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Lettera al vescovo di Roma

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 27 del 20/07/2013

Il documento che riportiamo di seguito, in una nostra traduzione dall’inglese, è stato approvato al termine della riunione della Federazione Europea dei Preti Cattolici Sposati (che riunisce i gruppi di preti sposati di Regno Unito, Belgio, Spagna, Francia, Austria, Germania, Italia), tenutasi a Bruxelles dal 7 al 9 giugno scorsi.

 

Caro vescovo Francesco,

in occasione della sua chiamata a servire la comunità come vescovo di Roma, noi, membri della Federazione europea dei preti cattolici sposati, vorremmo offrirle un caloroso saluto. Guardiamo a lei per la speranza, la gioia e il nutrimento spirituale.Desideriamo condividere con lei una meravigliosa immagine biblica. Nel libro della Genesi, il settimo giorno della creazione, Dio finisce il suo lavoro e vede che non era solo cosa buona, ma molto buona. Abbiamo un’immagine di questo Dio, seduto, che si rallegra della meravigliosa diversità dell’universo, lasciandola crescere e divenire ciò che è nelle sue potenzialità. La “diversità” richiama la nostra attenzione su come il nostro pensiero può essere incarnato. La vita non può sgorgare e svilupparsi in tutta la sua diversità che nei diversi suoli, così differenti da un luogo all’altro.. (…) Per questo chiediamo che il governo della nostra comunità ecclesiale muti da un sistema di potere, con controlli e limiti, a uno che sostiene e nutre la vita della fede nella comunità mondiale in tutte le sue diversità.

Dobbiamo quindi cercare di sviluppare ciò che è stato accennato al Vaticano II: il concetto di collegialità. Il governo della nostra comunità è sorprendentemente ipercentralizzato. Dobbiamo prendere coscienza che è impossibile “microgestire” una comunità che ha una portata universale senza soffocare e opprimere la stessa vita che vorremmo sostenere. Tuttavia bisogna aggiungere che il principio di collegialità è piccola cosa se non è costantemente e rigorosamente collegato al principio di sussidiarietà. Siamo tutti obbligati e chiamati dal battesimo al servizio della comunità cui deve essere consentito di rispondere liberamente e volontariamente, senza restrizioni da parte delle alte sfere della gerarchia.

Il governo della Chiesa deve anche essere rappresentativo della comunità che serve. Abbiamo pensato alla crescita e al nutrimento: nelle nostre famiglie e comunità quale grande contributo è dato dalle donne! Il nostro pensiero va a quell’amorevole immagine del Libro dei Proverbi, quella della “Signora Sapienza” attiva nell’universo e che si rallegra di essere con l'umanità. Dobbiamo immediatamente includere le donne nel governo della nostra comunità. Sono l’incarnazione della Signora Sapienza e hanno così tanto da dare per la nostra crescita nel giardino del Regno di Dio.(…) Osiamo fare un’esortazione: «Abbracciamo tutto ciò che è buono». Troppo a lungo abbiamo ascoltato il linguaggio triste e mortificante del peccato e dei peccatori. Certamente non siamo all’altezza della gloria di Dio. Ascoltiamo allora genitori e insegnanti: se non aiutiamo i giovani a costruire l’immagine che hanno di loro stessi non saranno capaci di fare un lavoro positivo e creativo. Pur lasciando alle comunità ecclesiali nel mondo la libertà di diventare ciò che possono diventare queste devono essere aiutate a vedere il bene che è in loro, per far sì che costruiscano un’immagine solida di loro stesse.

(…)Ci perdoni se offriamo un’altra immagine biblica. Nel Libro dei Re, Salomone può chiedere ciò che desidera: ricchezze, benessere, onore. Egli chiede un “cuore che ascolta” per fare il bene del suo popolo. Il nostro governo purtroppo ha tutto ciò che è stato offerto a Salomone in termini di ricchezza, benessere e potere. Avessimo più semplicità! Ciò che non abbiamo è un cuore che ascolta perché il popolo non ha voce. Quando una voce profetica si esprime sulla nostra mancanza di visione poetica, è spesso brutalmente messa a tacere. Sulla base del principio di sussidiarietà dobbiamo lasciare che la voce della comunità sia ascoltata. Dobbiamo sviluppare le procedure e i meccanismi democratici necessari se vogliamo crescere nel servizio del Regno di Dio. Basta con il manto di segretezza e la totale mancanza di trasparenza nella gestione della nostra comunità!Ci troviamo in una lunga tradizione. Che troppo spesso è stata usata per dire: “Abbiamo sempre fatto così e sempre lo faremo”.

Torniamo all’immagine del Dio creatore che lascia che l’universo cresca e diventi ciò che è nelle sue potenzialità. La Tradizione è uno sviluppo fisiologico e perciò, mentre facciamo tesoro di ciò che di buono c’è stato in passato, dobbiamo avere l’immaginazione per fare un passo coraggioso nel futuro, così come il padrone di casa in Matteo 13 che estrae «cose nuove e cose antiche» dal tesoro del Regno di Dio.Fu Newman a dire: «Qui sulla terra vivere è cambiare, e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni»?Siamo pronti a incamminarci insieme per condividere un ricco e meraviglioso futuro?

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