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Beati i ricchi

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 58 del 23/07/2011

Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti».

Il governo, ormai tragico per gran parte dei cittadini, sicuramente comico a livello nazionale e internazionale tanto da non lasciar più spazio alla satira, ha fatto proprio questo aforisma di Ettore Petrolini. I soggetti deboli sono tartassati, a quelli privilegiati viene chiesto al massimo una tassa sul superfluo. La stangata per questo e i prossimi anni continua non solo a non dare prospettive, ma ad affamare ulteriormente quelle già in difficoltà, tra la goliardia dei ministri che non stimandosi si trattano da «cretini».

Le imprese licenziano, i precari e i giovani non hanno futuro, gli impoveriti aumentano, la ricostruzione nelle zone terremotate e alluvionate è pressoché ferma, gli immigrati, pur necessari, sono costantemente sotto ricatto. Il primo ministro, intanto, cerca codicilli per non restituire il maltolto, e i parlamentari, nominati più che eletti, tengono in scacco il governo facendo man bassa di tutto ciò che capita loro a tiro. La “questione morale” non li sfiora minimamente, stando a quel po’ di marciume che in questo fine regime riesce a trapelare.

La Chiesa dove sta? E che fa? La base, attraverso parrocchie sensibili e istituzioni ad esse legate, sempre più si fa carico della crescente difficoltà economica e culturale con iniziative di solidarietà, alzando la voce, spesso inascoltata anche perché non trova risonanza nei grandi mezzi di informazione, in difesa delle vecchie e nuove povertà e di quelli che subiscono quotidiane ingiustizie. I vertici continuano ad essere attendisti, per salvaguardare i privilegi, in attesa che si definisca il nuovo quadro politico. Eppure non abbiamo alternative. Finché una sola persona soffre, in Italia e nel mondo, noi siamo chiamati a farcene carico perché il Dio di Gesù Cristo è di parte, mai neutrale. Ce lo insegna quella sovversiva di Maria di Nazareth, tutt’altro che remissiva e ieratica. Non è lei a magnificare il Signore (Lc. 1,52-53) che «ha rovesciato i potenti dai troni», che «ha ricolmato di beni gli affamati» e che «ha rimandato a mani vuote i ricchi»?

In questo frangente storico in cui coloro che hanno in mano le leve del potere cercano di riempire la propria borsa, la Chiesa ha il dovere di svuotarla. L’istituzione Chiesa proibisce il preservativo perché questo impedisce di dare la vita; ma allo stesso modo, se non con più vigore e radicalità, non dovrebbe dichiarare immorale il conto in banca in quanto soffoca la vita dei già nati? Chiesa e governo scommettono sulla famiglia, forse più per le kermesse che per un progetto politico serio. In ogni famiglia è sul più fragile che si impostano le scelte e non sono tollerabili i soprusi. Ripartiamo allora dalla tutela e dal sostegno ai più deboli se vogliamo considerare lo Stato come una grande famiglia. Di Giovanni Paolo II si è voluto fare in gran fretta un uomo da porre sugli altari; mi accontenterei che si concretizzasse, pur tardivamente, l’affermazione che troviamo nella sua enciclica Sollicitudo rei socialis: «Di fronte ai casi di bisogno, non si possono preferire gli ornamenti superflui delle chiese e la suppellettile preziosa del culto divino; al contrario, potrebbe essere obbligatorio alienare questi beni per dar pane, bevanda, vestito e casa a chi ne è privo» (n. 31). Liberare la Chiesa dai beni privi di valore artistico, come immobili, ori e altri preziosi, sarebbe una testimonianza forte e chiara di solidarietà e di scelta sensata perché il povero possa vivere. Se non ora, quando?

* Parroco a Bonefro (Cb), direttore responsabile del periodico “la fonte”.

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