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Immigrazione Contro la legge della crudeltà solo flebili sussurri

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 81 del 18/07/2009

Cerco di dirlo pacatamente, quanto più posso, ma debbo dirlo ad alta voce perché mi accade frequentemente che amiche e amici mi domandino (ed io lo domandi a me stesso) cosa significhi essere cattolico; e ne parlo in pubblico perché oggi più che in tante altre occasioni sento il bisogno di far parte di un gruppo che non accetta di vivere passivamente la storia. E dunque grido: se pensassi ancora, come un tempo, che essere cattolico vuol dire prestare ossequio all’istituzione vaticana (lo stato-Santa Sede, la burocrazia ecclesiastica, il centro di potere che si incarica di tradurre il Vangelo in diplomatichese, sbiadendone il significato), allora preferirei considerarmi cristiano in diaspora, lontano da ogni denominazione. In queste ore, infatti, sono travolto da un sentimento che è più che indignazione o rabbia o sconforto: la parola esatta per qualificarlo è schifo.

Molte delle persone che condividono la mia fede, spesso tormentata e confusa ma non ignobile (spero) nella sua ricerca di coerenza, hanno probabilmente già compreso a quale sciagurato evento mi riferisco. Il Parlamento italiano ha votato l’altro giorno il famoso “pacchetto” sulla sicurezza, e subito tutte le associazioni cristiane che, con competenza e generosità si occupano di migranti, hanno non solo dichiarato, ma mostrato come esso sia del tutto inadatto allo scopo e destinato, invece, certamente, a generare una grande massa di dolori e di problemi; come esso sia, per darne una definizione assolutamente adeguata, non soltanto razzista ma nazistizzante. Ed ecco intervenire il Vaticano. Per confermare la denunzia e assicurare che la Chiesa intera, congregata intorno al suo fondatore, il quale non esitò a identificarsi nei poveri (“Ero straniero e tu mi hai ospitato…”) difenderà in tutti i modi la causa dei poveri giunti fra noi spinti dalla miseria? Nient’affatto: per chiarire, invece, che le critiche al provvedimento non provenivano dalla Santa Sede.

Dichiarazione inoppugnabile. Il Vaticano aveva evidentemente molte altre cose cui pensare. Ma come non essere certi che essa sarebbe stata interpretata come autorevole e quasi definitiva delegittimazione dei dissenzienti? Questa lettura la trasmettono difatti a catena tutti i tiggì e la stampa del governo. La maggioranza sghignazza: vedete? La Chiesa (quella che conta, il Papa e i cardinali) non hanno niente da dire, dunque sono con noi, e i cattolici insorti contro la legge sono i soliti esaltati (o comunisti).

Mi sono occupato per tanti anni, da giornalista, di informazione religiosa e so bene che cosa, a chi gli domandasse perché , risponderebbe il fariseo con lo zucchetto rosso che ha dato ordine di diffondere quella precisazione. Direbbe che una cosa è la Santa Sede, presenza statuale che si occupa di questioni internazionali; e un’altra cosa è la Chiesa articolata nelle sue presenze territoriali e delegata a occuparsi di problemi “locali”; che la Santa Sede, il Vaticano, patteggia i concordati, diffonde principi generali, non interviene pubblicamente in questioni nazionali. Non bisogna confondere – direbbe sorridendo l’alto prelato – diplomazia e profezia.

Naturalmente è così soltanto dal punto di vista formale, almeno per quanto riguarda l’Italia. Siamo in molti, penso, a ricordare con quale pesantezza “alti” abitatori dei “Sacri Palazzi” siano intervenuti sul “caso Englaro”. Se qualcuno si preoccupò allora che la Santa Sede venisse coinvolta nel dibattito in quanto tale, quella volta i farisei in zucchetto rosso si guardarono bene dal dire che il Vaticano non c’entrava… Certi silenzi e certe informazioni non richieste sono manovrate accuratamente, razionalmente, addirittura sapientemente. Ma poiché – è un dato di fatto – la Chiesa o è profetica o è una misera centrale di potere, quando ascolta più la voce della “prudenza” che quella dello Spirito Santo, la burocrazia vaticana rivela una sconcertante aridità di sentimenti, una mancanza di “pietas” che allontana masse crescenti di cattolici e conferma nel loro rifiuto quelli che, spesso dolorosamente, si sono allontanati.

Questa volta, a me pare, il chiamarsi fuori è particolarmente disgustoso perché gravissimo è quanto è accaduto. Non è un fatto “locale”, è un fatto d’importanza universale. Un intero paese, a maggioranza cattolica, almeno nei censimenti, si dà, attraverso il suo parlamento, una legge, intrinsecamente ma con ogni evidenza, anticristiana. Dal 2 luglio 2009 l’Italia potrebbe mutare nome e chiamarsi Cainolandia perché è la legge dell’odio quella che è stata approvata sotto il controllo governativo del voto di fiducia.

Una vena di autentica crudeltà corre per i suoi articoli. Per farne qualche esempio: la puerpera clandestina la quale ricorra a una struttura pubblica sanitaria per partorire non potrà riconoscere anagraficamente il suo bambino (che potrà dunque esserle sottratto e dato in adozione, a questa ferocia neppure Hitler era arrivato!); l’entità delle multe che l’immigrato dovrebbe pagare è fuori dalle possibilità economiche di qualunque lavoratore “manuale”. Non devono arrivare nuovi stranieri e sarebbe bellissimo se anche gli altri se ne andassero o, nel caso rimanessero si decidessero a stare “al loro posto”. Benvenuto in Cainolandia, presidente Obama figlio di un nero; benvenuto presidente Sarkozy, figlio di immigrato… Il Bel Paese è dal 2 luglio 2009 una terra il cui popolo dichiara per legge che un milione di persone deve andarsene immediatamente o rendersi invisibile: comprese, perché il delitto di “clandestinità” riguarda non solo l’immigrazione ma anche il soggiorno, quelle badanti e colf che oggi integrano la vita di tante famiglie. Criminali anche loro: e non conta che molte di loro e le loro datrici di lavoro stiano da tempo cercando una regolarizzazione. Criminali anche i profughi politici. Che c’entriamo noi, con le loro beghe? Se i clandestini non se ne andranno rapidamente (e dove? e come?), se i giudici, magari opportunamente stimolati da delatori in camicia verde, dispenseranno gran numero di condanne, le carceri del nostro paese, già in situazione di collasso, si trasformeranno rapidamente in lager. Così i centri di espulsione. Aumenterà il numero degli aborti. Si aprirà ben presto un conflitto tra le forze dell’ordine, alle quali il governo nega basilari finanziamenti e le ronde degli aspiranti sceriffi, desiderosi di provare i loro muscoli e le loro mazze da baseball sui nuovi sottouomini.

Un popolo che si dà leggi del genere cambia l’antropologia mondiale, tanto più se era ricco di tradizioni di civiltà e di realtà religiose. Il Papa è tedesco e forse non può cogliere in tutta la sua virulenza questa ideologia della paura, questa voglia di far del male a chi involontariamente ossessiona un’insicurezza che è, innanzi tutto, perdita di identità in un mondo in mutamento, questo antico simbolismo pre-cristiano per cui il forestiero è per definizione un nemico. Ma la Santa Sede, il Vaticano e – ahimé – la Conferenza episcopale italiana non possono pensare di avere parlato ai credenti con chiarezza. La preoccupazione di nuocere a un governo amico, a un PdL definito dall’“Osservatore Romano” singolarmente adatto a difendere i valori cristiani, la stessa preoccupazione che ha soltanto bisbigliato la deprecazione ecclesiastica per i festini cavallereschi, anche stavolta è prevalsa sulla necessità della chiarezza. Come avvenne, purtroppo, per il fascismo e per il nazismo, il “Non ti è lecito!” del Battista e di Ambrogio, sembra eccessivo ai porporati benpensanti, i discorsi dei vertici ecclesiastici sono ancora una volta sussurri talmente vaghi che per risultare comprensibili bisogna studiarli a lungo. Potranno forse essere citati come alibi nel futuro. Nell’oggi, accanto al pianto dei respinti, appaiono mormorii timorosi di disturbare.

Ma è venuta domenica. Molti parroci, salendo all’altare, hanno preso impegno, davanti alla loro comunità (o addirittura insieme con la loro comunità) di violare la legge leghista tutte le volte che il Vangelo lo richieda. E noi?

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