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Ceccanti, il Pd e l'alleanza con il M5s

Ceccanti, il Pd e l'alleanza con il M5s

Stefano ceccanti, costituzionalista, ex presidente della Fuci e senatore del Pd ha rilasciato il 24 agosto una intervista al Corriere ddella Sera, che può essere letta cliccando su questo link.

Sul suo sito ha successivamente pubblicato alcune righe di chiarimento rispetto ai contenuti dell'intervista, che pubblichiamo qui di seguito e la cui versione originale può essere consultata cliccando qui

 

Penso che sia necessario fare chiarezza anzitutto su un punto perché altrimenti molti potrebbero stupirsi per i contenuti della mia intervista al Corsera.

Per i suoi legami internazionali, per la sua spinta a distruggere dall’interno l’Eurozona e l’Ue, Salvini costituisce davvero un pericolo reale di costruzione di una democrazia illiberale in Italia. E’ davvero un’ “estrema destra di governo”, come scrivono Passarelli e Tuorto e la sua gestione della crisi dovrebbe averlo rivelato a tutti. Compreso il tentativo attuale di aprire credo falsamente al M5s per far fallire la trattativa col Pd con la falsa promessa di ricostituire l’alleanza (nonostante che Becchi autorevolmente sostenga che l’offerta sia sincera, ben confutato però da Minzolini), ma in realtà per portarci in fretta alle urne a breve quando gli altri competitori non sono ancora attrezzati. Quando è necessario si dovrà competere, ma non è chiaro perché dovremmo farlo aderendo ai tempi di Salvini.

Capisco che nella storia recente non sono mancate analoghe accuse contro altri leaders a partire da Berlusconi, accusa che molti tra noi (ma non tutti) hanno ritenuto sproporzionate rispetto alle anomalie che pur si registravano a partire dal conflitto di interesse. Berlusconi, però, non ha mai messo in discussione la collocazione europea e internazionale. Dopo tante urla di “al lupo, al lupo”, alcuni sono però scettici e non disdegnerebbero sfidare subito Salvini, come se dalla sua vittoria non dovessero scaturire danni irreparabili e come se poi potesse essere facile scalzarlo dal potere. Io non lo credo.

Questa è appunto la premessa: ovviamente si può condividere o no e chi non la condivide ha tutto il diritto anche di non condividere logicamente i due passaggi seguenti.

Il primo è politico: stiamo attenti, sia il Pd sia il M5s, a trasformare le proprie posizioni di partenza, a cui ognuno giustamente tiene perché risponde anche a un elettorato, in forme di rigidità tali da far fallire un accordo riaprendo le porte a un Salvini rafforzato. Se la mia analisi è vera non ce lo possiamo permettere e, come ha scritto il collega deputato Claudio Mancini, per me la più importante discontinuità è non avere più Salvini Ministro dell’Interno. Questa deve essere in una scala gerarchica la priorità delle priorità.

Il secondo è istituzionale: in circostanze normali resto convinto che anche in presenza di tre schieramenti quasi equivalenti debbano scegliere direttamente gli elettori, adeguando a tele fine di scelta diretta sia la legge elettorale sia la Costituzione. L’ho sempre pensato sin dai primi anni ’90 e anche quando molti ritenevano che il berlusconismo rendesse non desiderabile questo schema. La minaccia Salvini, per chi la ritiene tale, e finché essa perduri, impone però in questa fase di considerare anche lo schema alternativo di un parlamentarismo razionalizzato a base proporzionale. Mi costa molto ma è conseguente alla lettura della minaccia, finché appunto essa perduri. Magari altri riterranno questa lettura troppo angosciata e che anche stavolta si urli “al lupo, al lupo”. Può darsi, non credo affatto di essere infallibile, soprattutto nei giudizi storici e concreti e senz’altro alcuni di voi mi insinueranno dei dubbi. Però, francamente, non vorrei correre un rischio che avverto reale.

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