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Nicaragua: la Chiesa denuncia la violazione dei diritti umani

Nicaragua: la Chiesa denuncia la violazione dei diritti umani

Continuano le tensioni in Nicaragua. Dal 18 aprile, giorno in cui è iniziata la rivolta popolare a seguito della riforma della previdenza sociale (con riduzioni delle pensioni e aumenti delle imposte), la repressione ad opera dei paramilitari legati al presidente Daniel Ortega si è fatta sempre più cruenta. Secondo l’informativa pubblicata dalla Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) ci troviamo di fronte a «gravi violazioni dei diritti umani» che contano ormai oltre 350 morti, 1.337 feriti e 507 persone incarcerate.

In tale contesto, la Chiesa si sforza di sostenere il dialogo con il governo, nonostante essa stessa sia divenuta, ormai, obiettivo delle violenze. «È nostro dovere informare la nazione che durante questi mesi abbiamo assistito alla mancanza di volontà politica del governo di dialogare sinceramente e di cercare processi reali che ci portino verso una democrazia», si legge nel documento pubblicato sabato 14 luglio dalla Conferenza episcopale del Nicaragua, che continua denunciando «gli attacchi perpetrati dalla polizia nazionale, dai gruppi paramilitari filogovernativi e dai gruppi sobillati per assaltare e seminare il terrore tra le persone manifestamente civili» insieme ad «ogni atto di sacrilega profanazione contro la Chiesa, sia nelle sue persone consacrate che nei suoi luoghi di culto».

Il documento ha preceduto solo di qualche ora l’agguato perpetrato ai danni di mons. Abelardo Mata, vescovo di Estelì e componente della Commissione di vescovi incaricata di favorire il dialogo tra l'opposizione e il governo sandinista. La sera del 15 luglio scorso le cosiddette “turbas”, forze paramilitari vicine ad Ortega, hanno letteralmente preso d’assalto la camionetta in cui Mata viaggiava nei pressi di Nindirì, vicino Managua, crivellandola di colpi d’arma da fuoco. Il presule ed il suo autista sono riusciti a rifugiarsi in un’abitazione ai margini della strada, uscendo indenni dall’attentato, ma l’escalation di violenza appare avviato: l'arcivescovo di Managua, card. Leopoldo Brenes ha denunciato ieri l'ingresso delle forze speciali in una chiesa parrocchiale a Masaya, nel Municipio di Catarina, mentre altre squadre di paramilitari hanno distrutto la sede della Caritas a Sébaco, nella diocesi di Matagalpa, come ha denunciato il vescovo, mons. Rolando José Alvarez.

Dal mondo ecclesiastico arrivano parole di sostegno e solidarietà: il Salvador «sa cosa significa avere dei martiri» e proprio per questo condivide “il dolore e il calvario” del popolo nicaraguense. «Speriamo che questo popolo, che desidera pace, giustizia e riconciliazione, abbia un giorno la sua resurrezione», ha affermato il card. salvadoregno Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador.

L’Osservatore Romano, dal canto suo, ha aperto l’edizione del 17 luglio con la notizia della sparatoria ai danni dell’ex vicepresidente dei vescovi nicaraguensi, segno di una crescente attenzione del Vaticano sulla faccenda. Francesco è «molto bene informato» e «molto preoccupato», spiegano dalla Santa Sede al Corriere della Sera.

Intanto, l'Organizzazione degli Stati Americani (OSA) ha tenuto il 17 luglio una sessione straordinaria per trattare la crisi sociopolitica che sta vivendo il Nicaragua, con la prospettiva di adottare la proposta di risoluzione presentata al Consiglio Permanente dell'Organizzazione sulla situazione dei diritti umani nel Paese.

 

* Foto della Cancillería del Ecuador tratta da Flickr, immagine originale e licenza

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