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COMUNIONE E VALUTAZIONE: I TEST INVALSI E IL MOVIMENTO DI DON GIUSSANI

Tratto da: Adista Notizie n° 20 del 01/06/2013

37176. ROMA-ADISTA. Nei giorni scorsi, le scuole italiane sono state impegnate nei test Invalsi, prove scritte a carattere nazionale che hanno lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti e la qualità dell’insegnamento delle scuole e dei docenti. I quiz sono stati svolti nella seconda e quinta classe della scuola primaria, nel primo e terzo anno della scuola media, nel secondo anno della scuola secondaria superiore.
I test, istituiti con la legge n. 176 del 25 ottobre 2007 (ma all’inizio si trattava di una rilevazione fatta solo su un campione di scuole), riguardano due sole discipline, Matematica ed Italiano, e sono da anni al centro di forti contestazioni da parte del mondo della scuola. Anzitutto perché i test, contrassegnati da un codice a barre seppure formalmente “anonimi”, dal 2008 sono effettuati su tutto il territorio nazionale e i risultati – che afferiscono ad un’anagrafe degli studenti – tracciano in maniera univoca il percorso scolastico di ogni singolo studente (cui il codice a barre è univocamente collegato) e sono raccolti e gestiti da un ente diverso da quello dell’istituzione scolastica di appartenenza, l’Invalsi appunto. Ci sono inoltre forti critiche per il limitato campo (due sole discipline) all’interno del quale vengono valutate le competenze degli studenti. Dubbi sul fatto che una prova articolata sulla base di quiz possa valutare la complessità di un insegnamento, quello della scuola italiana, che tende all’analisi più che alla sintesi, alla complessità piuttosto che al nozionismo ed alla conoscenza sommaria. C’è poi il fatto che l’Invalsi non è un ente autonomo, rispondente cioè a quel criterio di “terzietà” che sempre si pretende da chi valuta qualcosa o qualcuno, ma è una diretta emanazione del Ministero dell’Istruzione, che ne nomina gli organismi dirigenti e ne indirizza l’attività. Come se non bastasse, la normativa vigente prevede la pubblicazione dei risultati dei test, scuola per scuola (in quasi tutti gli altri Paesi europei i dati restano invece riservati), con il rischio di mettere gli istituti in competizione tra loro, o di dividerli in maniera surrettizia e manichea in “scuole buone” e “scuole cattive”, a seconda dei risultati raggiunti.
Ma, soprattutto, ad essere al centro delle polemiche è il rischio che la valutazione venga utilizzata come mero strumento di “razionalizzazione” della spesa, o peggio, di compressione dei diritti e dei salari, di emarginazione per quei docenti o quelle istituzioni scolastiche non ritenute “meritevoli”. La prospettiva – come sembra prefigurare il dpr sul nuovo “Sistema Nazionale di Valutazione” approvato in tutta fretta (e a Camere sciolte) dal dimissionario governo Monti (formalmente in carica solo per l’attività ordinaria) l’8 marzo 2013 – è infatti quella di un sistema scolastico di tipo anglosassone, dove dalla valutazione basata sui test dipende l’entità dei contributi statali destinati alle singole scuole, che in Inghilterra e negli Stati Uniti sono già inserite in un sistema di tipo largamente privatistico. Ma un sistema scolastico del genere, che riproduce ed amplifica le differenze piuttosto che cercare di rimuoverle, fino a che punto è compatibile – si chiedono in tanti – con il dettato costituzionale che all’art. 3 chiede esplicitamente che siano rimossi «gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana»?

Comunione e valutazione
Questo lo stato attuale del dibattito, che ha portato molte scuole, in tante parti d’Italia, a boicottare i test: attraverso lo sciopero proclamato dal sindacalismo di base il giorno dei test; la consegna in bianco da parte degli studenti della scuola superiore; il rifiuto dei genitori di mandare i figli a scuola per svolgere le prove.
A ciò va poi aggiunto il fatto che l’Invalsi è controllato da commissari straordinari e da un comitato di indirizzo da tempo sotto l’egida di Comunione e Liberazione. E con legami sempre più stretti con il mondo economico e finanziario, nazionale ed internazionale. E con la Chiesa. Al vertice dell’ente, istituito nel 1999, si sono succedute personalità dal profilo diverso. All’inizio furono soprattutto pedagogisti, come Aldo Visalberghi, insigne studioso con un passato da azionista e partigiano, Umberto Margiotta, Benedetto Vertecchi, tutti laici e di sinistra; venne poi la volta di una serie di funzionari ministeriali, Giovanni Trainito, Giacomo Elias, Piero Cipollone (cugino, tra l’altro, dell’arcivescovo di Lanciano, Emidio Cipollone, nonché dirigente della Banca d’Italia e rappresentante per l’Italia della Banca Mondiale), fino all’attuale commissario straordinario Paolo Sestito (dirigente di Bankitalia, membro dell’Iza, istituto tedesco di ricerca sull’organizzazione del lavoro nell’economia globale il cui presidente, l’economista Klaus Zimmerman, è consulente della Commissione Europea e della Banca Mondiale in materia di occupazione).
Del direttivo Invalsi fa parte Elena Ugolini, sottosegretaria all’Istruzione durante il governo Monti, già preside del Polo di istruzione privato (e cattolico) Malpighi di Bologna, nonché membro dell’Ufficio di presidenza di Comunione e Liberazione. Lei, riminese di nascita, aficionada del Meeting, da sempre impegnata sui temi della “sussidiarietà” e della “libertà di educazione”, cioè del finanziamento statale alle scuole private, è stata tra le promotrici, nel 2004, di un “Manifesto sull’educazione”, voluto da Comunione e Liberazione come ponte tra il mondo della scuola e le aziende, tra il pubblico ed il privato e che fu sottoscritto da un centinaio di personalità del mondo cattolico e dell’imprenditoria. In esso i firmatari se la prendevano contro una «cultura che ha sistematicamente demolito le condizioni e i luoghi stessi dell’educazione: la famiglia, la scuola, la Chiesa» e si rifacevano esplicitamente al “magistero” pedagogico di don Giussani sintetizzato nel suo libro Il rischio educativo.
Il ruolo di Ugolini all’interno dell’Invalsi è stato tutt’altro che secondario. Dal 2002 Ugolini è infatti membro del Comitato tecnico scientifico dell’istituto e dal 2004 è entrata a far parte del suo consiglio direttivo. Nel gennaio 2007 è stata nominata commissario straordinario Invalsi (assieme al già citato Piero Cipollone e a Paola Reggiani, direttrice della Fondazione Marco Biagi) dall’allora ministro del governo Prodi, Giuseppe Fioroni. Tra le sue deleghe, anche l’attività di formazione del personale docente e dirigente della scuola, connessa ai processi di valutazione e autovalutazione delle istituzioni scolastiche. Si è occupata della stesura dei quadri di riferimento di Italiano e Matematica per la costruzione delle prove Invalsi, ha coordinato il lavoro della prova all’interno dell’esame di Stato del primo ciclo, seguendo la predisposizione e la realizzazione dei test di Italiano e Matematica e la restituzione dei dati alle scuole. Nell’ottobre 2008 è stata infine nominata dalla ministra Mariastella Gelmini membro del Comitato di Indirizzo dell’Invalsi.
Ma Ugolini non è l’unica personalità riconducibile a Comunione e Liberazione la cui carriera professionale si è intrecciata con l’Invalsi. Nel 2008, infatti, l’Istituto chiese ad alcuni “esperti” di riflettere sulle modalità per dare attuazione alle direttive ministeriali in materia di valutazione delle scuole. A far parte del “Gruppo di lavoro Valutazione e Invalsi” furono chiamati Giorgio Vittadini, fondatore e presidente (fino al 2003) della Compagnia delle Opere (braccio economico di Comunione e Liberazione), Daniele Checchi, docente di Economia del Lavoro e Andrea Ichino, docente di Economia Politica. Il loro lavoro produsse un documento in cui il sistema educativo, che doveva fare da supporto allo sviluppo economico, veniva presentato come variabile dipendente dalle esigenze dell’economia di mercato. In particolare, rispetto alla finalità dei test Invalsi in questo quadro di riforma del sistema scolastico, il documento era chiarissimo: «A regime, le prove dovranno essere somministrate all’intera popolazione scolastica delle classi di riferimento»; verrà costituito un «ranking provinciale, regionale e nazionale rispetto a tutte le scuole o alle scuole dello stesso tipo, costruito sulla base della media o della mediana dei risultati dei rispettivi studenti». I risultati delle prove verranno correlati sulla base della «predisposizione di un’Anagrafe Scolastica Nazionale che segua nel tempo tutti gli studenti consentendo di abbinare la loro performance alle caratteristiche delle scuole frequentate e degli insegnanti incontrati, nonché a dati di fonte amministrativa sulle caratteristiche demografiche ed economiche delle loro famiglie». Tutto ciò al fine di «disegnare un sistema di incentivazione che premi i singoli operatori della scuola in funzione del conseguimento di obiettivi relativi agli studenti con i quali essi siano entrati direttamente in contatto». In particolare, per il «reclutamento e rimozione dei presidi sulla base della performance ottenuta» e il «reclutamento e la rimozione degli insegnanti». Fino «all’accorpamento o alla chiusura della scuola». (valerio gigante)

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