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DALLA PARTE DEGLI ULTIMI. LAICAMENTE. AL VIA LA CAMPAGNA DELL’8 PER MILLE AI VALDESI

Tratto da: Adista Notizie n° 41 del 22/05/2010

35597. MILANO-ADISTA. Dalla parte dello straniero, dell’orfano e della vedova: “le ‘pietre scartate’ che l’uomo giudica inutili e disprezza e che invece nell’opera del Signore possono divenire ‘pietra angolare’”. Questa la Campagna 2010 per l'8 per mille alla Chiesa Valdese - nelle parole della moderatora Maria Bonafede - presentata l’11 maggio scorso alla Camera del Lavoro di Milano: “Un happening - ha spiegato la Bonafede - con il quale abbiamo voluto ringraziare chi ha destinato l’8permille all’Unione delle chiese valdesi e metodiste, e anche rendere conto di quello che abbiamo fatto fin qui”.

La campagna di quest’anno - Nomadi, Immigrati, Poveri, Precari, Disoccupati. Siamo tutti Fratelli d’Italia - si pone in continuità con l’iniziativa di ‘comunicazione umana’ che la Chiesa valdese ha lanciato alcuni mesi fa, affiggendo in varie città italiane manifesti di grande impatto visivo contro le discriminazioni, i razzismi e i pregiudizi. “Lo scorso anno - ha dichiarato la moderatora -, anche in conseguenza del caso Englaro, erano particolarmente caldi i temi della bioetica e ci parve doveroso ribadire il principio della laicità: che non è indifferentismo o relativismo etico. Significa semplicemente riconoscere che una comunità di fede, per quanto ampia e rilevante qual è il cattolicesimo in Italia, non può dettare le leggi dello Stato che, soprattutto su temi sensibili, devono essere il frutto e la sintesi di un ampio dibattito pubblico. Quest’anno invece l’accento cade sui temi dell’esclusione e del pregiudizio perché siamo preoccupati. Da una parte la nostra società è visibilmente sempre più multietnica e multireligiosa mentre, dall’altra, l’immigrazione viene vista come una minaccia ed un problema. E questa concezione può alimentare comportamenti anche violentemente razzisti. Come per altro la cronaca ci dimostra”.

Una ‘scelta di parte’ evidentemente apprezzata, se si pensa che, stando agli ultimi dati disponibili, che risalgono a quattro anni fa, sono ben 311mila i cittadini che hanno scelto di destinare alla Chiesa valdese il loro 8 per mille: un numero che supera di dieci volte il totale dei fedeli. A determinare questo risultato, come spiegano i dati di un’indagine condotta da GfK-Eurisko per conto della Tavola valdese e presentati nel corso dell’incontro, oltre alla scelta dei progetti da finanziare anche la gestione trasparente dei fondi ricevuti che, se si eccettua un 5% di spese di amministrazione, sono interamente destinati a programmi sociali, culturali e assistenziali in Italia e all’estero.

Fondi destinati ad aumentare considerato che, dopo un iter protrattosi otto anni, per la Chiesa valdese si è aperta la possibilità di accedere anche alla consistente fetta derivante dalle quote non espresse: lo scorso anno infatti è stata approvata la revisione dell’Intesa con lo Stato che fino a quel momento, secondo la volontà espressa dal Sinodo valdese nel 1993, stabiliva che i valdesi avrebbero avuto accesso solo alla ripartizione delle quote espressamente destinate (v. Adista n. 64/09). Una modifica - richiesta dalla Chiesa Valdese fin dal 2001 - tutt’altro che irrilevante tenuto conto che attualmente solo il 40% circa dei contribuenti esprime una preferenza per l’assegnazione dell’8 per mille e che la legge prevede che le quote non espresse siano ripartite tra lo Stato e le confessioni religiose che ne hanno diritto, in misura proporzionale alle percentuali di firme ricevute. “Il meccanismo di ripartizione automatica delle quote non espresse non è lineare - ha spiegato la Bonafede - perché assegna ai vari destinatari (Chiesa cattolica, Stato, altre confessioni) fondi non esplicitamente destinati dal contribuente: per questo in passato avevamo deciso di ‘passare’ la nostra quota allo Stato. Negli anni, però, abbiamo visto che lo Stato non ha fatto un uso ragionato e strategico di questi fondi: da una parte non ha mai promosso l’opzione a suo favore, dall’altra ha finito per utilizzare i fondi senza una precisa strategia e, talvolta, per fini che non potevamo condividere quali, ad esempio, il finanziamento delle missioni militari in Iraq. Il Sinodo ha quindi ritenuto che la decisione ‘per lo Stato’ non fosse migliore e più difendibile di quella di accettare anche i fondi non destinati, ovviamente impegnandoci a farne un uso altrettanto attento e trasparente di quelli ricevuti nel corso degli anni”. (ingrid colanicchia)

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