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«Defraudare gli operai»: un peccato che grida vendetta

Tratto da: Adista Notizie n° 5 del 29/01/2011

Nel Catechismo della Dottrina Cristiana (pubblicato da Pio X) c’è un elenco di virtù, vizi e peccati tra i quali mi hanno sempre colpito «I quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio: omicidio volontario; peccato impuro contro natura; oppressione dei poveri; frode nella mercede agli operai».

Non so perché molti politici cattolici siano così sensibili quanto ai primi due e dimostrino invece elasticità. apatia e tolleranza quando si tratta degli altri due. Opprimere i poveri e defraudare gli operai è equiparato all’omicidio, il che porta a desumere che in qualche modo chi compie tali azioni sia più o meno come un assassino e cioè un delinquente, oltre che un peccatore.

Mi meraviglia il silenzio di chi dovrebbe gridare “vendetta” (al cospetto di Dio, per carità!) di fronte all’arroganza di chi sta pianificando un’oppressione globale che aumenta la povertà, le disuguaglianze nei confronti degli operai di tutto il mondo in nome del “nuovo”, del mercato.

C’è qualcosa di eticamente inaccettabile nell’atteggiamento di un padrone che si mette davanti a degli uomini che chiedono lavoro imponendo loro condizioni non negoziabili. È un referendum o un ultimatum? Come se il diritto di ogni uomo a vivere una vita dignitosa, fatta di orari umani, di giusto salario, di possibilità di pisciare (ogni tanto), di ammalarsi e fare figli, di poter (perché no?) andare a messa la domenica… non contasse più, come se nulla fosse accaduto dalle lotte di milioni di uomini che hanno preso coscienza di essere uomini e non “organici”, merce, né bestie da soma.

È successo e nulla lo cambierà perché sono cose ormai accettate dalla coscienza comune come normali. Uno ha il potere dei soldi, la proprietà delle fabbriche e quindi ha il diritto di fare quello che gli pare. È roba sua, no?

Anche dei sindacalisti trovano normale questo ragionamento padronale e si affannano a convincere che questa è la nuova frontiera del sindacalismo: accettare le condizioni perché sennò il padrone chiude.

Drammatiche le scene degli operai fuori dai cancelli che litigano tra chi difende il diritto del padrone ad imporre la sua logica feudale e chi si batte come un leone contro un ricatto ignobile. Ce l’hanno fatta! La guerra tra poveri, l’arte sovrana di dividere i lavoratori.

E nessuno sia così irresponsabile da mettere in dubbio il sistema, da criticare questo nuovo Homo turnenses, rivendicare un’altra visione dell’uomo.

Gravissime e immorali le parole dei sindacalisti e del governo che sanciscono che senza “questo” sistema non ci sono neanche i diritti, invece di opporre con forza la questione della dignità dell’uomo prima del diritto del padrone a fare quello che gli pare.

Credo sì che tutto questo gridi vendetta al cospetto di Dio e degli uomini ancora capaci di capire l’impossibilità che questo mondo possa avere un futuro umano se accettiamo che tutta l’Humanitas della storia finisca in pasto a personaggi che si considerano i padroni del destino di milioni di persone e trovano sempre “volenterosi carnefici” disposti ad aiutarli.

E i cristiani? Forse la nostra fede è in pericolo per via dei comunisti o dell’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, forse ci basta che degli atei devoti pronuncino delle parole interessate in difesa della libertà religiosa dei cristiani, forse… Ribellarsi a questa rassegnazione non è solo un diritto: è un dovere morale per chi crede che «la gloria di Dio è l’uomo vivente». E Dio ascolti il grido dei poveri e degli operai.

 

*parroco di S. Angelo in Mercole e S. Martino in Trignano (Spoleto)

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