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Gorizia: capo scout gay “sfiduciato”  dal parroco. Ma da diocesi  e Agesci nessuna condanna

Gorizia: capo scout gay “sfiduciato” dal parroco. Ma da diocesi e Agesci nessuna condanna

Tratto da: Adista Notizie n° 28 del 29/07/2017

39042 STARANZANO (GO)-ADISTA. Il 3 giugno scorso, al Consiglio Comunale di Staranzano, paese di 7mila anime in provincia di Gorizia, sono accorse circa 300 persone per partecipare alla celebrazione delle prime unioni civili locali aperte al pubblico. Protagonisti due volti noti del paese: Luca Bortolotto, consigliere comunale Pd, e Marco Di Just, capo unità degli scout Agesci di Staranzano. Al rito civile ha preso la parola anche don Eugenio Biasiol, viceparroco, assistente ecclesiastico scout e amico della coppia, per sottolineare le «tante difficoltà» «a riconoscere queste scelte» da parte della Chiesa di Roma.

L'evento ha fatto però infuriare il numero uno della parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, don Francesco Maria Fragiacomo, che nei giorni successivi alle “nozze gay” ha denunciato il fatto al vescovo e poi, tramite bollettino parrocchiale, ha chiesto al gruppo Agesci di allontanare il capo scout: una sfida pubblica e plateale alla dottrina della Chiesa in materia familiare, la quale dimostra un'evidente incompatibilità della condizione di vita di Di Just con il uso ruolo di educatore cattolico. Secondo il parroco, la famiglia voluta da Dio è solo quella eterosessuale e chi ha ruoli educativi nella Chiesa deve testimoniare l'insegnamento cattolico, anche per tutelare adolescenti dall'identità ancora in formazione dalla confusione sessuale e dal disordine morale.

L'appello del parroco è però caduto nel vuoto e Di Just, per volontà del gruppo scout e dell'assistente ecclesiastico, resta al suo posto. Anche l'Agesci del Friuli Venezia Giulia, in un post Facebook del 6 giugno, ha ribadito «la propria fiducia nella comunità capi del Gruppo di Staranzano». La vicenda però ha diviso la comunità e ha provocato nelle settimane successive reazioni spesso scomposte, fino a diventare un caso di dibattito nazionale, con le forti prese di posizione del mondo Lgbt e quelle – a dir poco tranchant – dei movimenti della destra cattolica.

Le richieste del parroco sono «obsolete», ha dichiarato il portavoce dell'associazione nazionale Lgbt Cammini di Speranza, Andrea Rubera, e sono in controtendenza rispetto alle «strade pastorali incoraggiate da papa Francesco che suggeriscono l’incontro con la persona a partire dalla condizione in cui si trova». La contraddizione con la dottrina è evidente, prosegue, ma «chi è stato scout sa bene che i carismi del capo, riconosciuto come tale, non hanno a che fare con il suo orientamento sessuale ma con la capacità di ispirare, guidare, animare e volere bene. In un mondo di affettività frammentate, ricomposte, indecifrabili, testimoniare con trasparenza, verità  e semplicità un progetto affettivo solido, oblativo e generativo, dovrebbe essere considerato un valore e non una ragione di esclusione».

Dopo un lungo periodo di silenzio, nel corso del quale la polemica è montata su giornali e siti web, è giunto anche il lungo messaggio al Consiglio Presbiterale (22/6) e al Consiglio Pastorale Diocesano (24/6) dell'arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, che chiede «pacatezza, rispetto e discrezione verso tutte le parti coinvolte» ma anche «ricerca della verità» (testo integrale sul sito del settimanale diocesano di Gorizia, Voce isontina, 7/7). Citando il card. Martini, il vescovo ha invitato «a riflettere sul vissuto con la guida dello Spirito Santo, senza pretendere di avere dalla Scrittura o dalla tradizione canonica la risposta pronta per ogni circostanza, ma cogliendo gli aspetti di grazia in ogni avvenimento, vedendo poi come ogni nuova realtà interpella la fede e infine riuscendo a trovare soluzioni pratiche che garantiscano la comunione nella fedeltà al messaggio evangelico». Il vescovo, insomma, non decide un bel niente, e passa la palla al gruppo scout e all'Agesci locale, suggerendo loro di non affidarsi a leggi manichee e preconfezionate, quanto piuttosto al «discernimento», che sta «diventando sempre più la cifra fondamentale dell’agire pastorale».

«Concordiamo» con il vescovo, si legge in un comunicato stampa di Cammini di Speranza (12/7): è necessario «partire dal discernimento aprendo la strada allo Spirito per costruire comunità e luoghi di incontro dove ci si confronti senza giudicarci. Spezzare il pane delle proprie vite con umiltà ci consente di vivere l’altro come un’opportunità e mai come un ostacolo. Confidiamo che da questo approccio, inedito per la Chiesa cattolica, possano scaturire spunti preziosi per la definizione di una pastorale inclusiva per le persone Lgbti e le loro famiglie».

Ma il pensiero senza conclusioni del vescovo, che diversi osservatori hanno definito “democristiano” o quantomeno ambiguo, si è prestato anche ad altre interpretazioni. Il 12 luglio Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani, definisce quello di Redaelli un «intervento all'insegna della moderazione». E poi prosegue parafrasando il testo: «Sarebbe facile concludere che il discernimento è quasi un mezzo per rendere accettabile ogni scelta e azzerare ogni istanza etica. Invece è proprio vero il contrario. Tanto che Redaelli, proseguendo nel suo elenco degli aspetti di grazia, spiega che anche per quanto riguarda l’amore, “i diversi modi di sentire diffusi oggi, pur avendo aspetti di verità, sono spesso riduttivi”. E quindi non bisogna temere di definire “riduttivo” il luogo comune secondo cui “ciò che conta è che due persone si amino, a prescindere da chi sono, dagli impegni che hanno assunto, dalla responsabilità verso altri e anche dalla qualità del loro amore”».

Insomma, il vescovo «non assolve e non condanna», e la sua “non posizione” non è stata di conforto al parroco in cerca di granitiche certezze, che il 17 luglio ha diffuso a sua volta un lungo testo invitando il prelato di Gorizia ad uscire allo scoperto. «La mia non è una provocazione – chiarisce don Francesco su Facebook e sul sito della parrocchia – ma una doverosa richiesta di chiarezza necessaria per il nostro servizio e per la nostra comunione». Cosa rispondo ad un fedele che confessa atti omosessuali?, incalza il parroco. Lo assolvo? Valgono ancora i documenti del Magistero sul tema? «Personalmente devo dire che mi risulta davvero difficile ritenere che sia secondo il disegno e il volere di Dio un rapporto sessuale tra due uomini». Cosa ci sarebbe da “discernere”, prosegue don Fragiacomo, quando l'alternativa è «tra il bene di Dio e il peccato»? Caro vescovo, conclude il prete deluso, «so che non ci farà mancare una risposta, proprio per l’impegno di accompagnamento da lei molto auspicato», «che non può prescindere dal rispondere alle questioni importanti e istanze concrete di coloro che “con lei partecipano” al compito di pastore». 

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