
Migranti: da mons. Zuppi un No alla politica della chiusura
Iniziano a farsi sentire da parte della gerarchia le voci di contrarietà alla politica del governo Conte-Salvini. Tra le più commentate, quella di mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna. Dopo essere stato duramente attaccato su facebook per avere criticato la politica dei «porti chiusi», il vescovo ha rilasciato un’intervista al Corriere di Bologna. Ne riportiamo due estratti: Vescovo, Bologna e l’Italia sono diventate razziste? «No, io non vedo razzismo, vedo piuttosto paura e rabbia. Ha ragione il cardinale Ravasi quando parla di ecologia linguistica perché le parole possono celare altre intenzioni, creare pregiudizi e semplificazioni. Possono nascondere la realtà e creare tensioni». Ma come è possibile dare risposte concrete alla questione dei profughi senza perdere umanità? «Bisogna vedere la realtà per quello che è, affrontarla e trovare soluzioni, cercarle tutti insieme. In questo c’è sicuramente bisogno di più Europa. Poi ci sono i corridoi umanitari: la comunità di Sant’Egidio li sta sperimentando da un po’. Possono coniugare la necessità del controllo di questi fenomeni con la necessità delle persone che fuggono dai loro Paesi». Tuttavia l’opinione pubblica sembra condividere un’impostazione di chiusura quasi totale su questi temi. «Ripeto: io non vedo razzismo, ma paura e incertezza. Tornando a Ravasi e al concetto di ecologia linguistica, significa anche che non bisogna illudere con le parole, creando situazioni che possono sfuggire. L’immigrazione è un tema delicato e va letto con senso del presente e del futuro. Ci troviamo di fronte a cambiamenti epocali con cui dobbiamo confrontarci». La Chiesa sta riuscendo in questo momento storico a farsi capire? C’è chi parla di strumentalizzazione dei valori cristiani da parte di certi politici.
«Gli imperativi evangelici sono chiarissimi, non è possibile strumentalizzarli. Poi c’è la dimensione della laicità e il tema di come declinarli. Ma la Chiesa non può che predicare i valori cristiani, che sono parte dell’identità profonda del nostro Paese: è da questo umanesimo che dobbiamo partire».
foto del Corriere di Bologna, licenza
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