IMMIGRAZIONE, DIRITTI, DEMOCRAZIA DOPO ROSARNO. UN DOSSIER DEL SETTIMANALE “RIFORMA”
Tratto da: Adista Notizie n° 14 del 20/02/2010
35448. TORINO-ADISTA. Celebrare i diritti acquisiti ieri per denunciare quelli negati oggi. È questo il senso del dossier Dopo Rosarno. Immigrazione, diritti, democrazia (allegato al numero di Riforma del 12 febbraio), voluto dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei, di cui Riforma, è il settimanale ufficiale), da un lato, per ricordare quelle ‘Patenti Albertine’ con le quali il 17 febbraio del 1848 Carlo Alberto di Savoia concedeva ai valdesi (e agli ebrei) i diritti civili, dall’altro, per sottolineare come nell’Italia di oggi quegli stessi diritti non siano adeguatamente garantiti a milioni di immigrati.
Il dossier allegato a Riforma - la cui direzione è passata, dopo sette anni, da Giuseppe Platone a Luca Maria Negro (negli ultimi nove anni segretario delle comunicazioni della Conferenza delle Chiese Europee e dal 1992 al 2001 direttore dell’agenzia Nev) - raccoglie i contributi di diversi esperti: oltre a un’introduzione a cura di Massimo Aquilante, presidente della Fcei, propone interventi, tra gli altri, di Tonino Perna, economista, Paolo Naso, docente di Scienza politica alla Sapienza, Franca Di Lecce, direttore del Servizio Rifugiati e Migranti della Fcei, Mostafa El Ayoubi, caporedattore della rivista Confronti, Brunetto Salvarani, direttore di Cem Mondialità, Stefano Allievi, sociologo dell’Università di Pavia (copie del dossier possono essere richieste direttamente a Riforma, tel. 011/655278; e-mail abbonamenti@riforma.it). Un “raccoglitore”, come lo definisce Aquilante, che “mentre fornisce degli spunti per ragionare, incoraggia le Chiese a proseguire nel loro impegno e nella loro testimonianza”. “Non si tratta - prosegue - di indulgere al ‘buonismo’ di moda, ma di leggere il fatto dell’immigrazione per come realmente si presenta: quel dato storico che spinge inequivocabilmente verso la ridefinizione del patto che tiene insieme il Paese. Non un ‘contratto’ dal sapore utilitaristico, ma appunto un patto: storie, culture, spiritualità che si assumono la responsabilità di partecipare pariteticamente alla costruzione di una cittadinanza all’altezza dei tempi”. Anche in Italia infatti, come sottolinea Paolo Naso, “l’immigrazione ha assunto ormai da tempo caratteristiche ‘strutturali’: non si tratta cioè di un fenomeno transitorio, marginale o determinato da eccezionali pressioni sociali e politiche come ad esempio era avvenuto per gli albanesi nel ‘97”. Difficile immaginare quindi, che “si possa rinviare sine die l’approvazione di una legge sulla cittadinanza”. “È difficile pensare a un sistema politico che continui a escludere dalla partecipazione politica diretta un numero così alto di soggetti culturali, sociali ed economici senza che questo provochi una vera e propria crisi della rappresentanza e quindi della legittimità democratica delle istituzioni elettive”: “Ignorando questi nodi - conclude - non c’è alcuna politica ma solo rumorosa e distruttiva propaganda”.
“Ad oggi - gli fa eco Mostafa El Ayoubi - lo Stato italiano non ha ancora elaborato un proprio modello d’integrazione sociale per l’immigrazione; l’orientamento politico in materia rimane sostanzialmente di carattere emergenziale di tipo repressivo”. E proprio attraverso questo tipo di politiche, come sottolinea il sociologo Allievi, “una evidente barbarie giuridica, e prima ancora umana, avanza e si fa strada nelle convinzioni e nelle coscienze della gente, oltretutto con la scusa di agire in nome della collettività, e quindi del bene comune”.
Parla esplicitamente di razzismo Franca Di Lecce, paragonando i meccanismi del razzismo a quelli della guerra: “Come la guerra - si legge nel dossier - il razzismo annienta le differenze, semplifica e impoverisce, riduce le persone a numeri, individua un nemico da perseguitare e distruggere. I meccanismi disumanizzanti della guerra e del razzismo sono legati da un filo occulto e pericoloso che è il processo di graduale normalizzazione. Ci si abitua alla guerra e al razzismo a poco a poco: quello che all’inizio sembra intollerabile diviene gradualmente sopportabile, fino a diventare normale. La guerra è talmente crudele che le sofferenze altrui diventano trofei. Oggi in Italia il numero delle persone respinte in Libia, senza che della loro sorte si sappia più nulla, è il trofeo di questa modalità di guerra. Persone in fuga da povertà e guerre vengono rispedite al mittente come pacchi scomodi di cui disfarsi rapidamente. Persone, storie che non conosceremo mai, mentre continueremo a sentire l’ossessivo ritornello ‘meno immigrati, meno crimini’. Poco importa se i dati reali sulla criminalità smentiscono queste dichiarazioni. Poco importa se a minacciare la nostra sicurezza è una politica che usa il linguaggio dell’odio e del disprezzo, per occultare la propria incapacità di garantire la sicurezza. La legge sulla sicurezza - ha proseguito la Di Lecce - è un potente alimentatore di razzismo perché stravolge la logica della convivenza civile e il nostro comportamento come collettività solidale ne risulta tragicamente compromesso. Individuare l’altro come nemico, come minaccia alla nostra incolumità, ci porta a rinchiuderci impauriti nel nostro spazio privato e individuale. Ma uno spazio chiuso non è mai fecondo, diventa sterile e pericoloso per tutti”. (ingrid colanicchia)
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!