Nessun articolo nel carrello

Macchina assassina

- È morto l'ex ammiraglio Emilio Eduardo Massera, uno dei sanguinari protagonisti della dittatura argentina

Tratto da: Adista Contesti n° 92 del 27/11/2010

Tratto dal quotidiano argentino “Página12”  (9/11/2010). Titolo originale:  “Murió el Mengele de la última dictadura” 

Disse che era sicuro solo di una cosa: “Quando la cronaca comincerà a sparire e la storia si farà più nitida, i miei figli e i miei nipoti pronunceranno con orgoglio il nome che ho lasciato loro”. Così volle difendersi 25 anni fa Emilio Eduardo Massera durante il Processo alle giunte militari argentine. Fu condannato all’ergastolo per omicidio aggravato, privazione illeggittima della libertà, torture e furti. Nato a Entre Ríos 85 anni fa, l’ex ammiraglio è morto ieri a Buenos Aires mentre era ancora sotto processo per nuove accuse. La storia, in un senso diverso da quello che voleva, si è fatta più nitida.

L’indulto di Carlos Saúl Menem lo scarcerò nel 1990. Riacquistò la libertà ma la perse nuovamente nel 1998 quando fu processato per sequestro di minore. Delle leggi di Punto Finale e Obbedienza Dovuta volute da Raúl Alfonsín – lo stesso presidente che mise fine in Argentina al ciclo di aministie annullando l’autoamnistia militare e chiedendo il procedimento contro le Giunte – non beneficiarono gli ex comandanti ma i capi intermedi come Jorge Acosta, Alfredo Astiz, Juan Carlos Rolón, Jorge Perrén e Antonio Pernías.

Massera poteva morire ieri senza alcuna condanna, ma il 31 agosto scorso la Corte Suprema di Giustizia ha confermato le sentenze dei tribunali inferiori che avevano stabilito l’incostituzionalità dell’indulto di Menem. Se l’indulto non era costituzionale, resta allora in vigore la condanna originale del 9 dicembre del 1985.

La Corte ha detto che secondo il Diritto internazionale deve essere considerato “l’obbligo dello Stato argentino non solo di indagare ma di punire i crimini aberranti, dovere che non poteva essere soggetto a eccezioni”. L’indulto agli imputati non si conforma al Diritto perché violerebbe il dovere internazionale di indagine. Quanto all’indulto ai condannati, come nel caso di Massera, secondo la corte ciò implicherebbe sottrarsi all’obbligo di punire quando gli organi giudiziari di uno Stato hanno trovato prove sufficienti per la condanna.

La macchina assassina

 

Impetuoso, seduttore, donnaiolo, capace di immaginare alleanze con il socialismo europeo o di cercare la cooptazione dei dirigenti montoneros, Massera fu una macchina assassina e politica dentro un’altra macchina assassina e politica quale fu il Processo di Riorganizzazione Nazionale che prese il potere il 24 marzo del 1976.

Gli studiosi non sono d’accordo nello stabilire se la macchina più grande, quella del Processo, si propose intenzionalmente i risultati che raggiunse: massacri, frammentazione sociale, deindustrializzazione e danno per l’agricoltura, finanziarizzazione, diminuzione della partecipazione dei lavoratori al reddito nazionale e diminuzione del loro potere di negoziazione nella lotta per la distribuzione di questo reddito.

In un saggio scritto a caldo, nel 1979, l’economista Adolfo Canitrot parlò di un gigantesco processo di disciplinamento sociale.

Oltre alle intenzioni o a un piano scritto, la trasformazione sociale dell’Argentina parla da sé.

Che fenomeno rappresenta Massera? Nel suo caso, non ci sono dubbi che, in parallelo alla marcia della dittatura, lui sì fosse parte di un piano politico esplicito e intenzionale.

Tanto burocrate della morte come Jorge Videla o Orlando Ramón Agosti, suoi compagni della prima giunta della dittatura, l’allora Ammiraglio Zero, come lo chiamavano i patotas della Scuola di Meccanica della Marina (Esma) e lo soprannominò il giornalista Claudio Uriarte, che intitolò così la biografia di Massera, l’allora capo della Marina volle aggiungere un valore extra. Trovò la sua identità come dirigente politico a partire dalla dittatura: di più, al suo interno.

Raccoglieva meriti per questo. Giovane ufficiale antiperonista prima del golpe del 1955, venti anni dopo arrivò ad essere interlocutore fidato di Isabel Martínez Perón, presidente dalla morte del marito Juan Domingo Perón il 1.mo luglio del 1974. A questo punto già si era legato a un circuito chiave su scala mondiale del potere: l’organizzazione fascista P2 che cercò di infiltrarsi nella massoneria italiana, finendo ripudiata da questa, ottenendo la gestione di importanti aspetti decisionali in Vaticano, nella Giustizia italiana, nei servizi di intelligence e nella finanza occulta. I due centri nevralgici della P2 fuori dall’Italia erano in Brasile e Argentina.

Ieri pomeriggio, alla notizia della morte, il sopravvissuto alla Esma Víctor Basterra ha ripetuto un’altra volta la sua incredibile storia che prova che nulla di quanto appena detto è inventato. Basterra, sottoposto a torture e ridotto in schiavitù nella Esma, ha raccontato che fu obbligato a realizzare quattro passaporti falsi per Licio Gelli, capo della P2. Decorato da Perón su richiesta dell’allora ministro degli esteri Alberto Vignes, nel 1973, Gelli fu garanzia di continuità affinché le strutture del potere mafioso edificate sul finire del governo di Isabel potessero essere in vigore nel regime che cominciò nel 1976. E il garante del garante si chiamò, in Argentina, Emilio Eduardo Massera.

Basterra ha raccontato ieri il suo dolore per il fatto che Massera non sia morto in una prigione comune, che sia morto senza una sola condanna per sequestro di minore, tra le tante accuse a suo carico. Ha raccontato anche perché in un momento di schiavitù decise di mettere insieme delle prove. “Mi lasciavano uscire e io sapevo come violare alcuni messaggi criptati, così che portavo prove importanti”, ha detto. Ha raccontato che lo ha deciso quando i suoi compagni gli dissero: “Non ci libereranno da loro dall’alto”.

La Esma fu uno dei tre grandi campi di concentramento dell’Argentina, il più grande controllato dalla Marina. Gli altri due erano sotto il comando diretto dell’Esercito: La Perla a Córdoba e la sede degli Istituti Militari a Campo de Mayo.

I tre costruirono proprie forme di relazione con settori civili e tanto investigatori come militanti politici e dirigenti dei diritti umani parlano sempre più di “governo civil-militare” per riferirsi al regime che governò tra il 1976 e il 1983. La storia di questo regime non sarebbe fedele ai fatti se il presunto carattere pittoresco di Massera oscurasse la trama del potere che incluse nelle sue relazioni dai grandi imprenditori ai dirigenti del peronismo, il radicalismo, il socialismo democratico e il comunismo, in questo caso per decisione propria e sotto impulso della stessa Unione Sovietica.

 

Il progetto

 

La peculiarità della costruzione di Massera si basò su alcune caratteristiche specifiche.

Tentò la costruzione di un masserismo che, ovviamente, lo vedesse come leader.

Come gli altri comandanti, si avvicinò a dirigenti sindacali mentre l’apparato repressivo annientava i delegati di fabbrica, i dirigenti intermedi e puniva con la sparizione di Oscar Smith la prima sfida dei lavoratori alla dittatura. Ma nel suo caso non fu solo un calcolo di contenimento delle proteste operaie ma anche il tentativo di un progetto per il futuro.

Cercò di consolidare una forza sua, il partito per la Democrazia Sociale.

Come un Josef Mengele della politica, provò a costruire un laboratorio. Sperava che attraverso il terrore, la negoziazione, la perversione e l’uso dell’umanissimo istinto di sopravvivenza fosse possibile, primo, venire a conoscenza di ciò che pensava la guerriglia montonera e, poi, la conversione di alcuni dei suoi quadri. Non ce la fece. Tranne due o tre casi, i prigionieri della Esma sottoposti a schiavitù non si convertirono agli squadroni e, quando arrivò il momento, ogni sopravvissuto si trasformò in testimone contribuendo a che la società conoscesse cosa era avvenuto, chi erano stati i luogotenenti dell’Ammiraglio Zero e come funzionava da dentro la macchina assassina.

Nella distribuzione militare dei ruoli la Marina di Massera non ottenne il sospirato Ministero dell’Economia, che l’esercito si riservò per garantire un tandem tra Videla e Martínez de Hoz. Massera ottenne in cambio, tra le altre leve del potere, il controllo del Ministero degli Esteri e del Ministero del Benessere Sociale che si è poi articolato con l’Ente autarchico Mondiale 78, sotto la responsabilità dell’ammiraglio Alberto Lacoste. Il ministero degli Esteri funzionò come un prolungamento dell’Esma.

I membri della Marina Oscar Montes e César Guzzetti si sono succeduti alla guida del Ministero delle Relazioni Estere quando iniziò l’operazione Condor di collaborazione tra le dittature del Sudamerica in materia di scambio di informazioni, prigionieri e di bambini rapiti. Il numero due, il capitano Gualter Allara sarà controammiraglio delle Operazioni Anfibie nello sbarco che porterà nel 1982 alla Guerra delle Malvine.

Arrivato al Ministero degli Esteri con la Rivoluzione del 1955 Federico Barttfeld fu l’alfiere di Massera in un gruppo di diplomatici di carriera. Scomparso nel 2009, Barttfeld apparteneva alla P2 come Massera, Gelli e l’allora capo della repressione nella Capitale federale e nella provincia di Buenos Aires, il generale Carlos Guillermo Suárez Mason. Quando il primo ambasciatore della Giunta a Caracas, il radicale balbinista (dal nome di Ricardo Balbín, una delle figure più importanti dell’Unione Civica Radicale, ndt) Héctor Hidalgo Solá, fu chiamato a Buenos Aires e ucciso, Barttfeld prese il suo posto a Caracas.

Quella costruzione che sommava politica e intelligence militare spiega come vestigia di masserismo appaiano ancora nella politica attuale. Finito il ciclo masserista nella Marina - dove, al contrario del suo collega dell’Esercito Roberto Bendini con il ritratto di Videla, l’ammiraglio Jorge Godoy fece togliere il quadro di Massera senza che Néstor Kirchner lo avesse ordinato - ogni tanto riappaiono esempi del potere di Massera in organi dello Stato democratico. È accaduto durante il menemismo nientemeno che con la Direzione delle Migrazioni, diretta dal capitano in pensione Aurelio Za Za Martínez. Con il Ministero dell’educazione di Mauricio Macri, occupato dal masserista Abel Parentini Posse. E con l’ambasciata del Venezuela occupata per designazione di Eduardo Duhalde, Carlos Ruckauf, Esteban Caselli e Martín Redrado, dall’ambasciatore di carriera Eduardo Sadous. Come giovane diplomatico Sadous era stato collaboratore di Vignes e poi, durante la dittatura, di Gelli quando questi operava in Italia dall’ambasciata argentina a Roma.

Altri quadri del masserismo finirono in imprese private. Fu il caso di Jorge Radice, socio di Rodolfo Galimberti fino alla morte di quest’ultimo, e di Ricardo Cavallo che diede vita a aziende tecnologiche in Messico prima di essere estradato in Spagna e poi finalmente in Argentina.

Alcuni di questi ufficiali parteciparono a un’altra parte del progetto masserista (che non fu esclusivo della Marina ma metodo condiviso da altre forze e comandanti): il sequestro dei beni dei prigionieri. Uno dei casi che ha avuto più risonanza è quello di Chacras de Coria, proprietà di Victorio Cerutti, obbligato a vendere i suoi beni come il suo avvocato, Conrado Gómez. I due furono sequestrati nel 1977.

Invece di svanire, la storia si fa sempre più nitida.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.