PER I MOLTI CAMMINI DEL BUEN VIVIR. UNA NUOVA CULTURA DELLA VITA IN ALTERNATIVA ALLO SVILUPPO
Tratto da: Adista Documenti n° 38 del 14/05/2011
DOC-2351. MONTEVIDEO-ADISTA. La «più importante corrente di riflessione generata in America Latina negli ultimi anni»: così Eduardo Gudynas, ricercatore del Centro Latinoamericano di Ecologia Sociale di Montevideo, definisce il Buen Vivir, concetto incorporato nelle Costituzioni della Bolivia (suma qamaña, in aymara) e dell’Ecuador (sumak kawsay, in kichwa) e subito assunto dal pensiero altermondialista come simbolo di un nuovo paradigma di civiltà, gravido di speranze di futuro (v. Adista nn. 20, 77 e 112/09, 12, 24 e 65/10). Dal suo ingresso nelle Costituzioni dei due Paesi andini, molto è stato detto e scritto intorno all’evocativo concetto. Ma molto resta ancora da elaborare e da chiarire. E così, in un numero speciale della rivista America Latina en movimiento (n. 462, febbraio 2011) dedicato al tema (sotto il titolo “Buen Vivir: generando alternative allo sviluppo”), Eduardo Gudynas si incarica di offrire uno sguardo panoramico sull’insieme di idee, ancora in via di elaborazione, inglobate dall’espressione Buen Vivir, in risposta e in alternativa ai concetti convenzionali sullo sviluppo. E lo fa sgomberando il campo da diversi equivoci: il Buen Vivir, sottolinea, non si riduce al sumak kawsay o suma qamaña andini; non esiste neppure un Buen Vivir “indigeno”, in quanto tale categoria «è un artificio che serve solo per omogeneizzare molti e diversi popoli e nazionalità, ciascuno dei quali con la propria concezione del Buen Vivir»; non prevede un ritorno al passato ma la costruzione di un futuro distinto da quello determinato dallo sviluppo convenzionale; né deve essere inteso «come una reinterpretazione occidentale di un modo di vita indigeno in particolare». Al contrario, il Buen Vivir può essere definito - evidenzia Gudyinas - come una piattaforma che serve a raggruppare diverse posizioni, comprese quelle nate all’interno del pensiero occidentale, «ciascuna con la sua specificità, ma coincidenti nella critica dello sviluppo attuale e nella ricerca di cambiamenti sostanziali sulla base di altre relazioni tra le persone e l’ambiente».
Impossibile, infine, non soffermarsi sul ruolo giocato dai governi progressisti, le cui strategie di sviluppo costituirebbero già, secondo alcuni, esempi di Buen Vivir. In realtà, come dimostra Gudynas, tali strategie continuano pienamente ad ispirarsi a un modello di sviluppo convenzionale, come stanno ad indicare chiaramente gli innumerevoli conflitti vissuti, anche in Bolivia e in Ecuador, con l’avanzare delle imprese minerarie e petrolifere. «È necessario fare molta chiarezza - scrive - sul fatto che una posizione impegnata a favore del Buen Vivir implica il superamento dell’estrattivismo. Per il suo impatto sociale e ambientale, tale attività è senza dubbio incompatibile con il Buen Vivir in qualunque delle sue espressioni concrete». Da qui la necessità di una transizione al Buen Vivir scandita da «un bilanciamento tra conservazione e trasformazione in grado di generare un movimento di cambiamento reale, in cui ogni nuova trasformazione prepari un nuovo passo avanti, evitando la stagnazione e imprimendo un ritmo sostenuto di cambiamento».
Di seguito alcuni stralci del lungo articolo di Gudynas, in una nostra traduzione dallo spagnolo (la versione originale può essere letta integralmente all’indirizzo http://alainet.org/publica/alai462.pdf). (claudia fanti)
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!