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Il teologo ceco Thomas Halik: «E ora alle donne omelie e diaconato»

Il teologo ceco Thomas Halik: «E ora alle donne omelie e diaconato»

PRAGA-ADISTA. Non è il mondo che deve cambiare, ma la Chiesa; perché il cambiamento, che deve essere lento e costante, è un elemento che le appartiene. E questo è il momento delle donne. Lo ha affermato il teologo ceco Thomas Halik in una lunga intervista, che affronta diverse tematiche, pubblicata sul portale tedesco di informazione religiosa katholisch.de (8/3) in occasione dell’uscita del suo nuovo libro, Die Zeit der leeren Kirchen (“Il tempo delle Chiese vuote”).  Halik, 73 anni, fu ordinato sacerdote clandestinamente nel 1978 e fu stretto collaboratore del card. František Tomášek, arcivescovo di Praga dal 1977 al 1991, e di Vaclav Havel. È professore di sociologia e cappellano della Comunità accademica di Praga; nel 2010 ha ricevuto il Premio Romano Guardini, e nel 2014 il Premio Templeton.

L’intervista parte dalla pandemia e di come, secondo Halik, la decisione di non celebrare messe debba portare alla solidarietà con le persone in situazioni irregolari che hanno «allontanato la Chiesa dalla mensa divina»: Halik pensa in particolare ai divorziati risposati. «L'Eucaristia non è una ricompensa, ma un rafforzamento per noi deboli e per chi è in ricerca. D'altra parte, ciò non significa che possa esserci un invito per tutti. Ma non possiamo escludere semplicemente chiunque viva in "situazioni irregolari". Tra loro ci sono molti sul cammino della fede affamati e desiderosi del "panis viatorum". Fondamentalmente, dovremmo sempre concentrarci sulle persone ai margini. Coloro che stanno sul bordo spesso vedono sempre di più: sia verso l'interno che verso l'esterno». Tra questi, le persone LGBT: «Guardare le persone in "situazioni limite" – ha affermato Halik - significa allargare i propri confini mentali. L'esperienza spirituale del cercatore deve avere un posto nella Chiesa, poiché rappresenta per essa un arricchimento. Ci vuole un cambiamento: e «il cambiamento non è facile. Ma la Chiesa è un'ecclesia semper reformanda. Ci sono stati così tanti cambiamenti di paradigma nella storia della Chiesa. A volte è stato molto difficile. Ma noi stessi comprendiamo il credo in modo diverso oggi rispetto a mille anni fa. C'è l'obbligo di ricontestualizzare. Questo è l'unico modo per rimanere fedeli alla tradizione. Il contesto deve essere preso sul serio se vogliamo mantenere l'autenticità. L'autenticità non sta nell'immobilità reazionaria. Dobbiamo continuare a chiederci quale sia l'identità del cristianesimo: non è qualcosa che è stato dato una volta e per sempre». I cambiamenti, insomma, sostiene il teologo ceco, «fanno parte» della Chiesa: «Sta diventando sempre più chiaro quanto siano importanti le esperienze delle persone al di fuori di essa. Dobbiamo finalmente prenderle sul serio. La chiesa non è fine a se stessa. Ci vuole solo più dialogo e rispetto. Papa Francesco fornisce questi impulsi». «Dobbiamo superare l'egocentrismo», prosegue. «Non solo tutti personalmente, ma anche la Chiesa. Deve rinunciare al suo egocentrismo e al "narcisismo collettivo". Deve arrivare al nocciolo, allontanarsi dagli interessi del potere istituzionale per rivolgersi alla società. 

Per arrivare a questo, la Chiesa deve superare la sua struttura gerarchica: «È un errore di sistema. Papa Francesco parla giustamente di clericalismo». E rispetto al Cammino sinodale che la Chiesa tedesca ha intrapreso proprio per affrontare il fallimento del sistema e avviare un processo di cambiamento, Halik sottolinea l’importanza della riforma ma anche del fondamento spirituale. Riforma che riguarda in primo luogo il ruolo delle donne: «Sono convinto che sia l'ora delle donne. Non possiamo perdere quest’occasione. La Chiesa ha perso troppo spesso momenti importanti, i "kairos". Nel XIX secolo ha perso la classe operaia; poi molti intellettuali, con un anti-modernismo unilaterale; i giovani negli anni '60 attraverso la reazione di panico alla "rivoluzione sessuale". Ora vedo il pericolo di perdere le donne. Il loro carisma ha bisogno di essere più integrato nel ministero». Su questo frangente, avverte Halik, «dobbiamo andare passo dopo passo, ci sono molti stereotipi e pregiudizi nella Chiesa. È una patata bollente. Lo sappiamo tutti. SU questo punto c’è la minaccia di uno scisma. Per questo abbiamo bisogno di saggezza. Un piccolo - piccolissimo - passo è stata questa dichiarazione del papa per il lettorato e l’accolitato». Insomma, non bisogna avere troppa fretta: «La riforma presuppone un'atmosfera calma ma profonda di dialogo nella Chiesa. Dobbiamo lavorarci adesso. Con costanza, passo dopo passo». Un prossimo passo potrebbe essere quello di affidare alle donne le omelie, e poi il diaconato: «Questi sono due passaggi che ora possono essere fatti. L'ordinazione dei sacerdoti è difficile. Non c'è niente in contrario da parte mia. Gli argomenti contro non mi convincono. Quando diciamo che Gesù chiamò solo uomini, dobbiamo anche dire che Gesù scelse solo ebrei. Con questa logica non possiamo neppure ordinare slavi, tedeschi o cinesi. Ma questa è una questione di abitudine, non una questione realmente teologica. Lo ha deciso Giovanni Paolo II. Questo passaggio non è facile».

Anche sulla teoria del genere è presumibile che si compiano passi avanti: tra dieci anni, scrive Halik nel suo libro, la Chiesa guarderà indietro con la stessa vergogna che si prova oggi leggendo le dichiarazioni del XIX secolo sulla libertà di stampa, la libertà di coscienza e la libertà di religione. «Ci vergogneremo di aver ricevuto gli impulsi di papa Francesco e di non averli realizzati. È stato lo stesso con il Patto delle Catacombe. Ci sono stati impulsi molto importanti da parte di alcuni vescovi conciliari ai loro confratelli. Non sono stati ascoltati. Papa Francesco ne ha realizzati alcuni nel suo stile di vita. Questi segni influenzano il modo di pensare delle persone. Questo è il motivo per cui Dio ci manda dei profeti».

* Thomas Halik. Foto tratta da Flickr, immagine originale e licenza

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