Nessun articolo nel carrello

Concordato fra Stato e Chiesa: perché non un’Intesa?

Concordato fra Stato e Chiesa: perché non un’Intesa?

Poco meno di 100 anni fa – era l’11 febbraio del 1929 - venivano siglati i Patti Lateranensi e, con essi, il Concordato fra Stato italiano e Chiesa cattolica. Rinnovati nel 1984, anche così cominciano a far vedere la corda. Ne mettono in evidenza i limiti storici Antonio Greco e Maurizio Portaluri, del Manifesto4ottobre, sul Quotidiano di Puglia di ieri, perché «i tempi sono cambiati» e oggi «molte sarebbero le motivazioni che potrebbero spingere la Chiesa e lo Stato a prendere in considerazione la posizione di Donini-Sereni di separare il Trattato e il Concordato dei Patti». Il Trattato, che riconosceva l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede, «è giustificato dal sostegno del Vaticano alla globalizzazione della fratellanza, al superamento della crisi delle istituzioni mondiali, alla lotta al sovranismo, dentro e fuori i singoli Stati». Il Concordato, che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo, «non ha più seria giustificazione. Se un rapporto tra Stato e Chiesa realisticamente è utile, sia trasformato in intesa tra Cei e Governo italiano, come per le altre confessioni». Di seguito il testo dell’articolo.

 

IL CONCORDATO STATO-CHIESA DIVENTI UN’INTESA

Antonio GRECO e Maurizio PORTALURI

Quotidiano di Puglia, 11 febbraio 2021

I Patti Lateranensi firmati l'11 febbraio 1929 sono ultranovantenni. Continuano a invecchiare anche le novità della revisione di essi del 1984. I tempi sono cambiati ma a ricordarci che queste strutture appaiono fuori dal tempo, soprattutto per la chiesa cattolica italiana, è la cronaca. In piena zona rossa, nel dicembre 2020, ragazzini muniti di mascherina giocano a calcetto nel campo di un oratorio di Chivasso. I vigili urbani irrogano una sanzione amministrativa anti-Covid. Il parroco impugna davanti al prefetto la sanzione con argomenti fondati anche sulla violazione dei Patti Lateranensi.

Dopo ben 17 anni, lo scorso 14 dicembre, la ministra Azzolina e il presidente della CEI Bassetti hanno firmato un'Intesa per avviare la procedura concorsuale per gli Insegnanti di religione prevista dalla legge 159/ 2019. Non c'è ancora il bando, ma sono definiti i requisiti per potervi partecipare: «è prevista la certificazione dell'idoneità diocesana (…) rilasciata dal Responsabile dell'Ufficio diocesano», a causa della natura concordataria dell'IRC perché l'insegnamento è confessionale.

Ci poniamo dinnanzi ai Patti Lateranensi (Trattato e Concordato) non da storici né da giuristi. Ragioniamo da battezzati-laici non sui fatti specifici di essi, già molto noti, come l'insegnamento della religione in una scuola laica, il meccanismo dell'otto per mille, le norme relative all'IMU sui beni immobili della Chiesa, dopo la sentenza della Corte di giustizia europea (Grande Chambre) del 2018.

Il nostro contributo vuol consistere nel soppesare alcune profonde tracce che il passato concordatario tra Chiesa e Stato ha lasciato nel presente e su cui occorre ragionare. La società odierna è molto diversa di quella del '29 e del 1984 in cui, in meglio, è stato superato il Concordato del 1929. Si sono definitivamente affermati i valori liberali. Ma il clima e le ferite degli anni del Concordato non possono essere dimenticati. Ricordiamo la triste vicenda di Ernesto Buonaiuti su cui regna ancora oggi una damnatio memoriae. L'art. 5 del Concordato del 29, dopo aver previsto il nulla osta dell'Ordinario diocesano, recitava: In ogni caso i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico. Questo articolo, mantenuto nonostante confliggesse in modo plateale con la Costituzione del 1948, era ritagliato appositamente sul caso di Ernesto Buonaiuti che insegnava storia del cristianesimo presso l'Università di Roma.

Ritornare sull'art. 5 non è per noi fare come quei paleontologi che, partendo da un ossicino, cercano di ricostruire l'intero scheletro. A noi interessa ricordare a Stato e Chiesa che, ad oggi, una grave ingiustizia e una violenza spietate fatte prima contro la libertà di coscienza di un prete, cittadino italiano, e poi in violazione della Carta costituzionale non sono state ufficialmente riconosciute e riparate. Sono stati aboliti, con la revisione del 1984, i privilegi della Chiesa cattolica incompatibili con uno Stato laico. Ma ne rimangono altri, riservati alla sola confessione cattolica. Nonostante un enorme contributo strutturale ed economico dello Stato in favore della Chiesa cattolica finalizzato ad un impegno comune in favore dell'uomo, lo stato di salute della seconda non è buono. Non lo diciamo noi. Basta fare riferimento a cosa papa Francesco, dal 2013 fino all'altro giorno, in più occasioni, ha detto di essa. La chiesa si trova in uno stato comatoso per cui ha chiesto la convocazione di un sinodo nazionale. Già nel 2013 il papa aveva chiesto alla Cei una spending review ecclesiastica, peraltro stabilita concordemente con lo Stato nel 1984: la riduzione delle 226 diocesi italiane a 100, per farle coincidere con le province. Il numero delle diocesi italiane è davvero spropositato (in Germania sono 27 , in Francia 100 , in Spagna 70 ). Al di là di una valutazione di merito sulla questione, questa disposizione concordataria c'è. O si rispetta o si cambia. La Puglia ha 19 diocesi, suddivise in 4 Province ecclesiastiche. La provincia di Lecce ha 4 diocesi suffraganee (Brindisi, Otranto, Nardò, Ugento). Ma su questa revisione impera il silenzio.

Come non si è fatto ancora nulla, anche nelle nostre diocesi come nelle altre (eccetto la buona prassi della diocesi di Padova), in merito alla trasparenza amministrativa e alla pubblicazione dei bilanci diocesani. Il confessionismo di Stato è una stagione finita, essendo stato proclamato nel 1984 il principio di laicità. Ma quante sofferenze, fino a qualche anno fa, per i non cattolici in Italia! Le 13 intese ex art. 8 Cost, firmate dal 1984 al 2019, non bastano a coprire l'assenza di una Legge italiana sulla Libertà Religiosa che ad oggi il Parlamento italiano non ha saputo emanare. Riteniamo che il futuro di questo sistema sia un ritorno a una proposta del passato messa da parte, forse, perché non matura nei tempi in cui era stata pensata.

Nel 1938 ci fu un incontro in Svizzera fra mons. Rampolla e due esponenti comunisti, A. Donini ed E. Sereni. Rampolla chiese quale fosse la posizione del loro partito e fu lieto di apprendere che il Pci non aveva intenzione di rimettere in discussione il Trattato del 1929. Ma apprese anche con preoccupazione «che il crollo del fascismo avrebbe segnato la caduta del regime concordatario». La linea della Chiesa da quel momento fu netta. Il Trattato e il Concordato erano pezzi complementari di una stessa costruzione e la sorte dell'uno avrebbe inevitabilmente segnato la sorte dell'altro. Questa posizione trionfò nell'Assemblea costituente, grazie a Togliatti (cfr. R. Pertici, Chiesa e Stato in Italia, Il Mulino, 2009).

I tempi sono cambiati. Molte sarebbero le motivazioni che potrebbero spingere la Chiesa e lo Stato a prendere in considerazione la posizione di Donini-Sereni di separare il Trattato e il Concordato dei Patti. Il Trattato è giustificato dal sostegno del Vaticano alla globalizzazione della fratellanza, al superamento della crisi delle istituzioni mondiali, alla lotta al sovranismo, dentro e fuori i singoli Stati. Il Concordato, invece, firmato dal Vaticano per la chiesa italiana con lo Stato italiano, non ha più seria giustificazione. Se un rapporto tra Stato e Chiesa realisticamente è utile, sia trasformato in intesa tra Cei e Governo italiano, come per le altre confessioni. E nel Sinodo, imposto ai vescovi da papa Francesco, siano ridiscussi i contenuti.

(Sulla vicenda di Buonaiuti rinviamo a https://manifesto4ottobre.blog/2018/11/22/ernesto-buonaiuti-storia-di-uningiustizia/)

*Manifestazione nazionale NO VAT 2009. Foto di SimoneAlliva tratta da Commons Wikimedia, immagine originale e licenza

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.