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Crisi o tempo di salvezza

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 36 del 01/05/2010

Tanto colpevole silenzio, fino a pochi anni fa, sui casi di pedofilia ecclesiastica. Adesso, in questo che doveva essere l’anno sacerdotale, il segreto si sfalda: sempre più aumentano le notizie non solo di preti condannati per molestie, ma anche di alcuni vescovi sospesi dal loro incarico perché negligenti o indebitamente ‘comprensivi’, ed è triste pensare che forse alcuni di quei vescovi non facevano altro che applicare quanto avevano assimilato negli anni della formazione come dovere sacro: tenere la Chiesa al riparo dallo scandalo…

Chi crede nella Chiesa come comunità e nella logica del Vangelo, chi se ne sente membro, dalla Chiesa pretenderebbe un atteggiamento trasparente (è ingenuità?), perfino indifeso, e dunque profetico. Non un semplice riconoscere in ritardo, a mezza bocca e il meno possibile, qualcosa che la storia ha già cominciato a giudicare per conto suo.

Ora sì, vediamo una parte dell’opinione pubblica dichiaratamente ostile e pronta a soffiare sul fuoco, ma non per questo è lecito dire, come un illustre prelato, che il tutto “è orchestrato contro il papa”, il quale irrita certi ambienti ricordando le esigenze della morale cristiana. È vero che la Chiesa si è autoesposta agli attacchi con il suo tradizionale atteggiamento sospettoso nei confronti della sessualità e con il rifiuto di mettersi in discussione. I pedofili si trovano purtroppo nelle più diverse categorie di persone; ma quando si tratta di religiosi e preti pedofili il giudizio è più spietato, almeno nel senso che coinvolge l’istituzione nel suo insieme. La Chiesa ha avuto e forse ha ancora la tendenza a porre i suoi preti come ‘uomini sacri’, connotati in primo luogo dalla rinuncia all’uso del sesso (sarebbe importante approfondire i rapporti simbolici e pratici tra celibato e potere). Non può non dare scandalo un’indulgenza illecita, protratta per anni, nei confronti di chi aveva commesso crimini sessuali sulle persone più indifese, quando si accompagna a un rigorismo assoluto della morale ufficiale cattolica su tutte le questioni concernenti la sessualità e all’ingerenza in tutti gli ambiti connessi.

Sarebbe evasivo ricercare le cause solo nella debolezza e nel vizio dei singoli o magari nella rivoluzione sessuale o nella secolarizzazione. La Chiesa, prima di indicare cause esterne, deve guardare alle proprie strutture: al centralismo autoritario, alla mancanza di trasparenza, al modo in cui tuttora vengono formati i candidati all’Ordine sacro. Il celibato non c’entra, ripetono affannosamente le voci ufficiali. Forse, non il celibato in sé; ma la formazione al celibato c’entra moltissimo. Non aiuta a realizzare un rapporto sano e sereno con il proprio corpo sessuato né rapporti adulti (paritari, quindi) né un’affettività svincolata dai dinamismi perversi del tipo dominio-sottomissione. Aggiungiamo che ai crimini dei pedofili non rimane estraneo, come causa e come conseguenza, un certo modo irrazionale e superstizioso di intendere la fede, una certa visione di Dio.

Per risalire da questa situazione è indispensabile indagare in modo serio – per mezzo di organismi liberi, accettati ma indipendenti dall’autorità ecclesiastica – sugli episodi di abusi che continuano ad affiorare; scelta che per avere senso e valore dev’essere accompagnata dalla disponibilità a ricercare le cause all’interno. E questa, se sincera e illuminata, è anche disponibilità a riformare profondamente le strutture della Chiesa. Non si può uscire da questa situazione contraddittoria e lacerata, forse la crisi più grave che la Chiesa ha attraversato dall’età moderna, senza riconsiderare a fondo ruolo e fisionomia del prete: già parlare di anno sacerdotale ispira disagio, per noi cristiani l’unico sacerdote della nuova Alleanza è Gesù stesso. Parlare poi di ‘riduzione allo stato laicale’ come punizione per i preti indegni è una cosa talmente offensiva per i laici (anche se, soggettivamente, fosse usata senza alcuna intenzione di offendere) e talmente legata a un’ecclesiologia medievale e tridentina ormai superata, che nessun laico adulto dovrebbe più accettarne l’uso senza reagire.

Infine non si può più prescindere da un reale coinvolgimento delle donne nella vita della Chiesa. Non solo come spose dei ministri ordinati, ma come sorelle e colleghe nel ministero; partecipi di tutte le funzioni magisteriali e di governo e – appunto – di formazione.

 

* Teologa morale

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