
Fraternità senza terrore
Cari amici,
il Novecento ci aveva lasciato questo mandato dell’ultimo Sartre, espresso poco prima della sua morte: “Fraternità senza terrore”. Ecco che ora due organizzazioni terroristiche, Hamas e l’IDF (Israel Defence Forces), hanno smesso di uccidere, l’intenzione del genocidio volto alla distruzione del popolo palestinese (la carneficina, secondo la definizione del Segretario di Stato card. Parolin) è fallita: è ora il tempo di passare alla fraternità.
Vi diamo qui di seguito il commento di Raniero La Valle uscito oggi su Il Fatto Quotifiano con il titolo: "Il Genocidio è fallito e Netanyahu ha perso".
«Fino all’ultimo i ciecosionisti (li chiamiamo così perché il sionismo è una cosa più seria e anche più umana di quello che si è manifestato a Gaza) hanno mantenuto il punto che in questo caso non si sia trattato di un genocidio. Ancora domenica alla trasmissione “In onda” lo ha sostenuto Francesco Giubilei abusando della sofferenza di Liliana Segre, che nell’agosto scorso si era detta “straziata” per l’“abominio” in cui vedeva Israele “sprofondare”, ma di opporsi all’uso di questa parola per aiutare israeliani e palestinesi a non cadere “in quell’abisso”; per reazione a questo abuso Francesca Albanese si è alzata ed è uscita dallo studio televisivo. È dunque opportuno giungere a una conclusione di questa altissima controversia, che non si può liquidare col qualunquistico argomento che non sarebbe importante dare un nome alle cose; e la domanda più pertinente, ora che c’è un arresto in questa corsa verso l’abisso, chiedersi come è andata a finire a Gaza.
“Finire” è il termine sempre usato da Netanyahu per dire che non si sarebbe fermato per nessun motivo (neanche quello di non sacrificare gli ostaggi) prima di “finire il lavoro”. Ed ora invece deve fermarsi prima che “il lavoro” sia finito. Magari strapperà qualche brandello dei suoi obiettivi, ma non ciò che voleva. Dunque per lui è una micidiale sconfitta, perché per effetto dell’ordine di Trump l’abominio da lui provocato diventa inutile, e il suo costo, per lui, per Israele e per lo stesso popolo ebraico, si rivela esorbitante.
A questo punto, più che chiedersi se il genocidio c’è stato o no, è importante chiedersi come è andato a finire, cioè se è riuscito o no. Nella definizione di genocidio, formalizzata dal diritto positivo, ovvero dalla vigente Convenzione sul genocidio, ratificata da 153 Stati, si dà genocidio a due condizioni: che si distrugga in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale, e che lo si faccia avendo “l’intenzione” di distruggerlo. Ebbene, quello che è accaduto a Gaza è che Netanyahu e il governo di Israele hanno effettivamente distrutto la popolazione di Gaza, “in parte” uccidendola, “in tutto” riducendo lei e la sua terra a un “non essere”, ma sono stati battuti nell’ “intenzione” di farla finita con la “questione palestinese”, cioè di distruggere il popolo palestinese “come tale”, ossia nella sua esistenza politica come popolo, sia che ciò voglia dire uno “Stato palestinese”, sia che, essendo questo Stato reso impossibile e per sempre escluso da Netanyahu, voglia dire una esistenza statuale con pieni diritti in uno Stato multinazionale democratico e pluralista. Perciò Netanyahu e la versione teocratica del “messianismo realizzato” sono stati sconfitti, mentre il popolo palestinese può di nuovo contare di vivere e di potere, sia pure con ulteriori patimenti e lotte, realizzare le sue speranze e acquisire i suoi diritti.
E chi ha vinto? Secondo la cronaca ha vinto Trump dettando la sua legge a Israele e minacciando i palestinesi. Ma secondo la grande storia hanno vinto la Flottiglia, quanti si sono idealmente domiciliati a Gaza, a cominciare da papa Francesco che lo faceva ogni sera abbracciandone per telefono il parroco, hanno vinto le folle che sono insorte in tutto il mondo per difendere la causa dei palestinesi e dell’umanità, hanno vinto i tre milioni di giovani e meno giovani che in Italia, in cento città, si sono “alzati dai divani” e “hanno gettato il corpo nella lotta”, come ha scritto Simonetta Sciandivasci l’altro giorno sulla “Stampa”. Ma si è rivista anche l’America che ci era consueta, che non poteva perdersi nel mostrare di sposare l’intenzione di distruggere “in tutto” un popolo negato ed oppresso, lei che pretende di essere la luce dei popoli e il modello normativo della democrazia e dell’umanesimo universale.
Per tutto questo il genocidio non è riuscito».
Nel sito pubblichiamo l’intervista all’Osservatore Romano del cardinale Parolin.
Con i più cordiali saluti,
+Foto di Jaber Jehad Badwan tratta da Commons Wikimedia, immagine originale e licenza
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