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Silvia Romano, tra sessismo, razzismo e islamofobia.

Silvia Romano, tra sessismo, razzismo e islamofobia. "Famiglia Cristiana" intervista Rula Jebreal

«Bentornata Silvia, l’Italia vera è con te» è il titolo dell’intervista di Famiglia Cristiana a Rula Jebreal, la giornalista palestinese con cittadinanza italiana e israeliana che a Sanremo, ricorda Luciano Regolo, «ha commosso il mondo con il suo monologo contro la violenza sulle donne, in cui, con un’emozione e un riserbo vinti in ragione di una causa più grande, ha parlato anche della madre, morta suicida dopo anni di soprusi».

Sul numero di Famiglia Cristiana da domani in edicola, la giornalista è chiamata a commentare la vicenda della liberazione di Silvia Romano. La polemica mediatica intorno alla vicenda della conversione e il “ritorno d’immagine” per al-Shabaab si potevano evitare proteggendo Silvia al suo rientro, ha dichiarato, e invece «sono state divulgate anche informazioni sensibili che, per motivi di sicurezza, non avrebbero mai dovuto essere di dominio pubblico».

La giornalista denuncia poi il «linciaggio a danno di un ostaggio liberato. L’incitamento all’odio e alla violenza sono sintomi di una malattia molto grave che può prendere nomi diversi: sessismo, razzismo e islamofobia. Silvia rischia di essere oggetto di violenza, è stata minacciata e girerà sotto scorta. Esattamente come viveva in Somalia. Penso tuttavia che questi sentimenti da condannare e da contrastare con assoluta fermezza siano espressione di una sola parte del nostro Paese, perché la maggioranza delle donne e uomini italiani non la pensa così».

Mentre il mondo celebra leader donne o elegge parlamentari donne e islamiche, in Italia donne come Laura Boldrini o Liliana Segre «sono le prime vittime dell’odio» e sono costrette a girare con la scorta. Pensando al senatore leghista Alessandro Pagano – che in Aula ha impunemente definito la cooperante liberata una «neo-terrorista» – Rula Jebreal ricorda uno slogan relativo allo sterminio nazista degli ebrei: «La Shoah non è iniziata con gli assassini ma con le parole».

La giornalista palestinese e musulmana ha sposato un ebreo e dal loro matrimonio è nata una figlia oggi cattolica: «La nostra famiglia – sottolinea Jebreal – crede in un Dio solo che rappresenta tutti i valori universali di tutte le religioni. Da musulmana potrei pregare nella Chiesa guidata da papa Francesco. Tanti musulmani, e penso anche molti non credenti, si riconoscono nel messaggio universale umanista del Santo Padre. Un messaggio di compassione e di fratellanza verso il prossimo, verso il diverso che spesso ha il volto di un rifugiato, un escluso, un discriminato. La profonda tolleranza e lo spirito di carità di papa Francesco arrivano al cuore delle persone».

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