SPAGNA: SULLA RIFORMA DEL PARTITO POPOLARE, DALL’EPISCOPATO UNA VOCE FUORI DAL CORO
Tratto da: Adista Notizie n° 13 del 07/04/2012
36616. CIUDAD REAL-ADISTA. «Davvero non ci sono altre soluzioni per creare posti di lavoro? Sembra una falsità che al giorno d’oggi dobbiamo metter mano a usi del passato che hanno portato tanta ingiustizia e sfruttamento ai lavoratori. (…). E se non c’è altro rimedio che applicare oggi queste misure, non si devono cercare compensazioni perché la vita delle persone acquisti centralità?». È indignato il vescovo di Ciudad Real, in Spagna, per la proposta governativa di riforma del lavoro, e in questo mons. Antonio Ángel Algora non fa certo il paio con quello di Madrid, card. Rouco Varela, o con quello di Bilbao, mons. Mario Iceta (v. notizia precedente). E se a Madrid e a Bilbao sono state le associazioni cattoliche del lavoro a firmare la loro contrarietà alla riforma e l’adesione allo sciopero generale realizzato il 29 marzo, andando incontro alle sconfessioni dei rispettivi vescovi, a Ciudad Real è direttamente il vescovo a postare sul web della diocesi, il 18 marzo, il suo rifiuto: «Quello che si sta cercando di fare – scrive – è stabilire un “mercato del lavoro” nel quale i datori di lavoro faranno e disferanno a loro piacimento, dimenticando che l’eventuale “lavoratore” è, anzitutto e soprattutto, persona cui altri hanno dato la vita, che ha necessità di basi familiari e sociali, che non è una mera forza lavoro che si assume o si licenzia unilateralmente», o che si assume per «un lavoro precario di un anno (questo è quello che dice la legge)». «Si ha l’impressione che le società sviluppate siano quelle che concentrano più potere in meno mani e questo non coincide con le aspirazioni di una società democratica avanzata. I leader politici europei prendono le loro misure guidati dall’impellenza senza neanche considerare i rispettivi Parlamenti». «Non so se è folle – conclude – pensare che nelle acque sconvolte della crisi, chi sta pescando sono i più potenti, senza preoccuparsi dell’opinione della società». (e. c.)
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