
È morta Maria Vingiani, fondatrice del Sae
MESTRE (VE)-ADISTA. Alla vigilia dell’inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, è morta, il 17 gennaio, all’era di 99 anni, Maria Vingiani, fondatrice del Segretariato attività ecumeniche (Sae).
Di famiglia meridionale ma nata a Venezia nel 1921 veneziana, si laurea a Padova nel 1947 con una tesi sulla divisione tra cattolici e protestanti. Attiva in politica (è anche assessora comunale alle Belle Arti) e fortemente impegnata nel movimento ecumenico, con il Concilio Vaticano II si trasferisce a Roma per dedicarsi a tempo pieno all’ecumenismo fondando, all’inizio del 1963, il Sae, che ha presieduto fino al 1996.
«La figura di Maria Vingiani è stata fondamentale per l’ecumenismo in Italia», spiega al Sir (agenzia di informazioni della Cei) Piero Stefani, attuale presidente del Sae. La sua importanza, evidenzia Stefani, si lega, innanzitutto, «alla precocità della sua intuizione: una donna, laica che già nei primi anni Cinquanta, quando lo spirito dell’ecumenismo era estremamente basso, aveva dei rapporti con altre comunità. Soprattutto, voglio ricordare la spinta data nel mondo cattolico in coincidenza con il Concilio Vaticano II. Maria, in quanto assessore alle Belle Arti del comune di Venezia, aveva avuto contatti con il patriarca di Venezia, il card. Angelo Roncalli, divenuto poi Papa Giovanni XXIII. Vingiani trasferì immediatamente lo spirito del Concilio in un’associazione che ha riconosciuto nell’apertura ecumenica un modo di essere Chiesa, pur mantenendo la sua caratteristica di associazione laica, in rapporto con tutte le Chiese, ma non dipendente da loro. È stata una donna laica al servizio delle Chiese, come l’associazione che da lei è nata».
«Maria Vingiani è senza dubbio la principale artefice dell’ecumenismo in Italia – la ricorda il pastore valdese Paolo Ricca sull’agenzia Nev –. Non c’è nessuno, né uomo né donna, che abbia contribuito tanto come lei alla nascita dell’ecumenismo. È lei che lo ha concepito, esattamente come si concepisce un figlio, lo si desidera, lo si fa nascere, lo si alleva amorevolmente, pazientemente e anche con una carica di amore unica, eccezionale, particolare, come appunto quella di Maria Vingiani.
Lei è stata maestra di ecumenismo, non solo per la chiesa cattolica, per quello che la chiesa cattolica è riuscita ad assumere dell’ideale ecumenico. Ma, caratteristica che mi sembra singolarissima, più unica che rara, è che lei sia stata maestra di ecumenismo non solo, come dicevo, nella chiesa cattolica, ma anche nella chiesa evangelica.
Se devo dire chi ha contribuito di più alla mia formazione ecumenica devo menzionare da un lato l’esperienza fondamentale e indimenticabile del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), in una cui commissione ho avuto il privilegio di lavorare per una quindicina di anni, ma poi lei. Considero Maria Vingiani la mia maestra di ecumenismo. È lei che mi ha aiutato a vincere le mie resistenze, perché tutti portiamo fatalmente con noi delle resistenze. Quindi ho nei suoi confronti, anche personalmente, una grande e indimenticabile gratitudine».
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