’amplissima maggioranza, superiore ai due terzi, ha dunque preferito il “ministro degli esteri” della Chiesa russa come successore di Aleksij. Una scelta da molti data come assai probabile dopo che lo stesso metropolita, alla morte di Aleksij, era stato eletto “locum tenens” del patriarcato.
Una vita da mediatore
Nato a Leningrado il 20 novembre 1946 da una famiglia di sacerdoti – tali erano il padre e il nonno – Vladimir Gundjajev si fece monaco nel ‘69, assumendo il nome di Kirill. Fu segretario personale del metropolita Nikodim di Leningrado, allora “ministro degli esteri” della Chiesa russa. Ordinato prete, studiò all’Accademia teologica della sua città natale e dal ‘71 al ‘74 ha rappresentato la Chiesa russa presso il Consiglio ecumenico delle Chiese di Ginevra; poi, per dieci anni, è stato rettore della stessa Accademia. Consacrato vescovo di Vyborg nel ‘77, fu trasferito a Smolensk nell’84. Nell’‘89 divenne capo del dipartimento che ha diretto fino all’elezione a patriarca. In questa veste ha viaggiato molto e tutte le maggiori assemblee ecumeniche celebrate in questi vent’anni lo hanno visto presente. Nell’aprile 2005 ha guidato la delegazione russa giunta in Vaticano per salutare l’elezione di Benedetto XVI. Con il nuovo papa si è poi incontrato in totale tre volte.
Praticamente, dunque, tutti i capi delle varie Chiese conoscono personalmente Kirill, e perciò – da Ginevra a Canterbury – hanno salutato con favore la sua elezione a patriarca. Adesso, però, tutti aspettano di vedere come si muoverà con Ginevra; con il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I - con il quale Aleksij II e l’allora metropolita avevano in atto un aspro contenzioso, dato il divergente parere sulla giurisdizione di alcune Chiese (come l’Estonia) - e come si muoverà con Roma. Pessime sotto Giovanni Paolo II, accusato di favorire il proselitismo cattolico in Russia e gli uniati (i cattolici di rito orientale, forti soprattutto in Ucraina), le relazioni Mosca-Vaticano sono vistosamente migliorate sotto il nuovo pontificato, sia perché il cardinale Joseph Ratzinger non ebbe parte – direttamente, almeno – alle scelte di papa Wojtyla verso la Russia (come l’istituzione là, di varie diocesi, senza consultazione con il patriarcato), sia perché le tesi ufficiali del patriarcato collimano perfettamente con quelle del nuovo papa per quanto riguarda la difesa delle radici cristiane dell’Europa, l’opposizione alla secolarizzazione e alla modernità, il no deciso al sacerdozio femminile, alla fecondazione assistita, all’eutanasia, ecc. Erano in promettente stadio di preparazione le trattative per un incontro tra il papa ed Aleksij II. Adesso il filo deve essere ripreso ma, vista la conoscenza personale tra il pontefice e Kirill, e la coincidenza di visione teologica (eccetto che sul significato teologico del papato, il che non è affatto un dissenso da poco), molti a Mosca ritengono che la preparazione dell’atteso incontro ripartirà adesso con grande lena.
Tuttavia, rapporti ecumenici a parte (e, anzi, proprio per una loro diversa valutazione), Kirill avrà un gran lavoro da fare anche in patria, dove è forte la polarizzazione sul tema, come anche sul ruolo della Chiesa russa nella società. Il presidente Dmitri Medvedev e il primo ministro Vladimir Putin hanno assistito devotamente all’intronizzazione del nuovo patriarca – avvenuta nella sontuosa cattedrale di Cristo Salvatore – dando così alla nazione un segnale evidente dell’importanza dell’Ortodossia per il Cremlino. Ma un tale intreccio suscita interrogativi perché rischia di ferire la laicità dello Stato e di impedire libertà di azione alla Chiesa russa gravandola di privilegi che, se favoriscono la sua potenza, ne mortificano la profezia.
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