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NON SI PUÒ CALCOLARE IL PESO DELL’AMORE. I TEOLOGI REPLICANO ALL’ASTROFISICO STEPHEN HAWKING

Tratto da: Adista Documenti n° 76 del 09/10/2010

DOC-2300. ROMA-ADISTA. Dio non serve più, la scienza lo ha espulso da un universo che può benissimo fare a meno di lui. Ma di quale Dio si sta parlando? Erano destinate inevitabilmente a suscitare polemiche le ultime affermazioni di Stephen Hawking, il celebre matematico e astrofisico britannico condannato all'immobilità dall'atrofia muscolare progressiva. Nel suo ultimo libro The Grand Design, di cui il Times ha pubblicato alcuni stralci - che hanno immediatamente conquistato le prime pagine dei giornali -, lo scienziato sostiene che Dio non è necessario a spiegare l’origine dell’universo, in quanto il Big Bang sarebbe semplicemente una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica. “Poiché esistono leggi come quella della gravità - sostiene il matematico nel libro, scritto insieme al fisico americano Leonard Mlodinow - l'universo può essere stato creato dal nulla”. Oltretutto, di fronte alla probabilità che esistano non solo altri pianeti simili alla Terra ma addirittura altri universi, Hawking sostiene che, se l’intenzione di Dio fosse stata semplicemente quella di creare l'essere umano, non avrebbe avuto senso aggiungere il resto.

Secondo l’astrofisico, la scienza sarebbe in realtà sul punto di elaborare una “teoria del tutto”, autosufficiente, in grado cioè di spiegare ogni aspetto dell’Universo, conciliando le due teorie su cui si fonda la fisica moderna, fino ad oggi considerate fra loro incompatibili: la relatività generale fondata da Albert Einstein, che spiega il comportamento degli oggetti di grandi dimensioni (stelle, galassie, ammassi di galassie, ecc.) presenti nell’Universo, e la meccanica quantistica fondata da Max Planck, che invece permette di comprendere il mondo atomico e subatomico (molecole, atomi, elettroni, quark, ecc.). Si tratta della cosiddetta M-Teoria, dove la M, per stessa ammissione del fisico teorico Edward Witten, che è stato il primo a proporla, potrebbe stare per “membrana”, “magia”, “matrice”, “madre” o “mistero” (ma che, a causa della presenza di “membrane” cosmiche su cui si muoverebbero gli universi, è stata denominata “Teoria delle membrane”): un unico schema concettuale che combina le cinque varianti della teoria delle superstringhe, l’unica che sembra mettere d’accordo la meccanica quantistica e la relatività generale, dando una risposta più precisa e convincente al problema relativo all’origine dell’Universo. “La M-Teoria - scrive Hawking - è la teoria unificata che sognava Einstein. Il fatto che gli esseri umani, che sono collezioni di particelle fondamentali, siano arrivati così vicini a comprendere le leggi che governano noi e il nostro universo è un grande trionfo”.

Scontate le critiche allo “sconfinamento” di Hawking in campo filosofico. La scienza – ha dichiarato per esempio il rabbino capo inglese Jonathan Sacks sempre sul Times (3/9) - disarticola le cose per vedere come funzionano. La religione le unisce per vedere cosa significano. Sono due imprese intellettuali distinte. Addirittura occupano differenti emisferi del cervello”. Secondo il teologo e filosofo delle religioni Andrés Torres Queiruga, le affermazioni dello scienziato oltrepassano il terreno della fisica, in cui le sue competenze sono indiscutibili, per entrare in quello della filosofia, in cui lo sono molto meno: “L’affermazione che il nulla è l’origine dell’universo – dichiara in un’intervista rilasciata a Faro de Vigo – è filosoficamente insostenibile”: dal nulla non può nascere nulla. Scienza e filosofia sono compatibili solo nella misura in cui l’una non invade il campo dell’altra: pensare che il metodo scientifico possa dare una risposta alla domanda sull’esistenza di Dio sarebbe “come pensare che la fisica possa un giorno determinare il peso dell’amore. Si tratta, semplicemente, di una questione senza senso”.

Tuttavia, secondo il gesuita e scrittore spagnolo Pedro Miguel Lamet, “la visione del mondo che le scienze ci offrono ci aiuterà a purificare la nostra immagine di Dio e la sua relazione con il mondo, cioè a promuovere una nuova concezione dell’azione creatrice di Dio in un universo dinamico ed evolutivo, pur nella consapevolezza che nessuna immagine sarà definitiva”: “Io - afferma - non concepisco un Dio fuori di me e dell’universo, come se da una nube avesse deciso di creare il mondo”. E se, per il gesuita, Hawking si richiama “a un concetto di divinità molto infantile”, per il teologo Antonio Duato (Atrio 6/9) l’unica conclusione a cui possono condurre le affermazioni di Hawking è quella del “non intervento di Dio dall’esterno della realtà fisica per stabilirne o modificarne le leggi di funzionamento”.

Di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, l’intervento di Pedro Miguel Lamet tratto dal blog cristiano ed ecumenico Camino misionero (3/9). (claudia fanti)

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