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«NOI ALIMENTIAMO IL MONDO, L’AGROBUSINESS SE NE APPROPRIA». CONTADINI CONTRO IL DIRETTORE DELLA FAO

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 06/10/2012

36869. ROMA-ADISTA. Per i movimenti contadini di tutto il mondo, la nomina di José Graziano da Silva a direttore generale della Fao (avvenuta il 26 giugno 2011 e divenuta operativa il primo gennaio scorso) era stata senz’altro una buona notizia.

Non che dalla Fao, considerata un costosissimo carrozzone burocratico, i movimenti si aspettassero chissà che, ma la presenza, a capo dell’organismo, del padre del programma “Fame Zero” in Brasile (l’ambizioso progetto di inclusione sociale e lotta alla povertà varato dall’amministrazione Lula ma via via ridimensionato in chiave assistenzialista) avrebbe potuto contribuire – speravano le organizzazioni contadine – a porre la questione della sicurezza e della sovranità alimentare al centro dell’agenda politica. Tant’è che il Movimento dei Senza Terra aveva voluto addirittura rendere omaggio al neodirettore, facendogli dono di un manifesto con l’immagine di suo padre, Josè Gomes da Silva, convinto sostenitore di una riforma agraria in grado di assicurare una giusta distribuzione della terra in Brasile (e al quale il Mst ha intitolato la sua scuola di formazione agro-ecologica in Paraná). Del resto, nel suo libro Calendario do Poder (pubblicato nel 2007) Frei Betto aveva dedicato a Graziano – già ministro per la sicurezza alimentare e la lotta alla fame del primo governo Lula – parole di grande apprezzamento, riconoscendogli l’impegno di tutta una vita a «studiare le disuguaglianze sociali e regionali del Brasile, a decifrare la dinamica economica perversa a cui sono legate, a ricercare nella conoscenza e nell’azione politica le alternative per costruire un Brasile di tutti i brasiliani».

Grande è stata dunque la delusione nel leggere, sul Wall Street Journal del 6 settembre, un articolo di Graziano da Silva e di Suma Chakrabarti, presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Berd), in cui si invitano governi e società a lavorare insieme al settore privato, definito efficiente e dinamico, per risolvere il problema della fame nel mondo, individuando nella presenza di «proprietà piccole e anti economiche» e di «livelli relativamente alti di protezione» agricola il maggiore ostacolo alla produzione e auspicando un incremento degli investimenti privati nell’acquisto di terre. Auspicio tanto più grave, questo, in quanto, dall’inizio della crisi finanziaria nel 2008, il fenomeno del land grabbing – come viene chiamato il processo di accaparramento di terre da parte di investitori internazionali senza il consenso delle comunità che le abitano e che da esse traggono i loro mezzi di sussistenza – è cresciuto del 1000%.

In un’indignata replica all’articolo, alcune delle più grandi organizzazioni internazionali – Via Campesina (di cui fa parte anche il Mst), Grain, Amici della Terra, Etc group, Marcia Mondiale delle Donne, Articolazione bolivariana dell’Alba – sottolineano come Graziano e Chakrabarti occultino «la reale situazione dell’agricoltura e dell’alimentazione» nel mondo: presentando la Russia, l’Ucraina e il Kazakistan come esempi del successo dell’agrobusiness, grazie a cui tali Paesi si sarebbero trasformati nei «principali esportatori di cereali», il direttore della Fao e il presidente del Berd – scrivono le organizzazioni nel loro documento del 14 settembre – «non menzionano mai il fatto che, secondo le cifre ufficiali, nei tre Paesi la produttività è molto più alta nelle terre che si trovano nelle mani dei contadini piuttosto che in quelle nelle mani dell’agrobusiness», ignorando tutti i dati che dimostrano, in Brasile come in Colombia o come nell’Unione Europea, la maggiore efficienza dell’agricoltura contadina rispetto a quella imprenditoriale. Di fatto, «sono i contadini e le contadine a possedere una reale capacità di alimentare l’umanità intera»: la crescita dell’agrobusiness non ha fatto altro che incrementare la povertà, creare disoccupazione, devastare l’ambiente e provocare la crisi alimentare e climatica degli ultimi decenni.

«Ci preoccupano le espressioni irrispettose usate da Graziano da Silva e Chakravarti, nell’invitare per esempio a “fertilizzare le terre con il denaro” o a “facilitare la vita agli affamati del mondo”», scrivono le organizzazioni, mettendo in dubbio la capacità della Fao di svolgere il suo lavoro con il rigore e l’indipendenza necessari di fronte alle grandi imprese dell’agrobusiness ed evidenziando come «ciò di cui oggi hanno bisogno l’agricoltura e il pianeta» sia «esattamente il contrario di quanto propongono» il direttore della Fao e il presidente del Berd: quello che serve è, cioè, il sostegno all’agricoltura contadina, «perché è più efficiente e produttiva, perché ancora assicura almeno metà della produzione mondiale di alimenti, perché contribuisce anche al raffreddamento del pianeta». «Noi contadine e contadini – concludono le organizzazioni – alimentiamo il mondo, l’agrobusiness se ne appropria». (claudia fanti)

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