
Pandemia e diritti umani: è tempo di scelte coraggiose. Il Rapporto di Amnesty International
Da 60 anni, Amnesty International documenta lo stato dei diritti umani nel mondo e ne denuncia le violazioni in contesti di guerra e povertà. Con il Rapporto 2020-2021. La situazione dei diritti umani nel mondo, edito da Infinito Edizioni, l’organizzazione umanitaria ci ricorda che, da circa un anno, «la pandemia da Covid-19 si è insinuata in società afflitte da disuguaglianza e discriminazione, allargando solchi e divisioni già esistenti. Ha approfittato di politiche di sanità pubblica colpevolmente inadeguate. La risposta di molti governi non è stata all’altezza della sfida posta dall’emergenza globale e non pochi di loro hanno ne hanno approfittato per introdurre nuove leggi repressive». Nonostante l’emergenza sanitaria e le misure di contenimento del contagio, caratterizzate da stop delle attività economiche e distanziamento sociale, le violazioni dei diritti umani non si sono mai fermate e, anzi, «hanno colpito popolazioni civili nei conflitti, minoranze etniche, donne, dissidenti: come in un qualunque anno pre-pandemia».
Nell’introduzione al Rapporto, disponibile anche sul sito dell’organizzazione umanitaria, così scrive Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International: «Il coronavirus (Covid-19) e l’alto numero di vittime che ha provocato sono progrediti in parte grazie a un contesto globale di profonde e ampie disuguaglianze all’interno e tra i Paesi. La situazione è stata ulteriormente peggiorata da politiche di austerità che hanno portato allo stremo infrastrutture pubbliche e sistemi sanitari e da istituzioni internazionali indebolite nella forma, nelle funzioni e nella leadership. Ed è ancor più peggiorata sotto la pressione di capi di Stato che demonizzano e respingono prove e precetti universali, rivendicando strutture arcaiche di sovranità statale e promuovendo approcci di rifiuto della scienza. Questa è un’epoca senza precedenti. Ma siamo stati all’altezza della sfida? Tempi senza precedenti obbligano a dar risposte senza precedenti e richiedono leadership fuori dal comune». Fornita non dalle classi politiche e finanziarie, bensì da medici, infermieri, operatori socio assistenziali, fornitori di servizi essenziali, persone che si sono prese cura delle persone e di mantenere la tenuta sociale rischiando e spesso perdendo la propria vita, veri eroi e leader «spesso relegati proprio in fondo della scala dei redditi».
Dall’altra parte della barricata, denuncia Amnesty, permangono forme di abuso di potere e sperequazione di risorse. «E mentre milioni di persone muoiono e altri milioni perdono i loro mezzi di sussistenza, come valutiamo il fatto che i redditi dei più ricchi miliardari sono cresciuti, che i profitti dei giganti della tecnologia sono aumentati, che i mercati azionari dei centri finanziari di tutto il mondo sono cresciuti? Fondamentalmente, quali sono le loro proposte per sostenere la loro giusta parte del peso della pandemia; per garantire una ripresa equa, giusta e duratura? Agli inizi del 2021, ancora nessuno di loro ha rotto il silenzio. Come è potuto accadere di nuovo, questa volta durante una pandemia, che l’economia globale abbia fatto sì che quelli che hanno di meno sono quelli che pagano di più?».
Oltre all’egoismo di leadership e lobby di potere, la pandemia ha svelato l’altro egoismo, quello nazionale, in un quadro di cooperazione tra popoli e Stati che ha mostrato tutti i suoi fallimenti ad ogni livello. Dai silenzi della Cina sulle fasi iniziali del contagio, alla rottura dell’amministrazione Trump con l’Oms. Ha rotto il velo su «un sistema multilaterale fatiscente, remissivo verso i più potenti e carente nel sostenere i più deboli, incapace, se non riluttante, ad ampliare la solidarietà a livello globale». «Dopo anni di colossali fallimenti – prosegue Callamard – il 2020 ha solo dato ulteriore prova che le istituzioni politiche mondiali non sono all’altezza degli obiettivi globali che dovrebbero perseguire». E che riguardano, in particolare, anche la grande sfida dei cambiamenti climatici o delle migrazioni di massa, intorno alle quali la comunità internazionale non ha fatto altro che collezionare figuracce e fallimenti.
Di fronte a tutto questo la ripresa non si può configurare come un semplice ritorno al passato, ammonisce Amnesty. «È necessario un reset che affronti le cause della crisi, attraverso la protezione e il rispetto dei diritti umani, indivisibili e universali». Secondo Callamard occorre ripensare l’agenda internazionale promossa dopo gli attentati dell’11 Settembre, che parli più di diritti che di “sicurezza”; occorre poi mobilitare le risorse per la ripresa economica e la riconversione ecologica a partire da una nuova tassazione che colpisca profitti transnazionali e realtà inquinanti, e promuova una più equa redistribuzione delle risorse; infine, bisogna ricostruire un approccio multilaterale alle sfide globali, «riformare la governance globale e riadattare le istituzioni mondiali per rafforzare e consentire la realizzazione dei diritti umani».
«Il 2020 – conclude l’introduzione – ci ha insegnato ancora una volta lezioni che ignoravamo, a scapito delle generazioni future: l’interdipendenza della famiglia umana; l’universalità di ciò che “noi, il popolo” chiediamo alla governance in tempi di crisi e quanto il nostro futuro sia inscindibile dal futuro che stiamo creando per il nostro pianeta. Ci ha di nuovo insegnato, in altre parole, l’essenza dei diritti umani. La domanda a cui rimane da rispondere è: saremo abbastanza audaci da capire ciò che deve essere fatto e abbastanza coraggiosi da andare avanti e farlo, su larga scala e a ritmo serrato?».
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