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La relazione malata uomo-donna nella vita religiosa. Intervista al prefetto della Vita Consacrata

La relazione malata uomo-donna nella vita religiosa. Intervista al prefetto della Vita Consacrata

«In molti casi, la relazione consacrata uomo-donna presenta un sistema malato di relazioni di sottomissione e dominio che rimuove il senso di libertà e gioia, un'obbedienza incompresa». Lo riconosce il cardinal prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, João Braz de Aviz, in un’intervista rilasciata al mensile dei religiosi spagnoli SomosCONFER (ospitato su Vida Nueva) nel numero di luglio appena diffuso (27/7). Il problema è nella formazione, secondo il cardinale. «Le lacune lasciate nel periodo della formazione iniziale o permanente – spiega – hanno permesso lo sviluppo di atteggiamenti personali poco identificati con la chiamata alla vita consacrata in comunità, in modo che le relazioni siano contaminate e creino solitudine e tristezza». In realtà, «in molte comunità c'è stato poco sviluppo della consapevolezza che per noi l'altra, l'altra, è la presenza di Gesù e che, nel rapporto con lui amato nell'altra, possiamo garantire la sua costante presenza nella comunità (cfr Mt 18,20). Questo rinnovamento, provocato da una spiritualità di comunione in cui l'altro diventa centrale nella nostra esperienza di Dio, porta anche a far luce sull'esperienza dell'autorità come servizio e non come dominio segnato anche da false motivazioni spirituali».

La vita religiosa è in crisi, sottolinea: «Le uscite sono così frequenti che Francisco definisce questo fenomeno "un'emorragia"» e «vale anche per la vita contemplativa sia maschile che femminile». «Il cambiamento di epoca – sottolinea – sta provocando una nuova sensibilità per tornare alla sequela di Cristo, a una vita fraterna sincera in comunità, alla riforma dei sistemi di formazione, al superamento dell'abuso di autorità e alla trasparenza in possesso, usare e l'amministrazione della merce». Ma c’è chi rema contro: «vecchi, piccoli modelli evangelici resistono ancora a un cambiamento necessario per una testimonianza del Regno di Dio inserita nel momento presente. L'invecchiamento della vita consacrata, in particolare in Europa, Oceania e Nord America, e la scarsa presenza dei giovani al suo interno, è un segno evidente della diminuzione delle vocazioni alla vita consacrata. Molti istituti sono diventati piccoli o stanno scomparendo. La famiglia inoltre subisce una crisi nella loro testimonianza cristiana. In ogni stato della vita, lo sappiamo, la vocazione è un dono di Dio, è una chiamata piena di amore che fa ai suoi figli e soprattutto alle sue figlie per seguire Gesù secondo il Vangelo. Francesco ci ricorda che in tutte le vocazioni siamo chiamati a "evangelizzazione radicale". Nel Vangelo questa radicalità è comune a tutte le vocazioni. In effetti, non ci sono discepoli di "prima classe" e altri di "seconda classe". La via evangelica è uguale per tutti. La vita propria della vita consacrata, d'altra parte, è la profezia, cioè uomini e donne consacrati vivono su questa terra uno stile di vita che anticipa i valori del Regno di Dio: castità, povertà e obbedienza sotto forma di vita di Cristo».

*Foto di Robert Frank Gabriel tratta da Commons Wikimedia, immagine originale e licenza

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