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Noi Siamo Chiesa: «Sulla questione pedofilia, dalla Cei solo belle parole».
ROMA-ADISTA. «Sempre niente di niente dai nostri vescovi sulla pedofilia del clero. Solo belle parole. Fino a quando questa difesa dell’istituzione?». Sono molto critici i toni del movimento Noi Siamo Chiesa nei confronti delle decisioni assunte – o non assunte – dall’Assemblea generale della Conferenza episcopale, riunitasi a Roma dal 12 al 15 novembre, per parlare anche della questione della pedofilia del clero in Italia (v. Adista Notizia n. 40/18).
I vescovi italiani hanno deliberato di dare vita ad un servizio nazionale della Conferenza episcopale italiana per la tutela dei minori vittime di abusi sessuali da parte del clero, di individuare per ciascuna delle 225 diocesi un referente che si occuperà di pedofilia e di aggiornate le Linee guida in tema di abusi sui minori.
Troppo poco a giudizio di Noi Siamo Chiesa, che rivendica di aver più volte chiesto «cose precise, ragionevoli e di buon senso» rispetto al tema della pedofilia del clero. «Si trattava – spiega una nota del movimento – di prendere atto della gravità della situazione anche in Italia, di esprimere un pentimento collettivo per la prassi diffusa di proteggere il prete pedofilo, di organizzare atti penitenziali importanti, di istituire una struttura di indagine per il passato e di monitoraggio per l’oggi (come fatto da altri episcopati), di modificare le Linee Guida del 2012 (corrette nel 2014) che i vescovi si erano date, prevedendo l’obbligo di denuncia alla magistratura del prete pedofilo, l’istituzione di un’autorità indipendente in ogni diocesi che accogliesse e ascoltasse le vittime che poi avrebbero dovuto essere supportate in ogni modo».
Invece il comunicato finale «parla genericamente di “priorità ai ragazzi feriti e alle loro famiglie”. Poi più niente», attacca Noi Siamo Chiesa. «Nessun intervento di quelli ipotizzabili come urgenti e necessari è stato deciso. Ci sono un po’ di buone intenzioni che appaiono solo belle parole alla luce della gravità del problema e della situazione. Il card. Bassetti aveva detto che sarebbero state modificate le Linee Guida, che fanno acqua da tutte le parti. Invece tutto è stato rinviato alla prossima primavera. La Commissione ad hoc (di cui si sa ben poco), presieduta dal vescovo di Ravenna mons. Lorenzo Ghizzoni, non ha concluso niente di significativo, a quanto sembra. Ma più si prende tempo, più la situazione peggiora e la credibilità su questa questione dell’episcopato diminuisce. C’è ancora chi pensa che la questione nel nostro paese sia sopravalutata o che sia la conseguenza di un attacco dei “laicisti”? Oppure non c’è accordo se e come rovesciare veramente le prassi che hanno protetto il sistema clericale per troppo tempo? Troppi vescovi si sentono coinvolti direttamente e temono di dover aprire gli archivi? L’esempio di quanto hanno cercato di fare molti altri episcopati è stato ignorato».
«È stato istituito – conclude la nota – un Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili con scopi di formazione, prevenzione e consulenza a disposizione dei vescovi. Si è anche deciso di trovare referenti in ogni diocesi per un percorso di formazione sul problema. Sono interventi d’apparato che potranno forse avere efficacia sui tempi lunghi, ma che hanno ben poco a che fare col problema vero, quello dei fatti di ieri e di oggi, quello della confessione collettiva del peccato, quello del venire incontro con azioni concrete di ascolto e di riconoscimento dell’ingiustizia subita nei confronti di chi ha sofferto, magari in un lontano passato, per le violenze subite. E poi chi parteciperà a queste due iniziative? Le vittime saranno ascoltate? Abbiamo detto che senza una determinante partecipazione femminile si può fare del tutto a meno di interventi a livello centrale o diocesano di ogni tipo. Se non si rovescia la mentalità maschilista che trasuda da tutti i pori delle strutture della nostra Chiesa non se ne viene fuori soprattutto su problemi così delicati. E poi i tanti bravi preti, che sono in difficoltà per i comportamenti di certi loro confratelli e di molti dei loro vescovi, dovrebbero alzare la voce».
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