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L'unico potere: poter servire

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 15/05/2010

Il 2 maggio alle 6, su Radio1, una notizia da tempo attesa, data in modo davvero inatteso. I Legionari di Cristo commissariati per via della vita equivoca del loro fondatore, Marcial Maciel Degollado, accusato di pedofilia e di vita sessuale non consona al celibato ecclesiastico. Avrebbe avuto donne e figli, abusando perfino di loro. Questo provvedimento era nei desideri di quanti non sopportavano, in nome di un amore alla Chiesa, l'atmosfera di ipocrisia ed omertà che copriva la vicenda. Oggi è la conclusione logica di una visita apostolica alla congregazione da parte di 5 vescovi, designati da Benedetto XVI. La cosa strana è che la notizia è stata data sottolineando che si tratta del "secondo commissariamento pontificio di due ordini religiosi". Il primo sarebbe stato quello dei gesuiti a causa del loro sostegno alla teologia della liberazione, il secondo, appunto quello dei Legionari di Cristo per pedofilia.

Non so che cosa sia passato nella mente della gente con quell'accostamento. Gesuiti in compagnia di pedofili nel creare problemi alla Santa Sede? I due avvenimenti sono distanti nel tempo. La parola "commissariamento" molto raramente è stata sentita pronunciare da un membro della Compagnia di Gesù, ma in pratica è quanto ha avuto luogo a partire dalle dimissioni per malattia del Padre Pedro Arrupe e dal governo di P. Dezza (1981) imposto da Giovanni Paolo II in deroga alle Costituzioni della Compagnia. Tale commissariamento strisciante ebbe fine con la morte del papa che rese possibili le dimissioni del Generale del tempo, P. Kolvenbach. Dimissioni accettate da papa Ratzinger bene informato sui fatti e su quanto aveva determinato quel lungo periodo di prove per la Compagnia di Gesù. Oggi si tratta di ben altro: una congregazione battagliera, sostenuta in alto loco per la sua grinta e la sua intransigenza nella difesa della Chiesa, una congregazione di cui ci si poteva fidare per la sua ortodossia, da molto tempo veniva accusata di avere per fondatore un uomo equivoco ed immorale, e per vertice chi proteggeva il suo comportamento.

Niente in comune tra i due avvenimenti? Il giornalista ha voluto ostentare solo la sua conoscenza storica? Eppure qualcosa paradossalmente accomuna gesuiti e legionari di Cristo. I primi sono stati ritenuti rei di avere appoggiato la Teologia della Liberazione, la teologia di chi voleva liberarsi da un potere assassino, oppressivo per masse enormi di poveri, espressione visibile e consolidata dell'anti‑regno. I secondi erano per dna amici di quel potere che, sotto la scusa di preservare il cattolicesimo dal virus marxista, finiva per svuotare del tutto il messaggio cristiano di ogni anelito di giustizia, verità e pace. I primi pagavano il loro desiderio di liberare i crocifissi della storia con circa 30 "martiri" nel Terzo Mondo (America Latina, prima di tutti), i secondi ricevevano onori e stima e posti di responsabilità nella Chiesa. Per i primi le accuse di eterodossia e di perdita del senso di Cristo ebbero subito accesso nelle Congregazioni Romane; per i secondi, le persistenti accuse trovarono sempre un velo pietoso che copriva, scusava e trasformava i possibili scandali in persecuzione contro la chiesa da parte dei suoi nemici.

Non pensiamo affatto che ci troviamo di fronte a storie passate. Il comune denominatore del commissariamento dei gesuiti e di quello dei legionari è il potere. Chi non lo riconosce come cristiano ("tra voi, l'unico potere è il poter servire…") e vuole liberarsene, e vuole liberarne i figli di Dio, e chi lo cerca questo potere perché solo una Chiesa potente potrebbe annunziare liberamente il Vangelo. Chi lo denunzia e chi lo santifica. Forse è questo il dramma dei nostri giorni. I cristiani si meravigliano della pedofilia di tanti preti e non badano che una consistente sua radice è la voglia, l'esercizio del potere. Gli uomini di potere disprezzano, riducono a cosa i "non‑potenti", i deboli. Li usano come se fossero carne nata per far sentire che essi, i potenti, tutto possono, di tutto possono disporre, sono al di sopra di ogni legge dei comuni mortali. Lo faceva notare di recente il vescovo di Poitiers, Mons Rouet che trova del tutto consenzienti gli studiosi del fenomeno pedofilia. Questo vuol dire molto semplicemente che non si estirperà mai la pedofilia se non si combatte questa voglia di cristianesimo‑potere, di religione civile, di religione come merce di scambio per privilegi politici. La "tolleranza zero" è slogan repressivo e sostanzialmente inutile, come è inutile la pena di morte come deterrente da crimini efferati. Oltre le recenti misure adottate dalle istruzioni pontificie, abbiamo bisogno che si riveda il rapporto della Chiesa e degli uomini di Chiesa col potere. Ce lo ricorda, tra l'altro, e in modo drammatico, la vicenda di Ipazia e Cirillo di Alessandria mostrata al grande pubblico dal film "Agora".

A questo punto ci coglie il dubbio se non sia venuto il tempo non solo di riabilitare la Teologia della Liberazione (cosa già in qualche modo avvenuta con la ignorata seconda Istruzione della Congregazione della Fede del 1986) ma di rivedere evangelicamente il nostro rapporto di credenti, di "piccolo gregge", di uomini che si affidano ad una Verità crocifissa, col potere in quanto tale. Se non sia venuto il tempo di deciderci che tipo di preti aspettiamo in questa penuria: gente che serva ed adori la Vita dovunque essa si trovi? O gente di potere che si impone, esige obbedienza, esclude i "non‑nostri", pronta ad ingaggiare lotte e battaglie ideali e no, collusa coi potenti di questo mondo? Gente che annunzia e costruisce il "regno di Dio"? O gente che con la scusa di Dio costruisce e consolida il proprio regno?

* gesuita e teologo (Istituto Ignatianum - Messina)

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