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Golpe bianchi e attacchi ai diritti. Voci di Chiesa sulla situazione latinoamericana

Golpe bianchi e attacchi ai diritti. Voci di Chiesa sulla situazione latinoamericana

Tratto da: Adista Documenti n° 24 del 02/07/2016

DOC-2794. ROMA-ADISTA. Che i governi progressisti latinoamericani abbiano o meno esaurito la loro funzione storica (v. documento precedente), è certo che a soffrirne la caduta sono in primo luogo i settori più vulnerabili, nell'Argentina della guerra di classe scatenata dal presidente Mauricio Macri con l'obiettivo di annullare qualsiasi misura socio-politica di segno progressista realizzata dal kirchnerismo, come nel Brasile del governo golpista di Michel Temer deciso a spazzare via ogni conquista legata ai governi del Pt o nel Venezuela stremato dalla persistente scarsità di beni primari, dalle lunghe code davanti all'ingresso dei supermercati, dal costante aumento dei prezzi, dalla perdita conseguente del potere d’acquisto, dall'insicurezza, dalla corruzione, come pure dai ripetuti tentativi di destabilizzazione portati avanti da un'opposizione a fortissima vocazione golpista, con l'attiva e onnipresente complicità degli Stati Uniti e l'incondizionato sostegno dei grandi mezzi di comunicazione internazionali. 

Un quadro a tinte fosche a cui ha fatto riferimento anche papa Francesco durante l'incontro del 19 maggio scorso con i membri della presidenza del Celam (Consiglio Episcopale Latinoamericano), esprimendo le sue preoccupazioni per i conflitti sociali, economici e politici in corso in diverse regioni latinoamericane, a cominciare dal Venezuela, dal Brasile, dalla Bolivia e dall'Argentina, non senza lanciare l'allarme sul rischio di «un golpe bianco» in alcuni Paesi. Un richiamo, questo, con cui papa Francesco sembra così aver accolto e fatto sue quelle preoccupazioni dei movimenti popolari rispetto al golpe parlamentare in atto in Brasile che, appena dieci giorni prima, gli erano state espresse dalla giudice Kenarik Boujikian e dalla nota attrice Letícia Sabatella, ricevute a Santa Marta nell'ambito del dialogo permanente stabilito dai movimenti con il papa, considerato un alleato speciale nella lotta per le tre “T”, tierra, trabajo y techo (terra, lavoro e casa). 

Lo schiaffo del papa al governo Macri

Come pure è un segnale di vicinanza nei confronti dei movimenti la nomina a consultore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, l'11 giugno scorso, di Juan Grabois, co-fondatore del Movimento dei Lavoratori Esclusi e della Confederazione dell’Economia Popolare dell’Argentina e artefice, insieme a João Pedro Stédile del Movimento dei Senza Terra del Brasile, dello storico Incontro dei movimenti popolari in Vaticano nell'ottobre del 2014 (replicato nel luglio del 2015 a Santa Cruz de la Sierra e destinato nuovamente a ripetersi). Ed è stato proprio Grabois a commentare l'ultimo gesto eclatante del papa nei confronti del governo Macri: l'ordine trasmesso ai responsabili della Fondazione Pontificia Scholas Occurrentes (una rete mondiale di scuole promossa da Bergoglio in funzione di un'educazione senza esclusi) di rifiutare - come è puntualmente avvenuto il 9 giugno con una lettera diretta al capo di Gabinetto Marcos Peña - la donazione di 16 milioni e 666mila pesos che era stata elargita dieci giorni prima dal governo Macri allo scopo di contribuire al «mantenimento dell'équipe professionale, dell'infrastruttura e dell'equipaggiamento della sede centrale», ma che era stata chiaramente pensata dal governo come un tentativo di colmare la distanza con l'attuale papa. Il quale tuttavia ha subito fatto presente alla direzione della Fondazione che, a fronte delle tante necessità del popolo a cui il governo argentino deve dare risposta, «la Chiesa non ha diritto a chiedere un centavo» (Página/12, 13/6). 

Secco il commento di Grabois: chi «pensa che dando soldi, soprattutto fondi pubblici, a una fondazione, scuola, ong, cooperativa o organizzazione popolare in quanto direttamente o indirettamente vincolata al papa stia facendo un gesto verso Francesco è realmente stupido, oltre che corrotto e prevaricatore».

Il papa, tuttavia, non è certamente il solo a esprimere preoccupazioni riguardo alla situazione dell'America Latina: tante sono le realtà ecclesiali, e non solo di base, a prendere duramente le distanze dai governi conservatori (nel caso brasiliano, anche golpista) che si stanno imponendo nella regione o a denunciare tanto gli errori dei governi progressisti quanto i tentativi di destabilizzazione ai loro danni. Vi proponiamo, l'ultima delle dure lettere informative diffuse a ritmo quindicinale dal Grupo de Curas en la Opción por los Pobres dell'Argentina (www.curasopp.com.ar, 17/6); la denuncia dell'articolazione delle Pastorali dei Campi (di cui fanno parte il Consiglio Indigenista Missionario, la Commissione Pastorale della Terra, il Consiglio Pastorale dei Pescatori e il Servizio Pastorale dei Migranti) nei confronti dello smantellamento, da parte del governo Temer in Brasile, dei diritti conquistati in un lungo processo di lotte (www.cptnacional.org.br, 7/6); la nota delle Religiose del Sacro Cuore sulla quotidiana resistenza della popolazione venezuelana (Redes Cristianas, 6/6) e quella di Lisa Sullivan, già missionaria di Maryknoll, attualmente coordinatrice per l’America Latina dell’Osservatorio sulla Scuola delle Americhe e attiva in Venezuela da quasi 30 anni (CounterPunch, 20/5).

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