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Il grande affare del debito pubblico italiano nello studio di economisti

Il grande affare del debito pubblico italiano nello studio di economisti "dal basso"

ROMA-ADISTA. "Riforme fiscali e debito pubblico italiano" è stato il tema che ha impegnato la giornata del 27 ottobre gli economisti del e vicini al Cadtm (Comitato per l'Annullamento del Debito del Terzo Mondo, fondato nel 1990 a Liegi in Belgio e divenuto una rete), primo centro studi sul debito auto-organizzato dal basso. Massimo Pallottino (Coalizione Italiana Contro la Povertà [CGAP]), Rocco Artifoni (Associazione per la Riduzione del Debito Pubblico [ARDeP] – CADTM), Francesco Gesualdi (Centro Nuovo Modello di Sviluppo – CADTM), Antonio De Lellis (Attac – CADTM), Paolo Raimondi (economista), Mario Lettieri (già sottosegretario all’Economia) hanno presentato lo studio “Gli effetti delle controriforme fiscali sul nostro debito pubblico” realizzato da Cadtm Italia.

Lo studio, che fornisce informazioni sulla struttura del sistema fiscale italiano e sugli effetti che le controriforme dei passati decenni hanno avuto sulle entrate dello Stato, e quindi sul debito pubblico, ha messo in evidenza che «oltre 700 miliardi di debito sono stati causati dalla speculazione finanziaria e da un fisco iniquo». Da qui il titolo del comunicato diffuso al termine della giornata: "Il grande business del debito pubblico italiano: un'indagine sul nesso tra fisco, speculazioni, debito pubblico e disuguaglianze sociali"

«La principale causa dell’aumento del debito pubblico italiano - si legge nel comunicato - dipende dalla spesa per interessi, la cui dinamica negli ultimi anni è stata sempre più condizionata dalla speculazione finanziaria. Se consideriamo solo tre episodi speculativi (1992-93; 2007-2007; 2011-2012) ricaviamo che la speculazione finanziaria è costata allo Stato italiano (e quindi a noi) la bellezza di 467,3 miliardi, ovvero il 20,6% dell’intero debito pubblico del 2017. È una cifra che è andata a ingrassare la pancia delle multinazionali della finanza e delle banche e solo in minima parte i risparmiatori italiani, che detengono, solo il 5% del debito complessivo.

Secondo il dossier, se si considera il mancato gettito dovuto alla ridotta progressività delle riforme fiscali e al mancato cumulo, “otteniamo una perdita per lo Stato, nel *solo+ 2016, di 8,3 miliardi di euro, pari al 4,5% del gettito Irpef”. Applicando lo stesso calcolo agli ultimi 34 anni (dal 1974 ad oggi), il mancato gettito complessivo ammonta a 146 miliardi. Tale ammanco di entrate è stato colmato dall’emissione di titoli di Stato che, in virtù degli interessi composti, hanno prodotto un maggior debito pari a 295 miliardi, il 13% di tutto il debito accumulato. Un favore alle classi più ricche che è stato assai costoso per tutta la collettività!

Solo per effetto delle speculazioni oggetto di studio e di una Irpef iniqua oltre 762 miliardi di euro, ovvero quasi il 34% del nostro debito, può considerarsi causato da dinamiche internazionali e nazionali che nulla hanno a che fare con scelte consapevoli degli abitanti dell’Italia.

L’attuale proposta di manovra finanziaria con l’enfasi sulla “flat tax” non fa altro che contribuire ad alimentare tale business. Solo il ripristino di una tassazione complessiva e unica per tutti i cespiti di reddito e il ritorno ad una più elevata progressività delle imposte possono contribuire non solo ad una maggiore equità fiscale ma anche a ridurre il debito pubblico.

Abbiamo bisogno di moltiplicare i fattori in gioco, di arricchire il dibattito pubblico e presentare un'altra narrazione del debito, alternativa a quella dominante che non contempla altra via d'uscita se non quella dei tagli e della crescita, due strategie totalmente insostenibili, l'una da un punto di vista sociale, l'altra da un punto di vista ambientale.

Il dossier su Fisco e debito mostra come le soluzioni si possano trovare battendo altre strade, in realtà non nuove, ma abbandonate da tempo perché abbiamo perso di vista la Costituzione e il suo richiamo alla giustizia sociale».

 

*Foto tratta da Creative Commons immagine originale e licenza

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